31 agosto 2008

Nuovi diaconi a Trieste

Domenica prossima, 7 settembre, alle 19.00 nella Cattedrale di s. Giusto il nostro vescovo ordinerà diaconi:

Pierluigi Paluzzano
Vinicio Centi
Salvatore D'Angelo
Piero Pesce
Giorgio Tamplenizza


A loro, alle loro mogli e ai loro figli la mia preghiera in questa settimana prima dell'ordinazione

Pace e benedizione

30 agosto 2008

Libri e bevande

Ci sono libri che vanno 'bevuti' tutti di un fiato, come un boccale di birra dopo due ore di allenamento sul tatami. E ci sono libri che invece vanno centellinati sorso a sorso, come un bicchiere di vino rosso ben invecchiato, in cui ogni sorso va gustato e assaporato fino in fondo, fino a quando ogni sapore, ogni odore, ogni sentore non sia finito e non si sia pronti, anche spiritualmente, per il sorso successivo.

Il fatto di essere un libro-birra o un libro-vinorosso non dipende dalla qualità del libro. Ci sono delle birre sublimi e delle birre che servono solo a stimolare la minzione. Come ci sono dei vini sublimi e dei vini che sono proprio imbevibili.
Dipende dal libro in sé stesso, da come è stato scritto, ma anche da come lo leggiamo.

Uno degli ultimi libri-birra sublime che ho letto è "La sovrana lettrice". Oggi invece ho appena finito un libro-vinorosso che rasenta la sublimità: "L'eleganza del riccio".
Non raggiunge, a mio avviso, la sublimità per la visione di fondo della vita dell'autrice che traspare qua è la, ma soprattutto nella parte finale. Rimane però un libro stupendo, da assaporare sorso a sorso.

Pace e benedizione

27 agosto 2008

Le "quote-stranieri" a scuola, e poi?

Da bambino lessi una frase, mi pare di Pico della Mirandola, che diceva: "Un uomo vale tante persone quante lingue parla". Lì per li, detta da uno che si dice che parlasse circa 22 lingue, mi sembrò un po' una smargiassata, un vantarsi. Però poi, più tardi, quando iniziai a studiare una lingua straniera, ne scoprii la profonda verità. Una lingua non è solo un modo di dire una cosa, una lingua è un mondo, una cultura, una storia. Una lingua è un modo differente di pensare e di sentire (nel senso dell'inglese feel).
Non ho la fortuna di aver il dono delle lingue. Parafrasando un vecchio ebreo di uno sketl posso dire che parlo 4-5 lingue tutte in italiano (raccontino narrato da Moni Ovadia).
Però mi ha sempre affascinato l'altro. Uno straniero è sempre un mondo diverso, inesplorato e mai totalmente conoscibile. È per questo che mi è sempre piaciuto viaggiare. Mi è sempre piaciuto andare sì nelle grandi città, ma soprattutto nei piccoli paesi. In questi è ancora possibile un contatto umano, uno scoprire l'altro nella sua diversità (e svelare la propria diversità), non per giudicarla, ma per accoglierla, per esserne arricchiti. E per arricchire l'altro con la nostra diversità.
Sarà per questo che chi mi affascina più di tutti è il Totalmente Altro?
Ricordo ancora con molta riconoscenza una chiacchierata fatta con un pescatore greco in un paesino (4-5 case) della Calcidicia. Nessuno dei due parlava la lingua dell'altro, ci si arrangiava con i gesti, con qualche parola di inglese, qualche di francese, qualche di tedesco. Ma soprattutto con la voglia di comunicare e di incontrarsi. Dopo due ore di questo dialogo, mi ha invitato al matrimonio della figlia la domenica seguente.
Oppure l'incontro col contadino bavarese (non parlo tedesco) fatto anche questo in una lingua improvvisata da noi per l'occasione. Mi ha rivelato tante di quelle cose sui tedeschi (ma forse sarebbe meglio dire sui bavaresi) che non avrei appreso in centinaia di libri.

Questa lunga premessa mi è venuta in mente quando ho letto, e sentito alla radio, che c'è qualche mente che si ritiene acuta, che vorrebbe limitare il numero di stranieri nelle classi. La scuola dovrebbe insegnare a crescere, insegnare che non si finisce MAI di imparare, di scoprire. E solo aprendosi a ciò o a chi non si conosce, che si può imparare.

Quando impareremo che gli stranieri possono essere un arricchimento per tutti noi? quando impareremo che una persona sbaglia indipendentemente da dove è nata?

22 agosto 2008

Le Olimpiadi e i Padri del deserto

In questi giorni 'olimpici' capita spesso di sentire interviste riguardo a vari sport che non siano il calcio. Tra tutte le parole sentite e lette, una cosa mi ha colpito. La fatica e l'abnegazione che questi atleti hanno affrontato per questi 4 anni. In vista di questo traguardo hanno rinunciato a tantissime cose. Per molti la loro medaglia era già essere lì.

Mi è venuto in mente quello che dicono molto spesso i Padri del deserto: 'bisogna avere un cuore indiviso'. Focalizzare la propria vita, la propria volontà, il proprio cuore su di una meta. Per riuscire, ogni nostra azione deve essere focalizzata alla meta.

Aveva ragione Paolo a paragonare la fede con le gare sportive. Il principio è lo stesso.

Si tratta di trovare 'l'unico necessario' e dirigervi tutta la propria vita.

Pace e benedizione

15 agosto 2008

Il sole sorge sempre (e a volte 2 volte)

Ho lavorato per anni (e fino a quando non ha chiuso, ma questa è un'altra storia) in una raffineria. Turnista. In questi anni ho imparato ad apprezzare realmente l'aurora e l'alba, insomma, il sorgere del sole. Dopo una notte passata a lavorare era letteralmente l'inizio del riposo: tra poco sarebbe arrivato il cambio, una meritata doccia, poi a casa, una buona colazione e infine a dormire.
Dopo una notte di lavoro il sorgere del sole non è più solo uno spettacolo poetico (tipo quello che da giovane andavo a vedere in cima ad una montagna o in riva al mare) ma soprattutto una vera e propria liberazione, una rinascita.

È allora che ho imparato il vero senso della frase biblica: "Sentinella, quanto manca al mattino?" Ancora oggi quando la leggo ne sento tutta l'ansia e la tensione.

In questo periodo dell'anno in cui le giornate si stanno accorciando (ma lo stesso capita in primavera, quando si allungano) quando esco di casa la mattina per andare a lavorare il sole è appena sorto. Lo sento che mi scalda il viso mentre cammino per le strade ancora deserte o quasi. Ma mentre risalgo la strada verso il lavoro, ecco che si nasconde dietro la collina. Quando arrivo è ben bene nascosto.

Dopo aver acceso il mio computer, aver controllato che i server siano tutti a posto, scendo a fumarmi una sigaretta. E così mi posso godere il sole che sorge per la seconda volta (almeno per me)

Pace e benedizione

06 agosto 2008

Avventure bancarie

Le vacanze sono finite, ma non le ferie, per cui approfitto di questi giorni per poter fare con calma tutta una serie di cose che portano via un po' di tempo e che quindi non sempre è possibile fare quando sono a lavorare.

Una di queste cose è stata il cambio di banca. Ero cliente di una banca da una trentina d'anni, ma ultimamente non ero per niente soddisfatto. Interessi sempre uguali (praticamente 0), spese sempre più alte, soddisfazione sempre più lontana dallo zero e con un meno davanti. La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato il fatto che mi hanno perso 330 euro, e prima di sapermi dire che fine avevano fatto è passata una settimana. E per riaverli dovrò aspettare un mese/40 giorni. E l'errore è stato loro!

E così mi sono guardato un po' in giro. Ieri assieme a Maurizia ci siamo recati nella banca in cui abbiamo aperto il nuovo conto. Pensavo che in circa 10-20 minuti avremmo fatto tutto. Invece oltre un'ora! Ma quello che mi ha meravigliato è che adesso per aprire un conto è necessaria una laurea. Richiesta del numero telefonico di casa, del cellulare (senza cellulare niente carta bancomat), dell'indirizzo e-mail (senza email niente web-banking e quindi spese maggiori), del cognome da signorina di mia madre (non ricordo neanche più perché), un numero infinito di firme. Ma soprattutto una caterva di numeri di codice da ricordare, ognuno con una funzione diversa (numero del conto, della carta di credito, del bancomat, dell'accesso web, del codice web, del codice per i pagamenti web, per i prelievi web, e non mi ricordo neanche più per cos'altro).

E non è finita qui. Oggi ho dovuto tornare per la chiusura del conto con la vecchia banca.
E domani dovrò tornare per la ultime firme per la carta di credito (devono passare 48 ore dalla richiesta).

In tutto questo tempo, mentre aspettavo mi guardavo un po' attorno. Nella filiale avevano collocato un terminale in modo da permettere ai clienti di controllare i loro conti senza fare fila agli sportelli. ad un dato momento c'era una signora sull'ottantina che armeggiava senza capirci granché. È dovuta intervenire un'impiagata per spiegarle, passo-passo, come utilizzarlo.

Quello che mi chiedo è se ormai anche per aprire un semplice conto in banca al giorno d'oggi bisogna per forza essere 'tecnologizzati'. Una persona senza telefonino (e ne conosco parecchi che non ce l'hanno, alcuni proprio per scelta ideologica) e senza accesso internet (e con la situazione italiana non è così raro) non può avere un conto corrente se non a prezzo più alto e servizi ridotti? Non è che piano piano stiamo diventando dipendenti dalle macchine? Matrix avanza?

Pace e benedizione

05 agosto 2008

La collina

Sono arrivato la prima volta sulla collina nell'agosto del 1972 portato da un amico. Ricordo che tornando a casa dicevo che era una bella esperienza, ma in fondo non così eccezionale come veniva decantata. Insomma, devo ammettere che era un po' deluso.
Fu però nei mesi successivi che mi resi conto di quanto quella settimana mi era penetrata in fondo al cuore. L'anno dopo vi tornai, ma non solo per una settimana. In effetti tornai a casa un po' di mesi dopo.

Da allora ci sono tornato numerose volte, ma ancora oggi, quando la strada, dopo la S che passa la vecchia ferrovia, là dove la valle della Grosne si allarga e sulla destra si inizia a vederla, il cuore batte più forte e un nodo sale dallo stomaco alla gola. A volte penso che Ulisse quando ha scorto Itaca all'orizzonte abbia avuto la stessa sensazione.

In tutti questi anni ho avuto il caso di conoscervi alcune persone famose, ma soprattutto la fortuna di conoscere tante persone che riuscivano a vivere la loro fede, in Dio o nell'uomo non importa, in maniera totale e profonda, nel silenzio e nel nascondimento di una vita apparentemente normale.

Sono molto legato alla collina. Tornarvi è come tornare a casa, è un riaffondare le proprie radici nel terreno fertile ricco di humus e di fresca acqua, è un ritrovare nel fondo del proprio cuore quell'unità che i vari accadimenti della vita avevano incrinato e coperto di polvere e ferite.

E anche se ormai ho capito che non è la mia strada i vivere lì tutti i giorni, non posso fare a meno, appena ne ho la possibilità, di tornarvi anche solo per qualche giorno. E al ritorno mi sento rinato.

Pace e benedizione