20 settembre 2007

È possibile amare i nemici?

Gli antichi autori cristiani non parlavano molto sul tema dell’amore di Dio. Sembrava loro troppo alto per chi non ha ancora raggiunto la perfezione. Tuttavia parlavano spesso dell’amore del prossimo e suggerivano le situazioni concrete nelle quali si deve realizzare. Però una di tali situazioni non la sviluppano troppo: l’amore dei nemici al quale siamo esortati nel Vangelo (cfr. Mt 5,43 ss.). Sono consapevoli che anche questo è un comandamento nuovo non facile da capire. Di quale difficoltà si tratta? Pensiamo a quella teorica. L’insegnamento di Cristo si confronta qui, come in altri casi, con due tradizioni: quella profana e quella biblica. In entrambe le linee, come sembra, l’insegnamento è diverso da quello evangelico. Nella letteratura profana il termine nemico è frequente. I primi eroi dell’umanità sono combattenti e vincono nella lotta contro i nemici. Che cosa resterebbe dell’Iliade e delle altre epopee eroiche se non ci fosse la vittoria degli uni contro gli altri? I fondatori di dinastie sono coloro che hanno scacciato per lungo tempo i nemici da un territorio divenuto il loro. Una poesia egiziana loda il faraone che ha distrutto i nemici così radicalmente che non potranno alzare la testa per secoli. Solo così si potrà assicurare alla terra la pace e la prosperità. Anche gli abitanti del grande impero romano sognavano la situazione in cui sarà presente nel mondo la “pax romana”, custodita dai legionari alle frontiere che nessun barbaro oserà passare.
Il nemico è quindi un elemento distruttivo, e come tale si deve combattere radicalmente. È possibile distruggere i nemici totalmente? Tutti gli uomini sanno dalla propria esperienza che è un inganno vedere il nemico soltanto nel soldato di una potenza straniera. Tutti abbiamo avversari anche nella vita quotidiana, spesso nella propria famiglia. Che cosa fare con loro? Verso la fine dell’antichità, Plutarco scrisse un opuscolo, “De utilitate inimicorum”, sull’utilità dei nemici. Qui cerca di consolare il lettore che avere dei nemici non è poi così male. Contro i nemici dobbiamo combattere, e questo fa crescere la nostra forza, ci insegna a stare attenti, sveglia la nostra capacità e dà più valore a quanto abbiamo acquisito lottando, insegnandoci a stimarlo di più.
Senza i nemici le nostre virtù non avrebbero possibilità di crescere. Plutarco cerca quindi di trovare nei nemici un elemento positivo per lo sviluppo delle persona. Ma non dice mai se, a causa di questo, dobbiamo amare i nemici.
E come guarda i nemici la Sacra Scrittura? Anche l’Antico Testamento è pieno di nemici, esterni ed interni. Non solo tali solo i filistei e i gebusei. L’odio penetra anche nelle famiglie. Ne sono esempi Caino e Abele, Esaù e Giacobbe. La storia di Davide è piena di avversari. Quasi in ogni salmo si parla dei nemici che ci odiano e vogliono farci male. Davide è un soldato coraggioso e sa difendersi. Ma anche a lui vengono momenti di scoraggiamento e di dubbio. I suoi nemici sono troppo. Signore, chi potrà resistere?
Ma nella Bibbia c’è anche un nuovo motivo. Non si lodano gli eroi vittoriosi perché erano forti, ma perché Dio era dalla loro parte. Nel nome di Dio si potevano distruggere i nemici che volevano soggiogare il suo popolo. Tale vittoria era tuttavia solo occasionale e per un breve tempo. Esiste però contemporaneamente una grande promessa: quando verrà il Messia promesso, il re della pace, Dio farà di tutti i suoi nemici come lo sgabello dei suoi piedi. Nessuno oserà più alzare la testa contro di lui e i suoi fedeli. (cfr. Is 32, 1-5).
Voltiamo ora la pagina e soffermiamoci sul Nuovo Testamento. Gesù assicura gli altri che lui è il re promesso della pace. Se pensiamo logicamente, diremmo che lui si alzerà e distruggerà i suoi nemici con la potenza di Dio. Lui invece dichiara: “Amate i vostri nemici, fate del bene a coloro che vi odiano” (Lc 6, 27). Qualche opuscolo rabbinico dichiara: “Chi ama il proprio nemico, ama la propria perdizione”. Nella vita di Gesù questa esperienza si è tragicamente verificata. Tutti i suoi nemici si unirono contro di lui e lo uccisero.
La conclusione logica di questa esperienza per coloro che la pensavano alla maniera antica era una sola: Gesù non era e non poteva essere il Messia promesso, il re d’Israele. Anche i discepoli, che dopo il tragico avvenimento si misero sul cammino di Emmaus, sospiravano tristemente: “Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele” (Lc 24, 21). Come allora dobbiamo mettere d’accordo il comandamento di Gesù di amare i nemici con l’universale esperienza umana e la tradizione dell’Antico Testamento? Non è sufficiente dichiarare soltanto genericamente che quello era l’Antico Testamento e che ora vale il Nuovo. Il Nuovo è davvero nuovo, ma sempre nella tradizione dell’Antico. Sottolineiamo allora dall’Antico Testamento l’elemento che si mette sempre in risalto quando si parla dei nemici: senza dubbio la fede che Dio stesso li renderà innocui. Chi è con Dio non potrà mai essere vinto da nessun nemico.
È di questo motivo che Gesù s’appropriò e che ripeteva spesso: “Perché avete paura, uomini di poca fede?” (Mt 8,26). Senza la volontà di Dio neanche un capello può cadere dalla nostra testa (cfr. Lc 21, 18).
Gesù lo applicava principalmente alla sua vita e alla sua missione. Finché non è venuta l’ora giusta, egli non mostra la minima paura di quelli che minacciano la sua vita. E anche quando è venuta l’ora nella quale Pilato, rappresentante dell’impero, dichiara ufficialmente che ha il diritto di uccidere o liberare Gesù, sente la risposta autorevole del Messia: “Tu non avresti nessun potere su di me, se non ti fosse stato dato dall’alto” (Gv 19, 11). Si è verificato ciò che era stato predetto: tutti i nemici sono nelle mani di Dio. Non è possibile neanche un solo movimento da parte loro senza la volontà del Padre celeste. Le promesse messianiche si sono verificate, ma in maniera differente da come si immaginavano gli ebrei. Essi credevano che avere qualcuno in proprio potere significasse distruggerlo. Cristo insegna diversamente. Se Dio ha nelle sue mani qualcuno, lo userà per la salvezza, per la sua opera, per realizzare i piano della sua provvidenza. Allora ne segue una conclusione logica: perché dovremmo odiare un uomo per il fatto che realizza i piani di Dio? Chi può intenderlo intenda! Certo è che gli autori spirituali che esortavano all’amore dei nemici insistevano in primo luogo nel cogliere i progetti di Dio per non aver paura. Può amare solo colui che non teme. Finché avremo paura degli uomini, non potremo amarli. E temeremo gli uomini così a lungo finché non crederemo nell’infallibilità del governo di Dio nel mondo, nel regno di Dio e di Cristo.

Card. T. Spidlik

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