30 dicembre 2021

Bagliori nel buio - 2/1/2022 - II Domenica dopo Natale

Particolare del mosaico del Battistero, chiesa dei santi Agostino e Monica (Casciago, VA)
padre Marco Rupnik s.j.

 

L'inizio del Vangelo di Giovanni è una somma di teologia, filosofia e poesia tutte di altissimo livello. Penso che solamente un mistico riesca a coglierne fino in fondo la profondità e la bellezza.
Io riesco ad intravedere solamente alcuni bagliori, che voglio condividere.

Il brano inizia con le parole «In principio»
Sono le stesse parole con cui inizia la Genesi, il primo libro della Bibbia. Sembra quasi che l'evangelista ci voglia dire che l'Incarnazione sia una nuova creazione. Dio, che fa nuove tutte le cose, ci dona nuove possibilità.
Dio non accetta la distanza che abbiamo posto tra Lui e noi, non si dà pace per la nostra fuga. E per questo decide di venire in mezzo a noi come uno di noi. Lo fa per starci vicino, per aiutarci a rialzarci quando cadiamo, per consolarci e asciugare le nostre lacrime quando soffriamo. Lo fa per darci tutta la sua forza e tutto il suo amore per mezzo del suo Spirito.

Poi c'è il tema della «luce».
Luca ci presenta Gesù come «un sole che sorge» (Lc 1, 78). È un'immagine che mi piace molto. Ho sempre preferito l'alba al tramonto, e poi il sole che sorge scalda senza scottare, illumina senza accecare. È un sole che accarezza, non che 'picchia'.
Ma per quanto bella, all'immagine del sole preferisco quella della candela. Gli innamorati mangiano al lume di candela. Una candela riesce ad illuminare anche la notte più buia. Per secoli una candela accesa posta alla finestra è stata simbolo di accoglienza e di riparo. Penso alla poesia che dice: "magari fossi una candela in mezzo al buio" (Mahmoud Darwish, Pensa agli altri). Non possiamo neanche pensare di essere dei 'soli', ma possiamo cercare di essere una candela nel buio per gli altri, per coloro che ci sono vicini, per coloro che sono attorno a noi. Gesù viene in mezzo a noi come candela per fare di noi delle candele che illuminano le notti dei nostri fratelli.

Il prologo si conclude con la parole «il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi».
Per millenni l'uomo ha pensato che per arrivare a Dio doveva guardare in alto, cercare di 'salire' fino a Lui.
Ma adesso Gesù si è fatto carne. Il corpo non è più la zavorra che ci impedisce salire fino a Lui. Non è più il muro tra noi e Lui. Non è più la prigione dell'anima. Con l'Incarnazione il corpo diventa il mezzo per arrivare a Dio, diventa la scala per il paradiso.
Il Verbo è venuto ad abitare in mezzo a noi, e per questo non dobbiamo più cercare Dio nei cieli. Per trovare Dio dobbiamo guardare a terra, dobbiamo chinarci sull'uomo, su tutti gli esseri umani, nessuno escluso.


(Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)


23 dicembre 2021

Una famiglia come tante - 26/12/2021 - Santa Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe

Icona della Sacra Famiglia - Vaticano (padre M. Rupnik s.j.)

 

Oggi è la festa della Sacra Famiglia.
Ma com'era in realtà la famiglia di Gesù, Giuseppe e Maria?
Era una famiglia come tante, non era una famiglia super o da 'mulino bianco'.
Era anche una famiglia con i suoi problemi. Maria rimane incinta prima del matrimonio (ma allora era lecito, anche se non usuale, andare a vivere insieme già dal fidanzamento); il padre di Gesù non era Giuseppe (e ufficialmente la cosa rimane nascosta); sono molto poveri (l'offerta delle due tortore o piccioni era quella concessa ai poveri); poco dopo la nascita devono fuggire perché perseguitati dal potere politico e 'chiedono asilo' all'estero; a 12 anni il figlio li molla senza dire niente e poi li tratta anche un po' male (ma allora a 12 anni si diventava adulti).

Però in questa famiglia Gesù, per 30 dei suoi 33 anni, ha vissuto la sua vita salvifica. Per trent'anni questa famiglia è stata la culla nascosta della salvezza di tutta l'umanità, è stata la scuola in cui l'uomo Gesù ha imparato ad essere il Figlio di Dio.
Non è una famiglia modello, perfettina, ideale. Ma proprio per questo tutte le famiglie umane possono trovare in essa qualcosa.
L'accoglienza per l'altro. Accettare che i figli siano sé stessi (e non la proiezione dei nostri sogni o aspirazioni). Il cercare sempre il bene dell'altro e della famiglia, senza mai far mancare il proprio appoggio anche nei momenti bui e tristi.
Mettere sempre alla base del rapporto l'amore, il dono di sé.
L'importanza del perdonarsi, del condividere, dello stare insieme nella gioia come nel dolore.
La necessità di non rinchiudersi in sé stessi, ma di aprirsi agli altri e in particolar modo ai poveri e ai sofferenti

Prendere ad esempio la Sacra Famiglia significa capire che non è nelle cose eccezionali che conquistiamo la salvezza o la grandezza.
La salvezza e la grandezza le conquistiamo nel quotidiano, nelle piccole cose di ogni giorno. In quei piccoli gesti, magari nascosti a tutti come i primi anni di Gesù, ma che sono segno del nostro dono totale.


(1Sam 1,20-22.24-28; Sal 83; 1Gv 3,1-2.21-24; Lc 2,41-52)


16 dicembre 2021

La prima processione del Corpus Domini - 19/12/2021 - IV Domenica di Avvento

Visitazione - Santuario san Giovanni Paolo II - Washington D.C. (USA)
(mosaico- padre M. Rupnik s.j.)

 

Mi ha sempre colpito quella «fretta» con cui Maria va da Elisabetta. Non è la fretta di chi non vede l'ora di finire un compito per poter essere libero di fare altro. È invece la fretta che nasce dalla gioia di una buona notizia da condividere.
Lei, che ha risposto alla speranza di Dio, si fa subito risposta ai sogni dell'umanità. Maria, con il suo "si" ha riscattato i nostri infiniti 'no'. Per questo cammina in fretta. Il suo è il passo di chi annuncia la nascita di tempi nuovi.


Ma la Visitazione ci dice anche che fin da subito Maria sa che quel Figlio non le appartiene, che appartiene agli altri. Sa che è un dono di Dio per tutti gli uomini. Ed è per questo che, ancora prima di darlo alla luce, lei lo porta incontro all'umanità.
La Visitazione esprime la gioia del dono, della condivisione. La definizione classica di Maria come ostensorio è molto vera, ma non è un ostensorio chiuso in chiesa. È un ostensorio che cammina, che annulla le distanze, che va tra gli uomini non per farsi adorare, ma per farsi servo.

«beata colei che ha creduto»
Quando la Madonna giunge a destinazione, Elisabetta pronuncia la prima delle beatitudini del Vangelo. Cogliendo la vera grandezza di Maria, inventa la beatitudine più adatta alla sua ospite.
La Madonna ha creduto, si è affidata ad un Altro. Prima di portare il Figlio si è lasciata portare dallo Spirito Santo. Ha creduto non a una sfilza di verità, ma ad una Parola che l'ha messa in un cammino sconosciuto.

Maria ha creduto «all'adempimento di ciò che il Signore le ha detto»
Aver fede significa credere che il Signore mantiene la sua parola. L'unica sicurezza, l'unica garanzia, è data dalla certezza che Dio non ti delude quando ti arrendi totalmente a Lui. È soltanto la fede che può riportare Dio in un mondo che pare averlo dimenticato.




(Mi 5,1-4; Sal 79; Eb 10,5-10; Lc 1,39-45)


09 dicembre 2021

Andare incontro a Gesù rimanendo al proprio posto - 12/12/2021 - III Domenica di Avvento - Gaudete

 

Giovanni Battista - mosaico (padre Ivan Rupnik s.j.)

Nel Vangelo di oggi il Battista chiarisce quali sono le strade che domenica scorsa aveva detto di raddrizzare per preparare l'incontro col Signore che viene. E sono le strade della giustizia, della carità, del rispetto per gli altri. A ben guardare non sono delle novità, sono le strade indicate già da tutta le Bibbia e ribadiscono una verità fondamentale: la strada per arrivare a Dio passa obbligatoriamente attraverso il prossimo. Disprezzare, calpestare, umiliare gli esseri umani è disprezzare, calpestare, umiliare Dio.

Una cosa mi colpisce: Giovanni non invita a fare come ha fatto lui, non spinge a lasciare tutto e ad inoltrarsi nel deserto. Anzi, invita tutti a rimanere al proprio posto, a continuare a fare lo stesso mestiere che stanno facendo. Solo chiede che lo facciano in maniera diversa.
Si tratta di accogliere il Signore nella vita normale, quella di tutti i giorni. Alla stragrande maggioranza degli uomini, Dio non domanda gesti straordinari. Domanda la fedeltà nel quotidiano, nei piccoli gesti di ogni giorno.
Si tratta di andare incontro a Gesù che viene, rimanendo al proprio posto. Il cambiamento che va fatto non è nelle cose esteriori, quello che va cambiato è quello che sta dentro, il nostro cuore.

Ma questo cambiamento del cuore si deve vedere anche all'esterno. Continuare a fare lo stesso mestiere con la stessa mentalità del mondo, pensando solo alla ricchezza, al successo e alla carriera, non è convertirsi. È mettere la stoffa grezza sul vestito vecchio, il vino nuovo in orci vecchi (Mt 9,16-17; Mc 2,21-22; Lc 5, 36-37).
Non si tratta di cercare di mettere Dio nelle nostre azioni, ma di mettere le nostre azioni in Dio. Di avere l'umiltà di accostarci a Lui e domandargli «cosa dobbiamo fare?» E dopo ascoltarlo, cioè fare quello che dice.
«Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli.» (Mt 7,21)


(Sof 3,14-18; Is 12; Fil 4,4-7; Lc 3,10-18)


02 dicembre 2021

Parafrasando il Vangelo - 5/12/2021 - II Domenica di Avvento

Giovanni il Battista - mosaico (padre Ivan Rupnik s.j.)

 

Per togliere i dubbi sulla storicità di quanto racconta, l'evangelista Luca ci dice tutta una serie di nomi che inquadrano tutto il potere politico, sociale e religioso nel territorio d'Israele in un preciso anno. Ma questo quadro così preciso rischia di allontanarci un po' dal Vangelo, di farcelo sentire come una cosa lontana che non ci riguarda se non marginalmente. Forse Luca, oltre al dato storico, vuol dirci anche qualcos'altro, qualcosa che ci riguarda personalmente.

Per cercare di 'capire' meglio, vorrei provare a parafrasare questo brano, a leggerlo un po' a modo mio, cercando non di far coincidere la storia di Gesù con la storia degli uomini, quanto invece di accordare la mia storia con quella di Gesù.

Il racconto potrebbe essere più o meno questo:
Quando la mia vita era sotto il segno dell'insignificanza, sotto il dominio del possesso, dell'apparenza, dell'avidità e dell'orgoglio; quando la mia religiosità era ridotta a pura pratica esteriore, in una rara pausa di silenzio, Dio si è fatto sentire, mi ha rivolto parole esigenti, quasi folli nelle loro pretese.
Ma queste parole non mi hanno spaventato, anzi, mi hanno toccato il cuore, mi hanno fatto scoprire il vuoto della mia vita, la mia fragilità, hanno fatto vacillare le mie sicurezze. E invece di andare a nascondermi in mezzo alla folla, mi sono avviato verso il deserto delle domande più difficili, dei cambiamenti più costosi, delle liberazioni più ardue.

Perché la conversione è questo: è cambiare la geografia interiore, è tracciare strade nuove e impensate, è scoprire zone prima sconosciute o evitate.
È far sì che la storia di Gesù diventi la mia storia, è scoprirsi suo "contemporaneo" e complice delle sue proposte. È accorgersi che Dio non lo si trova nella storia passata, ma nella novità inattesa.


(Bar 5,1-9; Sal 125; Fil 1,4-6.8-11; Lc 3,1-6)