24 aprile 2025

Gesù è la nostra pace - 27/4/2025 - II Domenica di Pasqua (o della Divina Misericordia)

 
Pax Vobis
(Franco Vignazia)

 
«... mentre erano chiuse le porte ...» e otto giorni dopo «... a porte chiuse ...» Per nostra fortuna non sempre Gesù sta alla porta limitandosi a bussare («Ecco: sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me» Ap 3,20). A volte entra, ma senza fare irruzione. Non butta giù la porta, neanche la apre: quando ci sa spaventati, bloccati dalla paura, con molta delicatezza, con infinita gentilezza, si fa più vicino, si fa nostro prossimo. E ci augura/dona la pace.
 
Il Risorto viene a donarci la pace, ma è la sua pace, non quella del mondo: «Vi do la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi» Gv 14,27).
La pace di Gesù è una pace crocifissa. Colui che è la nostra pace, è anche Colui che è stato tradito, arrestato, consegnato, giudicato, condannato a morte, crocifisso. Ossia, la sua è una pace rifiutata, non certo una pace trionfante, come la 'pax romana'.
Se questa pace ancor oggi viene annunciata, proclamata, vissuta, ciò è dovuto al fatto che Dio ha risuscitato il Crocifisso. Per questo è ancora presente e operante in mezzo a noi.
La pace che ci dona il Cristo si colloca nelle profondità del nostro essere, non si appiccica semplicemente alla pelle, col rischio di vederla sparire alla minima bava di vento contrario.
Lui è la nostra pace.
Accogliere la pace di Cristo significa accogliere la sua Persona nella nostra vita, non soltanto mettere una 'extension' alla nostra anima. La pace è la conseguenza del dono fondamentale della sua Persona. È il segno più evidente che abbiamo spalancato le porte al Cristo, che abbiamo accolto il suo dono. In questo caso, soltanto noi possiamo perdere questa pace. Sbarazzandoci dell'Ospite. Oppure, che è lo stesso, costringendolo a coabitazioni sgradevoli («Non potete servire Dio e la ricchezza» Lc 16,13).
La pace, più che una conquista, è una scelta.
 
Ma non ci dona solo la sua pace, Lui dona molto di più: «soffiò e disse loro: "Ricevete lo Spirito Santo"». Su quelle creature chiuse e impaurite soffia quello Spirito che aleggiava sulle acque prima della creazione del mondo (Gen 1,2), quella brezza carezzevole dell'Oreb sul profeta Elia (1Re 19,12-14), quel vento impetuoso che sconquasserà il Cenacolo (At 2,2).
 
E sono proprio queste persone impaurite e asserragliate in sé stesse che Gesù manda nel mondo. Li manda così come sono, fragili e lenti nel capire, ma adesso hanno anche la Sua forza, il Suo Spirito, quel suo alito che gonfierà le loro vele e riempirà la loro vita, e anche il mondo, di Dio!
E anche noi siamo mandati così come siamo, con i nostri pregi e i nostri difetti, con i nostri limiti e le nostre grandezze, con le nostre paure, le nostre fobie, i nostri sogni e i nostri desideri, ma adesso anche con la Sua forza, con la forza dello Spirito Santo che ci sostiene e ci dona la capacità di affrontare le sfide della nostra vita quotidiana.
 
E non si scandalizza se qualche volta anche noi, come Tommaso, siamo preda dei dubbi, se facciamo fatica a credere. Lui non ci rimprovera, si avvicina ancora di più, ci tende quelle mani dove l'amore ha inciso una storia meravigliosamente dolce. E questo per noi è sufficiente. Quando qualcuno ti tende la mano, non ti giudica ma ti incoraggia, ti offre un petto ferito dove riposarti e riprendere fiato, sai che quel qualcuno ha un nome solo: Gesù!
 
E allora anche noi, con la gioia che trabocca dal cuore, gli diciamo «Mio Signore e mio Dio!».
 
 

 
Letture:
Atti 5,12-16
Salmo 117
Apocalisse 1,9-11.12-13.17-19
Giovanni 20,19-31
 
 
Grazie, papa Francesco, per tutta la speranza che ci hai donato.


17 aprile 2025

Cristo è risorto, è veramente risorto - 20/4/2025 - Domenica di Pasqua (Messa del giorno)

 
La Risurrezione (Pericle Fazzini - bronzo)
Aula Paolo VI, Città del Vaticano

 
La Maddalena che, quand'è ancora buio, va verso il sepolcro mi fa venire in mente la ragazza del Cantico che "lungo la notte cerca l'amore dell'anima sua" (cfr. Ct 3, 1-5). Ma la Resurrezione è la realizzazione e il superamento dell'Antico Testamento, difatti nel Cantico si dice che «forte come la morte è l'amore» (Ct 8, 6), e adesso Gesù dimostra invece che l'amore è molto più forte della morte. L'amore non finisce con la morte, anzi, la morte viene sconfitta dall'amore, che risorge più pieno, più vitale.
 
È una realtà che capovolge completamente la nostra esperienza e che ci viene donata senza squilli di tromba o fuochi d'artificio, ma con piccoli segni, umili come umile è il Signore.
 
Il primo segno è il sepolcro vuoto nella luce diafana dell'alba. Non è un segno facile da capire, difatti Maria non capisce, e corre da Pietro. Però, senza saperlo, dice parole che sono segno di fede profonda: «Hanno portato via il Signore». Non dice che hanno preso 'il corpo' del Signore, ma 'il Signore'. Ne parla come fosse vivo, come si parla di una persona viva.
 
Tutti corrono al mattino di Pasqua! Corrono sospinti da un cuore in tumulto, perché l'amore ha sempre fretta, è sempre assetato della gioia dell'incontro.
Ma l'altro discepolo, quello che Gesù amava, corre più veloce e arriva per primo al sepolcro, arriva per primo a capire la risurrezione e a credere in essa. Perché chi ama e sa di essere amato capisce prima, capisce di più, va più a fondo. "Si vede bene solo con il cuore. L'essenziale è invisibile agli occhi" (Antoine de Saint-Exupéry)
 
La nostra fede inizia da un corpo assente. Alla contabilità della morte manca un corpo e proprio per questo la morte non vincerà mai.
È vero che adesso sembra vincente: il terrorismo, le malattie, la corruzione, il moltiplicarsi di muri, barriere e naufragi; bambini che non hanno cibo, acqua, casa, amore ma solo bombe; la finanza padrona dell'uomo. Sono tutte cose che fanno dubitare.
Ma poi vedo immense energie di bene: donne e uomini che trasmettono vita e la custodiscono con amore; giovani prendersi cura dei deboli; anziani creatori di giustizia e di bellezza; gente onesta fin nelle piccole cose; occhi di luce e sorrisi più belli di quanto la vita non lo permetta.
Questi uomini e queste donne hanno dentro il seme della Pasqua, il cromosoma del Risorto.
Cristo non è semplicemente il Risorto. Egli è la Risurrezione stessa, è l'azione continua del risorgere, che fa ripartire da capo la vita, la conduce di inizio in inizio; che mi fa rinascere ogni giorno nonostante le mie mancanze e le mie debolezze.

 

 
Letture:
Atti 10,34.37-43
Salmo 117
Colossesi 3,1-4
Giovanni 20,1-9
 
 




10 aprile 2025

Un atto d'amore totale - 13/4/2025 - Domenica delle Palme


 
 
«Ho tanto desiderato mangiare questa Pasqua con voi»
La sequela non si limita ad ammirare e osannare il Signore, ma è anche accompagnarlo mentre si consegna alla notte più buia, mentre, abbandonato dai suoi, si abbandona al potere per amore degli altri; è stargli vicino anche se so che non lo capirò mai del tutto. La croce non ci è stata data per capirla, ma per aggrapparci e farci portare in alto. Cristo non è venuto nel mondo perché lo capissimo, ma perché ci aggrappassimo a Lui, afferrassimo la croce per lasciarci semplicemente trasportare da Lui, su in alto, verso la luce divina, verso la pienezza di vita.
 
«Tu che hai salvato gli altri, salva te stesso, se sei il Cristo». Per tre volte queste parole colpiscono il crocifisso. Sono il ritornello che accompagna Gesù dai giorni del deserto: "se sei il Cristo, fai un miracolo, conquistaci, imponiti, sii il più forte, scendi dalla croce e allora crederemo che sei tu il Messia". Nel deserto erano le parole del diavolo, adesso lo dicono tutti: i capi, i soldati, il malfattore.
Qualsiasi re, qualsiasi essere umano scenderebbe dalla croce. Lui, no. Solo Dio non scende dal legno. Perché il nostro Dio è il Dio che entra fino in fondo nella tragedia umana, entra nella morte perché è quello il luogo dove va ogni suo amato figlio. Sale sulla croce per essere con me e come me, in modo che io possa essere con lui e come lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, dona all'uomo che è in croce: "Io non ti lascerò mai, sarò sempre e ovunque con te e per te". Perché il primo e più importante bisogno dell'amore è di essere con l'amato. Qualsiasi altro gesto ci avrebbe confermato in una falsa idea di Dio. Solo la croce toglie ogni dubbio, è lo svelamento supremo di Dio. La croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante.
Fondamento della fede cristiana è la cosa più bella del mondo: un atto d'amore totale.
 
«Ricordati di me», supplica il malfattore. «Oggi sarai con me, in paradiso», assicura l'Innocente. Anche nell'agonia Gesù non si preoccupa di sé, ma di chi gli muore a fianco. In quel ladrone giustiziato, è svelata la realtà profonda di ogni essere umano: nel suo limite ultimo l'uomo è ancora amabile, ancora degno di essere salvato.
Nessuno è perduto per sempre, nessuno sarà mai così lontano da non poter essere raggiunto dall'amore di Dio: "sarai con me".
Le braccia di Gesù, distese e inchiodate, dicono solo accoglienza che non esclude, abbraccio che non può essere negato. Raccontano un cuore dilatato fino a lacerarsi molto prima del colpo di lancia. L'uomo rinasce dal cuore trafitto d'amore del suo creatore.
 

 
Cristiani e pagani

Uomini vanno a Dio nella loro tribolazione,
piangono per aiuto, chiedono felicità e pane,
salvezza dalla malattia, dalla colpa, dalla morte.
Così fan tutti, tutti, cristiani e pagani

Uomini vanno a Dio nella sua tribolazione,
lo trovano povero, oltraggiato, senza tetto né pane,
lo vedono consunto da peccati, debolezza e morte.
I cristiani stanno vicino a Dio nella sua sofferenza.

Dio va a tutti gli uomini nella loro tribolazione,
sazia il corpo e l'anima del suo pane,
muore in croce per cristiani e pagani
e a questi e a quelli perdona.

Dietrich Bonhoeffer (giugno 1944)
 
 

 
Letture:
Isaia 50,4-7
Salmo 21
Filippesi 2,6-11
Luca 22,14-23,56
 
 

03 aprile 2025

Noi non siamo il nostro peccato - 6/4/2025 - V Domenica Quaresima

Gesù e l'adultera
(affresco XII sec.)
Basilica Benedettina di Sant'Angelo in Formis

 
 
Usano una donna per cercare di incastrare Gesù. Pare quasi che siano contenti di averla colta in fallo in modo da avere l'esca perfetta per prendere il pesce grosso. Sono disposti ad ammazzare una persona pur di raggiungere il loro scopo.
Gesù scrive sul selciato del tempio, lo sguardo fisso a terra. Quando ci lasciamo prendere dai nostri furori accusatori, dalla nostra smania giustizialista, Gesù evita persino di incrociare il nostro sguardo. "Il primo sguardo di Gesù non va mai sul peccato delle persone, ma sempre sulla sofferenza" (Johann Baptist Metz)
 
«Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei» Gesù non rinnega la Legge, chiede solo che chi si erge a paladino della Legge sia il primo a praticarla. E se ne andarono tutti. Siamo sempre pronti a vedere i peccati degli altri, ma con la stessa facilità ci dimentichiamo dei nostri.
 
La donna e Gesù rimangono soli, e Gesù si alza. Si alza davanti alla donna come ci si alza davanti ad una persona importante, con rispetto e per esserle più vicino.
Gesù si alza, si avvicina e le parla. Nessuno le aveva ancora parlato. La chiama "donna", allo stesso modo che ha usato per sua madre a Cana e che userà sul Calvario. Non è più la peccatrice. È donna di nuovo.
Gesù si alza e adesso scrive nel cuore della donna. E scrive: "Tu non sei il tuo peccato. Non sei un'adultera, ma una donna; fragile, è vero, ma capace di amare ancora, amare molto, e per questo perdonata".
 
Le apre il futuro: «Va' e d'ora in poi non peccare più». Sono parole che bastano a cambiare una vita. Qualunque cosa quella donna abbia fatto, non rimane più nulla: cancellato, annullato, azzerato. Gesù traccia di nuovo in lei l'immagine della donna autentica, l'innocenza delle origini. Dono, non premio, che si riceve ogni giorno dalle mani di Dio. La donna "se ne va graziata, non giudicata" (Louis Evely).
 
È un vangelo, questo, che ha destato, e tante volte desta ancora, scandalo. Dimentichiamo che Dio non ci perdona perché lo meritiamo. Dio ci perdona perché ha fiducia in noi, perché vede oltre il nostro peccato, i nostri errori. Mi perdona per un atto di fede in me, dietro i miei tanti peccati vede quel poco di bene che potrò ancora fare.
Perdona perché il peccato non rivela mai la verità di un figlio di Dio. La rivelano invece i suoi germi buoni, quel pezzo di Dio che c'è in ogni essere umano. Dio perdona perché al centro non mette la regola da osservare, ma il bene che deve fiorire. Scrive Simone Weil: "Mettere la legge prima della persona è l'essenza della bestemmia!".
 
«Va' e d'ora in poi... ». Gesù è sovranamente indifferente verso il mio passato di peccati. Lui è il Dio del futuro, del bene di domani che conta più del male di oggi. I padri del deserto dicevano che il signore del passato è il diavolo. Dio il mio passato se lo butta dietro le spalle. "Dio di misericordia, tu nascondi il nostro passato nel cuore di Cristo e del nostro futuro te ne prendi cura" (fr. Roger)
 
 

 
Letture:
Isaia 43,16-21
Salmo 125
Filippesi 3,8-14
Giovanni 8,1-11