05 gennaio 2010

Nostalgie

Ci sono due tipi di nostalgia: quella di ciò che è stato e non c'è più, di ciò che abbiamo avuto e non abbiamo più; e quella di ciò che non è mai stato, di ciò che non abbiamo mai avuto. Entrambe fanno male, ma il dolore che danno è differente.

La prima, quella per ciò che è stato e non è più, dà delle fitte tremende, che possono erompere in lacrime e urla. Ma sono fitte che passano. Passano perché siamo consapevoli che ciò che è stato fa parte di noi, niente e nessuno ce lo potrà togliere. E inoltre c'è sempre la segreta speranza che ciò che è stato possa tornare, magari in forma e in modo diverso, ma tornerà.

La seconda invece dona un dolore sordo, che solo a volte supera la soglia della coscienza. Ma è un dolore che non passa mai, sta sempre li. E condiziona tutta la tua vita. Perché anche se non lo senti è sempre presente. Ed è anche un dolore che non ha fine, perché passi la tua vita a cercare ciò che non hai avuto, ciò che non è stato, ma niente e nessuno potrà mai dartelo.

3 commenti:

  1. molto bella questa sua riflessione sulle nostalgie,
    io talvolta penso al passato ed agli affetti che non ci sono più ma senza nostalgie:
    credo che si debba sempre vivere nel presente per costruire il futuro e che si debba ricordare il passato solo per migliorarlo, non pre rimpiangerlo o desiderare ciò che non cè mai stato; la vita va vissuta al meglio, se si può, ma ci si deve anche e soprattutto accontentare di ciò che si ha, se non si può fare diversamente.
    Purtroppo troppo spesso siamo noi stessi che con false speranze e brutte nostalgie ci roviniamo la vita nel peggior modo possibile
    ciao un caro augurio di buon anno erica

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  2. nel rileggere la prima frase ho visto che ho scritto " sua": volevo in effeti mettere "tua"
    un piccolo errore, ahimè
    erica

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  3. È vero quello che dici che tante volte siamo noi stessi che ci roviniamo la vita con false speranze o brutte nostalgie.
    Ma non stavo pensando a queste, ma alle nostalgie "belle" e alle speranze "vere".

    In effetti la mia riflessione nasceva dalla lettura del bel libro "Memorie di una lettrice notturna" in cui si parla di molte scrittrici del secolo scorso. Notavo una cosa, cioè che in molte di queste scrittrici il tema della 'nostalgia' era centrale.

    E ho pensato un po' alla situazione di mia moglie e mia. Mia moglie è nata e sempre vissuta, fino al matrimonio, nello stesso posto. Io invece ho girato l'Italia, e in pratico abito nello stesso posto solo dal matrimonio. Lei ha delle radici e sente spesso la nostalgia per il suo paese natale, e coltiva il sogno di tornarci quando io andrò in pensione. Il fatto di avere delle radici però le da una certezza interiore, una forza per affrontare le difficoltà (non so se ricordi il significato di Tara nel "Via col vento")
    Io invece non ho radici, questo mi permette di trovarmi forse più facilmente bene in qualsiasi luogo e ambiente, ma d'altra parte non mi sento "a casa" da nessuna parte, in ogni luogo mi sento 'di passaggio'. E questo si ripercuote anche sui rapporti umani: non avendo avuto da piccolo rapporti extra-familiari continuativi mi riesce difficile lasciarmi coinvolgere fino in fondo. La paura di soffrire per il distacco a cui sono troppo abituato mi frena e mi blocca. Però sento la nostalgia di quelle radici che non ho, nostalgia che non può essere mitigata perché non le potrò mai avere.
    Come vedi in ogni situazione ci sono pro e contro. Non si tratta di migliorare il passato, ma di tenerne conto perché, nel bene e nel male, è proprio il passato che condiziona il nostro presente. E non tenerne conto significa tarparci le possibilità del nostro futuro.

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