25 aprile 2010

Qualche giorno in Piemonte

Dai 4 ai 19 anni ho vissuto in Piemonte, precisamente a Novara. Nonostante questo ci sono zone di questa regione che non conosco. Ad esempio in tutto quel periodo non ero mai stato a Torino.
Questa settimana sono andato da mia sorella, che abita ancora vicino a Novara. L'occasione è stata l'ostensione della Sindone. Così giovedì, Maurizia ed io, siamo andati nella città sabauda. Devo ammettere che avevo sempre l'idea di Torino come di una città 'grigia'. Invece, non so se per la giornata calda e soleggiata, per la folla, l'ho trovata una città molto piacevole. Sarà per i palazzi sabaudi, oppure perché è stata prima capitale del regno piemontese e poi d'Italia, ma ha proprio l'aria di una capitale. 
Dopo aver sostato in Duomo per la Sindone, siamo andati alla Consolata. E dopo abbiamo gironzolato un po' per il centro.

In genere i miei interessi di quegli anni mi portavano più verso il lago d'Orta o il lago Maggiore, per cui della Val Sesia non conoscevo niente. In questi giorni ha colmato almeno in parte questa lacuna. Venerdì siamo andati al Sacro Monte di Varallo. Quella dei 'Sacri Monti' è una tradizione tipica di quella zona. Personalmente mi è piaciuto. Mi ha colpito molto lo 'Scurolo' con la statua della Madonna dormiente. Mi ha colpito perché il tema della 'dormizione di Maria' lo conoscevo più come ortodosso che della tradizione latina.

18 aprile 2010

Una lezione inaspettata

Come dicevo oggi ho celebrato il battesimo del bambino singalese. È stata l'occasione di una bella lezione.
All'inizio ho dato ai genitori e ai padrini il testo del rito e delle letture in inglese, chiedendogli se, viste le difficoltà, gli faceva piacere se avessi fatto tutto in inglese. I genitori, con un ampio sorriso, mi hanno detto: "No, siamo in Italia e allora è più giusto fare tutto in italiano"
Pensavo di accogliere e invece sono io che mi sono sentito accolto.

La forza dei libri

Oggi ho appreso la morte del Card. Tomáš Špidlík.
Non l'ho mai conosciuto di persona, ma attraverso i suoi libri lo consideravo direi un amico.
Ho gioito quando è stato nominato cardinale, sono stato orgoglioso per lui quando gli è stato chiesto da Giovanni Paolo II di tenere gli esercizi spirituali della curia romana.
90 anni, nato in Moravia, è sempre stato uno studioso dei Padri della Chiesa, ma soprattutto della spiritualità orientale e ortodossa. 
Veramente una mente aperta che recepiva nell'altro, nel diverso, non una minaccia, ma una nuova possibilità, una ricchezza da cogliere e preservare, un dono immenso.

17 aprile 2010

Lingue differenti


Si dice che Pico della Mirandola affermasse che una persona vale tante persone quante lingue parlasse. Non so se lo dicesse per gloriarsi, visto che, secondo la leggenda, lui ne parlava una ventina, però è certo che ogni lingua rappresenta un mondo.

Siccome il parroco mi ha affidato la preparazione al battesimo (e domani anche il battesimo) del figlio di una famiglia singalese, nel corso degli incontri mi sono reso conto, anche perché me lo hanno detto loro, che parlano non molto bene l'italiano. E mi hanno avvertito che i padrini lo parlano meno di loro.
Allora ho pensato di fare almeno alcune parti (se non tutto) in inglese. Oggi pomeriggio ripassavo un po' il tutto con Maurizia e leggendo il Padre Nostro mi ha colpito come avesse tutto un altro 'sapore'.
Non è la prima volta che lo recito in una lingua diversa dall'italiano. E in effetti devo dire che, data l'età, l'ho imparato prima in latino. Però oggi mi ha colpito in maniera particolare come riuscisse a comunicare anche qualcosa di diverso. Ogni lingua si porta dietro tutta una cultura, tutta un'umanità, che risuona non solo nelle parole, ma anche proprio nella musica delle parole. 

Al di là delle parole, una lingua riesce a comunicare anche qualcosa che non è traducibile.

14 aprile 2010

Gli eroi sono egoisti?

A margine di una discussione su un blog ( Orientalia4All) che leggo sempre perché molto interessante, è sorta questa domanda da parte di Diego: "tutti noi, anche non credenti, abbiamo presente la figura del nazareno che paga sulla croce, con la croce; ma a me qualche volta è venuto un pensiero: non gli dispiaceva far soffrire sua madre? l'eroe, il santo, il martire, non si pone mai il problema dei suoi cari, di quelli che soffrono per il suo martirio? non c'è in fondo un impercettibile egoismo anche nell'essere eroi?"

Come già rispondevo a Diego è una domanda che mi sono posto anch'io.
Io penso che nessuna nostra decisione (e anche non decidere è in fondo una decisione) non è mai neutra, genererà sempre sia della gioia che del dolore. Non siamo delle monadi isolate, o come diceva John Donne "nessun uomo è un'isola", per cui ogni nostra azione si ripercuote attorno a noi. Non sempre nelle nostre decisioni siamo coscienti delle ripercussioni che queste avranno sugli altri, il più delle volte lo siamo solo in parte. Il fatto che una nostra scelta produrrà della sofferenza a persone a noi care deve impedirci di fare tale scelta? Oppure il bene più grande che una scelta darà può compensare e lenire il dolore arrecato?
Un altro punto è se questa scelta la facciamo in modo solitario o se la condividiamo con le persone a noi care.
Quanto poi all'egoismo, io direi che anche forse si. In fondo in ognuno di noi c'è un misto di bene e di male, e anche ogni nostra azione ha dei risvolti o positivi o negativi. Niente di ciò che facciamo è positivo o negativo al 100%. Per cui ci sta che nell'eroismo dell'eroe ci sia anche un impercettibile egoismo.

Io penso che soprattutto nel caso di Gesù lui era certamente cosciente che la sofferenza sua era anche quella di sua madre (e anche dei suoi amici) avrebbe poi generato tanto più bene per tutti (e in primis per sua madre), il bene che ne sarebbe vebuto sarebbe stato enormemente più grande di quel dolore. Lui stesso l'aveva paragonato al dolore del parto: a un dolore segue poi una gioia ancora più grande, grande al punto da cancellare il dolore.
Inoltre sua madre non era mia stata estranea alle sue scelte e anche se molto probabilmente non le aveva sempre capite fino in fondo, le aveva sempre condivise e vi aveva partecipato.

La padrona di casa, Boh, risponde: "una professoressa americana di buddhismo diceva spesso che Gesù non ha pensato alle sofferenze della mamma, causate da lui stesso, e per questo non poteva essere Dio. D'altronde i grandi paladini della libertà in Birmania o in Nepal rinunciano alla famiglia. Si staccano dai figli, e così via. Per non fargli male, oltre che per non essere ricattabili."

Innanzi tutto mi domando se distaccarsi dai figli già non provochi dolore in loro. Ma il punto ritengo sia un altro.
Se non mi sbaglio, nel qual caso cara Boh ti prego di correggermi, e detto in maniera molto povera e semplice, nel buddismo si cerca di raggiungere il Nirvana tranite la liberazione dalle passioni. Passioni che sono causa da una parte delle reincarnazioni, e dall'altra del dolore. La risposta che il Buddismo da al problema del dolore e una risposta che tende al superamento del dolore tramite la sua negazione.
La risposta cristiana è invece differente. Come Gesù vince la morte attraverso la morte, la scardina dall'interno, così riesce a vincere il dolore accettandolo e 'donandolo'. Lo vince dall'interno. Il dolore lo vinci non fuggendolo, ma accettandolo e dal di dentro trasformarlo vivendolo per amore. Attenzione che non si tratta di cercare il dolore, ma solo di accoglierlo quando, se e come viene. E senza mai dimenticare che non è il dolore in sé che 'salva'. Il dolore può diventare via di salvezza, ma anche di dannazione.

Date queste premesse mi sembra logico che un buddista trovi impossibile che Gesù sia Dio.

Io sto con Emergency


Io sto con Emergency

07 aprile 2010

Il regalo più bello

Il giorno di Pasqua il figlio grande è venuto a pranzo da noi. Poco prima di metterci a tavola, eravamo tutti in cucina a fare quattro chiacchiere, raccontarci le ultime novità. 
A un certo punto lui ci dice:
"Vorrei proprio ringraziarvi, non tanto per quello che avete fatto in questi ultimi mesi (ha avuto alcuni problemi sul lavoro e abbiamo cercato di aiutarlo come potevamo) quanto per tutto quello che mi avete sempre dato, per come mi avete educato, per i valori e l'esempio che mi avete dato. Più vado avanti e più mi rendo conto di quanto sia stato importante".

Non abbiamo mai avuto un regalo così bello.

04 aprile 2010