10 aprile 2011

quinta dom. di Quaresima

Nei vangeli della Passione l’evangelista Luca, oltre a quello visto la settimana scorsa, aggiunge anche un altro particolare non raccontato dagli altri evangelisti: “E in quell’istante, mentre ancora parlava, un gallo cantò. Allora il Signore, voltatosi, guardò Pietro, e Pietro si ricordò delle parole che il Signore gli aveva detto: «Prima che il gallo canti, oggi mi rinnegherai tre volte». E, uscito, pianse amaramente.” (Lc 22, 60b-62)


Mi ha sempre colpito molto questo sguardo di Gesù. E non posso pensarlo in altro modo che come uno sguardo colmo di amore e di misericordia.


Ed è dopo questo sguardo che Pietro si ricorda di ciò che gli aveva detto il Signore. 


È solo l’amore che riesce a tirare fuori il meglio di noi stessi, è solo l’amore che ci fa realmente rendere conto dei nostri sbagli in modo che possiamo migliorare.
Il rimprovero, il rinfacciarci le nostre colpe, il più delle volte generano un sentimento di difesa, di auto giustificazione. 


L’amore ci mette di fronte ciò che possiamo essere, ciò che possiamo diventare nonostante il nostro passato, nonostante i nostri peccati.


Solo davanti ad uno sguardo pieno d’amore e di misericordia scopriamo quello di grande che possiamo essere, e invece quello di piccolo che ci limitiamo a vivere. Ma questa scoperta, proprio perché fatta alla luce dell’amore e della misericordia non ci schiaccia né ci abbatte, ma ci dona le ali per volare nelle braccia protese del Signore che ci vuole solo amare.

5 commenti:

  1. un passo del vangelo meraviglioso

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  2. amo questi versi. Lo sguardo di Gesù penetrò l'animo di Pietro in maniera così profonda da provocare una reazione. Questo è ciò che mi colpisce e mi da modo di riflettere. Quando uno sguardo ha degli effetti allora è colpo di significato.

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  3. Penso che ognuno di noi sogni di essere guardato almeno una volta con quello sguardo

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  4. certo julo, però quello chi mi stupisce sempre del nazareno è quanto egli sia «umano», nel senso che la sua pietà, la sua fratellanza, il suo modo d’essere ci sia familiare, come se, dentro di noi, magari sepolto da uno strato di egoismo e di superbia, ci sia comunque una piccola parte di quel che è lui; non è un dio lontano, è infinitamente grande ma la sua potenza è fatta di una tenerezza semplice, debole, a volte indifesa; gesù ci commuove, non è mai «distante», è come un fratello buono al quale non assomigliamo, ma sappiamo che dovremmo

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  5. Caro Diego, non dimentichiamo che, almeno per i cristiani, Gesù è vero Dio e vero uomo.
    Secondo i Padri, anzi, lui è proprio l'uomo perfetto, cioè il prototipo.
    Ma non è un esempio irraggiungibile, i santi sono li a dimostrarlo.

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