29 marzo 2008

Noi e la Parola


Tra le varie letture di questi giorni pasquali c'è quella dei discepoli di Emmaus. Dopo la constatazione che in pratica Gesù con loro celebra una Messa (liturgia della Parola e liturgia eucaristica), una cosa che mi ha sempre colpito è la constatazione dei due: come ci ardeva il cuore quando ci spiegava le Scritture.

È un passaggio che mi ha sempre fatto un po' tremare i polsi.
Mi spiego. Noi ministri della Parola (e non intendo solo quelli ordinati, ma tutti coloro che a vario titolo si trovano a dover commentare/spiegare/proclamare la Bibbia) riusciamo a "scaldare i cuori" di coloro a cui ci rivolgiamo? o riusciamo solo ad annoiarli o ad addormantarli? quando non ad allontanarli dalla Chiesa?

Penso che il problema principale sia innanzi tutto se quella parola ha prima scaldato il nostro cuore. Amiamo realmente, teneramente, quella Parola? l'abbiamo assaporata, gustata, ruminata? l'abbiamo fatta penetrare nel nostro cuore? è stata realmente una spada a due tagli che ci è penetrata nelle ossa e nelle giunture?

Non basta essersi preparati intelletualmente, aver letto magari un mucchio di dotti trattati di esegesi e di critica testuale. Per poter parlare della Parola, bisogna che sia diventata la base della nostra vita. Dovremmo parlarne come un ragazzo parla della sua fidanzata, più che lo studio, dalle nostre parole deve sgorgare l'amore, la vita. Più che con la testa (che comunque non andrebbe dimenticata) dovremmo parlarne col cuore. Con un cuore ardente d'amore, di passione.

Pace e benedizione

6 commenti:

  1. Quello che dici lo condivido in pieno. Ma non basta, occorre applicarlo. Uno degli ostacoli maggiori è la mancanza di tempo. Sempre affaccendati a fare qualcosa finiamo per non dedicare alla Parola il tempo giusto. Sarebbe necessario riappropriarsi del proprio tempo e, quindi, utilizzarlo meglio. A volte il lavoro (forse troppo lavoro) ci impediscono, gli impegni "sociali", le cose da fare il parrocchia ecc. non ci aiutano e finiamo per perdere la parte più importante. E' un po' come il racconto di Marta e Maria. E noi siamo un po' troppo Marta e poco Maria. Riflettere su questa dimensione ci aiuterà senz'altro.

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  2. Caro Vincenzo, dici una cosa molto importante "finiamo per perdere la parte più importante". Cosa c'è di più importante per un cristiano in genere della preghiera e dell'incontro con la Parola?
    In genere diciamo "ho tante cose da fare che non ho tempo di pregare", invece dovremmo dire "devo pregare perché ho tante cose da fare". Più cose da fare abbiamo e più dovremmo pregare.
    E la lettura della Bibbia dovrebbe essere alla base della nostra preghiera.
    Quando la dimensione della preghiera e della Lettura viene a diminuire o a mancare, ne risente anche la nostra vita, il nostro agire diventa meno efficace, finiamo per perdere di vista il vero fine del nostro essere, ci lasciamo a poco a poco prendere dal mondo.
    E se questo vale per tutti i cristiani, di più per i diaconi.
    Pace e benedizione

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  3. “Ci ardeva il cuore in petto mentre ci spiegava le scritture”. E’ il Risorto (Persona-Parola viva) che produce questi effetti che vivificano veramente la comunità cristiana, singolarmente e comunitariamente: è una responsabilità “comunitaria”, di chi proclama e di ascolta.
    Sto meditando in questi giorni sull’omelia di Benedetto XVI alla messa crismale. Tra l’altro dice: “…dobbiamo essere persone che con la Parola di Dio hanno familiarità, la amano e la vivono: solo allora potremo spiegarla in modo adeguato. ‘Servire il Signore’ significa proprio anche imparare a conoscere il Signore nella sua Parola e a farLo conoscere a tutti coloro che Egli ci affida”.
    Io sono pienamente convinto che non si tratta solo di “studio” della Parola di Dio, ma prima ancora di accoglienza vitale nella mia vita, che si esprime in preghiera, condivisione, rapporti rinnovati, in una parola “amore”. Se la Parola che proclamo è vita per me, posso sperare che le mie parole abbiano l’ “autorevolezza” del discepolo che segue con fedeltà il Maestro.
    Luigi, diacono

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  4. Proprio l'episodio dei due di Emmaus.
    Ricordo, tanti anni fa, un lunedì di Pasqua, afflitto da preoccupazioni e amarezze. Ero seduto in cucina. A un certo punto sento il cuore gonfiarsi senza motivo e gli occhi riempirsi di lacrime. Avevo letto e riletto (ruminato, appunto) in quel periodo proprio Luca 24 e i due discepoli. Anch'io 'avevo sperato che fosse Lui a liberarmi': di colpo mi si è fatto accanto: gli ho detto 'sei qui, Signore!! eccoti!!' proprio così, gli ho detto sotto voce, mentre le lacrime, il dono delle lacrime, scorreva e mi donava la gioia che viene solo da Lui. Avevo fatto lo stesso cammino dei due discepoli. Una volta per tutte. Ora, quando spezzo questo brano per gli altri, quel brivido di pace e gioia mi attraversa ogni volta e, credo, dagli occhi di chi mi ascolta, che il Signore passa e si fa presente, perchè cerco solo di essere suo tramite e di lasciar emanare un po' dell'ardore del cuore che mi ha toccato e bruciato da allora.
    Sia lodato Gesù.
    Paolo (diac)

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  5. Salve,
    sto cercando questa icona dei Discepoli di Emmaus in alta definizione. Percaso avete l'originale? Grazie,
    Silvestro

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  6. Mi spiace ma non ce l'ho

    Pace e benedizione
    Julo d.

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