31 marzo 2009

Il vero Amore

Non pensare che l'amore, per essere vero, debba essere straordinario. No, ciò di cui abbiamo bisogno nel nostro amore è la continuità dell'amore verso colui che amiamo. Com'è che arde una lampada? Per via del consumo continuo di piccole gocce d'olio.

Madre Teresa di Calcutta

29 marzo 2009

Primavera 2


Sotto la pioggia che non da tregua, anche i fiori appena sbocciati si trovano a combattere contro il grigio che non vuole ritirarsi.

29 Marzo - quinta domenica di Quaresima

Da ragazzo mi ricordo che avevo notato, guardando alcuni quadri della Crocifissione, che ai piedi della croce si vedeva sempre anche un cranio. Pensavo che fosse per il fatto che quello era il luogo dedicato alle esecuzioni. Più tardi mi venne in mente che indicasse il Golgota, che, come ci informano i Vangeli, significa proprio cranio.

Solo alcuni anni fa invece scoprii il vero significato di quel teschio. Si tratta di una leggenda un tempo molto conosciuta in tutto il mondo cristiano, secondo la quale il luogo in cui venne issata la Croce di Gesù si trovava esattamente sopra la tomba di Adamo. Il sangue del Cristo dalla croce cadeva così sul cranio del progenitore di tutti gli uomini, e in questo modo lo purificava da tutti i peccati, da tutti i mali.

Ma c’è anche una piccola aggiunta a questa leggenda. Secondo alcune versioni, il legno della croce sarebbe stato ricavato da quell’albero della conoscenza del bene e del male piantato nel giardino dell’Eden e il cui frutto era stata la causa della perdizione dell’umanità. Come l’aver colto quel frutto aveva avuto come conseguenza la dannazione, così l’aver ‘riappeso’ a quello stesso albero un frutto ha avuto come conseguenza la salvezza. Il frutto che era stato rubato, diventa un frutto donato. L’uomo ha rubato il frutto, Dio ce lo dona, Dio si dona a noi come frutto da mangiare per avere la vita eterna.

Viene in mente il dialogo tra l'uomo e Gesù immaginato dal filosofo Pascal:

- Se tu conoscessi i tuoi peccati, ti perderesti d’animo
- Allora mi perderò d’animo, Signore
- No! perché i tuoi peccati ti saranno rivelati nel momento in cui ti saranno perdonati.

28 marzo 2009

Chiesa e AIDS

Si è molto parlato dell'uscita del Papa a proposito di preservativo e AIDS fatta durante il viaggio in Africa. Non entro nel merito del modo e del tempo di tali affermazioni. Però da molte parti si è definita tale affermazione come criminale, fonte di ulteriori morti, e quant'altro.

Riporto una tabella relativa a alcuni stati africani:


Tasso HIV stimato nella popolazione di 15-49anni % di cattolici
Guinea Equatoriale 3,4 93,52
Congo 3,5 50,49
Uganda 5,4 42,28
Mozambico 12,5 22,33
Ruanda 2,8 47,92
Burundi 2 65,25
Angola 2,1 50,04
Zambia 15,2 28,22
Namibia 15,3 16,78
Botswana 23,9 4,78
Sudafrica 18,1 6,36
Swaziland 26,12 5,56
Zimbabwe 15,3 16,78

I dati sul tasso di infezione HIV sono stimati al 2008 e provengono dal UNAIDS agenzia dell'ONU per la lotta all'AIDS, pro-profilattico.

I dati sulla percentuale di cattolici nella popolazione vengono dall'annuario pontificio del 2005. Faccio notare che nello stesso annuario per l'Italia viene indicata una percentuale di cattolici del 96.55%. Sappiamo tutti che invece la percentuale di cattolici 'praticanti' (uso un termine che non mi piace, ma che è chiaro) varia, a seconda delle stime +o- ottimiste, tra l'8 e il 20%.

Comunque si può notare che all'aumentare della percentuale dei cattolici si ha una diminuzione dell'infezione.

Pace e benedizione

25 marzo 2009

Primavera


In questi giorni il tenero verde delle nuove foglie combatte contro il grigio dell'inverno.
Vincerà!

16 marzo 2009

LE CHIESE DEL TRIVENETO CON CHI È NEL BISOGNO

In occasione dell’incontro della Conferenza Episcopale Triveneta dell’8 gennaio 2009 i Vescovi, vista la crisi economica e lavorativa, chiedono alle comunità cristiane rinnovata attenzione nei percorsi di prossimità verso le famiglie.

Chiedono alle Caritas diocesane e alle Commissioni diocesane di Pastorale Sociale e del Lavoro di farsi sempre più strumento educativo della Chiesa locale, affinché, nelle sue diverse articolazioni, sia capace di concrete risposte verso chi è nel bisogno oltre che luogo di riflessione critica. Ciò deve coinvolgere anzitutto i Consigli Pastorali perché promuovano in tutti una maggiore consapevolezza delle cause responsabili dell’attuale situazione, al fine di assumere stili di vita più sobri e sostenibili in termini di giustizia e di solidarietà. Come ha recentemente ricordato il Presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco: “La missione primaria della Chiesa è l’annuncio del Vangelo di Cristo e quindi la formazione delle coscienze. Il suo compito non sarebbe però completo se non aggiungesse all’annuncio la dimensione della carità, della vicinanza e dunque della promozione umana sul piano sociale e su quello culturale (…) La Chiesa non deve e non vuole surrogare lo Stato” (Avvenire, 30.12.08).

Le Chiese del Nord-Est, pertanto, chiedono alle comunità cristiane di condividere questo percorso di prossimità:

• “Per combattere la povertà iniqua, che opprime tanti uomini e donne e minaccia la pace di tutti occorre riscoprire la sobrietà e la solidarietà quali valori evangelici e al tempo stesso universali” (Benedetto XVI - Omelia del 1° Gennaio 2009).

• Sarà compito insieme dei sacerdoti e dei laici - attraverso i Consigli Pastorali, i Consigli per gli affari economici e gli altri organismi competenti delle Parrocchie - operare un serio discernimento e decidere forme culturali, educative e di solidarietà concreta.

• La Caritas promuova, coordini e sviluppi, dentro la Chiesa locale e le distinte Parrocchie, il percorso di prossimità nello spirito della presente nota.

• Siano coinvolte in questo percorso tutte le realtà ecclesiali e caritative - comprese le comunità di vita consacrata - presenti nelle Chiese locali e - nella maggior misura possibile - enti, istituzioni e singole persone che lo condividono.

• Ogni Diocesi si impegna a rafforzare e a riformulare, nell’attuale situazione, quei servizi - segno di solidarietà e di promozione umana già presenti e per lo più promossi e sostenuti dalla Caritas diocesana - e invita tutti i gruppi, le associazioni e i movimenti di ispirazione cristiana allo stesso impegno.

• Con le Caritas diocesane e gli Uffici diocesani di Pastorale Sociale e del Lavoro i Vescovi si impegnano a vigilare e a discernere l’evolvere della situazione socio-economica pronti ad assumere ulteriori iniziative di condivisione.

Cavallino (Venezia), 8 gennaio 2009

Sulla Quaresima

La Quaresima orienta dapprima il nostro pensiero verso l’immagine del deserto, quello nel quale Gesù ha passato quaranta giorni di solitudine, o quello che ha attraversato il popolo di Dio camminandovi quarant’anni.

E tuttavia, quando ritornavano queste settimane precedenti la Pasqua, frère Roger amava ricordare che non era un tempo di austerità o di tristezza, né un periodo per coltivare la colpa, ma un momento per cantare la gioia del perdono. Egli vedeva la Quaresima come quaranta giorni per prepararsi a riscoprire delle piccole primavere nelle nostre esistenze.

All’inizio del Vangelo di san Matteo, quando Giovanni Battista proclama «pentitevi!», egli vuol dire «volgeteci verso Dio!». Sì, durante la Quaresima, noi vorremmo volgerci verso Dio per accogliere il suo perdono. Cristo ha vinto il male e il suo costante perdono ci permette di rinnovare una vita interiore. È alla conversione che siamo invitati: non volgerci verso noi stessi in una introspezione o in un perfezionismo individuale, ma cercare la comunione con Dio e anche la comunione con gli altri.

(Meditazione di frère Alois - priore di Taizé)

08 marzo 2009

8 marzo (seconda domenica di Quaresima)

Quando pensiamo alle sofferenze e alle violenze patite da Gesù durante la Passione, pensiamo alle frustate, alla corona di spine, alla crocifissione, cioè alle varie torture fisiche.

Ma c’è un’altra forma di violenza che Gesù ha patito per tutte le ore che vanno da prima del suo arresto fino alla sua morte. È una forma di violenza sottile, ma amarissima, ed è quella della solitudine e dell’indifferenza degli amici più cari. Fin dall’inizio questi dormono nell’orto del Getsemani, insensibili al suo dramma.

Questo nome, Getsemani, è indicativo. In ebraico significa “frantoio delle olive”. E proprio in quest’orto inizia il tentativo da parte dell’uomo di spezzare la compassione di Dio, l’amore di Dio per l’uomo, il tentativo di spezzare, di frantumare Dio.
E lo fa, prima che con le torture fisiche, abbandonandolo, lasciandolo solo.

In questi ultimi tempi si è molto parlato dei malati allo stadio terminale. Leggendo le testimonianze di alcuni di essi e di persone che ne hanno assistiti alcuni, possiamo scoprire una cosa. È vero che alcuni di essi hanno ammesso che se fosse stata possibile l’eutanasia, ne avrebbero fatto richiesta, ma è altrettanto vero che tale desiderio era dettato da sconforto, dal sentirsi abbandonati da tutti. E quando hanno trovato qualcuno che gli è stato vicino, che gli ha dimostrato simpatia, affetto, ma soprattutto vicinanza e ascolto, tale desiderio è svanito.

Che questo tempo di Quaresima sia l’occasione per riavvicinarci a tutte quelle persone sofferenti e sole per fare in modo che non si sentano più abbandonate.

01 marzo 2009

1 Marzo (prima dom. Quaresima)

L’apostolo Giovanni ci ricorda che Dio “è amore”. S. Agostino scrive “ama e fai quello che vuoi”. Frase che è stata usata anche per atti di un egoismo immenso. Si tratta quindi di capire cos’è realmente l’amore.

C’è da dire che in questo caso la nostra lingua non ci aiuta molto Infatti noi diciamo ugualmente ‘amo mia moglie e i miei figli’, ma anche ‘amo la Ferrari, o la tal squadra, o la cioccolata, ecc. ecc.’. Chiaramente si tratta di diversi tipi di amore.

Ma c’è un modo di intendere l’amore che mi sembra stia sempre più prendendo piede. Cioè l’amore come possesso. Amare sta sempre più diventando sinonimo di ‘avere’ o ‘voler avere’. Ma è questo il modo di amare di Dio? Direi proprio di no, anzi! Dio ama non prendendo, ma donando, donandosi. Allora capiamo che amare non significa volere per sé, ma donarsi, e donarsi in modo totale.

Ma questo non basta. Intimamente legata all’amore c’è la libertà. Difatti Dio, che ci ha creati per amore, ci ha creati liberi, e tutta l'azione di Dio nella storia è proprio per ridonarci la libertà perduta. Il verbo amare non contempla l’imperativo. Non si può obbligare ad amare e solo chi è libero può realmente amare. Però oggi si pensa che la propria libertà debba essere senza limiti, al massimo si dice che la propria libertà finisce dove inizia la libertà dell’altro. Ma in questo modo siamo sempre alla legge del più forte, in cui si cercherà di limitare l’altrui libertà per aumentare la propria. Se invece ci rendessimo conto che la mia libertà inizia dove inizia quella degli altri, che la libertà per essere tale deve comprendere un’altra parola, cioè responsabilità! Se voglio realmente essere libero devo essere responsabile dei miei atti ma anche della libertà degli altri. E non potrò mai essere realmente e completamente libero fino a che non lo saranno anche gli altri.

Per essere pienamente uomini, e quindi figli di Dio dobbiamo iniziare da qui: liberamente amare e responsabilmente darsi da fare perché tutti siano liberi.