27 gennaio 2022

Non esistono limiti alla salvezza di Dio - 30/1/2022 - IV Domenica tempo ordinario

Inizio della predicazione di Gesù a Nazareth

Collegio Montserrat - Barcellona (p. M. Rupnik s.j.)

 

Trovo molto indicativo il comportamento degli abitanti di Nazareth: finalmente un loro compaesano ha 'avuto successo', ha 'un certo potere' quindi adesso penserà a noi, farà i nostri interessi, noi saremo in cima alla sua lista, verremo prima degli 'altri'.
Ma Gesù gela le loro aspettative.

È vero che Dio vuole che passiamo dal 'io' al 'noi', che usciamo dal nostro egoismo per iniziare a pensare, e vivere, in una dimensione più ampia, ad allargare il nostro cuore e le nostre braccia per aprirle ad abbracciare gli altri. Ma Gesù ricorda che un 'noi' che sia posto in contrapposizione ad un 'altri' non è nei piani di Dio.
Il 'noi' di Dio è un noi che non costruisce muri, ma li abbatte; è un 'noi' che si deve allargare sempre più, che deve arrivare ad inglobare non solo tutti gli uomini, ma anche tutto il creato. (cfr. Rm 8,19-23)

Non esistono limiti alla salvezza di Dio. Nessun gruppo religioso, nessuna famiglia umana, può avere privilegi esclusivi, pretese di priorità o precedenza sulla salvezza portata da Gesù. Difatti Gesù si allinea ad Elia, ad Eliseo, ai profeti dell'Antico Testamento, si indirizza ai lontani, agli estranei, agli esclusi, a coloro che non accampano diritti o privilegi.

«Lo condussero fin sul ciglio del monte, sul quale era costruita la loro città, per gettarlo giù. Ma egli, passando in mezzo a loro, si mise in cammino»
Gesù non si lascia fermare.
La "buona novella" segue la strada di Dio, non quella degli uomini. Nessun contrasto od opposizione può neutralizzare la sua forza. Essa passa attraverso la meschinità e l'egoismo degli uomini.

E da questo momento il paese di Gesù non sarà più Nazareth. Il paese di Gesù non avrà più confini, se non quelli dell'universo.
Il paese di Gesù sarà quello dove lui è presente. Sarà formato da tutti quelli che nel figlio di Giuseppe, in quell'uomo come noi, sapranno riconoscere il Figlio di Dio. E sapranno dirgli un umilissimo "". Sapranno accoglierlo senza pretendere di averlo dalla propria parte.
Non lo «cacceranno fuori» come hanno fatto gli abitanti di Nazareth, ma «usciranno fuori» insieme a Lui per le strade del mondo.


(Ger 1,4-5.17-19; Sal 70; 1Cor 12,31-13,13; Lc 4,21-30)


20 gennaio 2022

Dio non fa mai le cose a metà - 23/1/2022 - III Domenica tempo ordinario (Domenica della Parola di Dio)

 

Mosaico di p. M. Rupnik s.j

Gesù inizia la sua 'missione' esponendo da subito il suo 'manifesto programmatico'.
Per fare questo si serve di un passo del profeta Isaia che annuncia la liberazione dei deportati a Babilonia, liberazione che viene presentata come un rovesciamento della situazione presente. Applicando a sé questo passo, Gesù vuole dichiarare che la salvezza promessa da Dio si fa presente e attiva qui e ora nella sua persona.

Due cose sono da sottolineare: il messaggio è una "notizia che dà gioia" (cioè un vangelo) perché è un messaggio di liberazione; e questa liberazione è in atto «oggi», non in un futuro più o meno lontano.
C'è da dire che la liberazione del Cristo ha una sua specificità: è totale, riguarda tutto l'essere umano in tutte le sue dimensioni. Dio non fa mai le cose a metà, la sua liberazione non è un allargare le mura della prigione, non è un portare l'uomo da una prigione buia ad una prigione dorata. Lui ha sempre agito per la nostra libertà. Siamo noi che poi abbiamo trasformato le sue 'leggi' da cartelli indicatori per la nostra liberazione in nuove catene per legare noi e gli altri.
E proprio su questo equivoco gioca parte della società moderna: dare l'illusione della libertà lasciando scorrazzare le persone in certi campi (piacere, divertimento, consumismo) per poterle dominare, condizionare, manovrare, in quei campi dove veramente si gioca la possibilità di "essere uomo vero e vivo" e non marionetta guidata dagli interessi altrui.
Perché si ha liberazione totale solo quando uno diventa libero di essere ciò che può e deve essere. La libertà vera non riguarda il 'poter fare', ma il 'poter essere'.

La libertà non ci viene regalata dagli altri, ma solamente da Cristo. Dobbiamo solo renderci conto che tante catene ce le siamo messe noi stessi, che abbiamo bisogno di 'essere liberati'.
Il paradosso della liberazione cristiana sta qui: è una libertà "donata", ma nello stesso tempo da conquistare interiormente. Una libertà che ci viene offerta gratuitamente ogni giorno, ma che nello stesso tempo dipende da noi, che solo noi possiamo perdere.


(Ne 8,2-4.5-6.8-10; Sal 18; 1Cor 12,12-30; Lc 1,1-4; 4,14-21)


13 gennaio 2022

Donare il 'di più' - 16/1/2022 - II Domenica tempo ordinario

Nozze di Cana - Santuario san Giovanni Paolo II - Washington
(p. M. Rupnik s.j.)

 

Colpisce che il primo miracolo di Gesù non sia all'insegna del necessario, ma del 'di più', oserei dire del superfluo. Infatti non ha moltiplicato il pane per degli affamati né ha guarito degli ammalati. Ha procurato del vino a chi, come fa notare il direttore del banchetto, ha «già bevuto molto».
Gesù proclama subito che è venuto per portare a tutti l'amore del Padre, per festeggiare pienamente la riunificazione familiare tra Dio e tutti i suoi figli. È venuto per proclamare, e vivere, la gioia della festa, il banchetto nuziale del ritrovato amore tra l'umanità e Dio.
Inoltre il fatto che venga a donare il 'di più' è proprio la prova che il Signore dona sempre il centuplo, Lui ci ripaga sempre "con una misura traboccante".
Lui non ci dona quello che meritiamo (e per fortuna!), ma più di ciò che necessitiamo.

Ma c'è da dire che a volte il superfluo si dimostra indispensabile. A volte un povero ha bisogno di un fiore prima che di un piatto di minestra, di un sorriso più che di un'elemosina, della nostra attenzione più che del nostro aiuto.
Prima che dargli la nostra compassione dovremmo cercare di restituirgli la sua dignità.
Bisogna imparare ad amare anche con un pizzico di fantasia, portando anche l'inatteso, l'imprevedibile.

Piccola postilla
Dal punto di vista liturgico siamo entrati nel "tempo ordinario". Questa definizione non mi piace proprio. Il tempo non è mai 'ordinario', ma soprattutto non lo può essere la domenica, 'Pasqua della settimana'. Il tempo è un dono che ci fa il Signore, per cui è sempre sorprendente, inaudito. È sempre "straordinario".
Dovremmo imparare a celebrare la liturgia della meraviglia, perché dovremmo essere sempre consapevoli che il tempo ci è regalato, ed è un dono insolito e meraviglioso.


(Is 62,1-5; Sal 95; 1Cor 12,4-11; Gv 2,1-11)


06 gennaio 2022

Sboccia la salvezza - 9/1/2022 - Battesimo del Signore

  Battesimo di Gesù,
Chiesa di Santa Maria Madre della Chiesa, Zaragoza
(p. M. Rupnik s.j.)

 

Il battesimo di Gesù rappresenta l'inizio della sua vita pubblica. Con esso la sua opera salvifica non è più nascosta a Nazareth, ma diventa manifesta sulla scena del mondo.
Ma questo debutto non avviene in modo spettacolare, Gesù si presenta come uno sconosciuto, un anonimo peccatore in mezzo ad altri peccatori. Fin dall'inizio Gesù vuole farci capire che è uno di noi, nostro fratello venuto a condividere la nostra condizione, la nostra miseria.
Gesù si presenta come una persone qualunque, uno come tutti gli altri, me è anche una persona unica. Lui che in realtà e il più forte si riveste di debolezza.
Dobbiamo imparare a riconoscere Gesù anche nelle apparenze più umili, nei panni più ordinari, nel nascondimento della realtà quotidiana. È questo il grande passo della fede: imparare a guardare nella direzione giusta, senza lasciarsi distrarre da persone o cose che sono semplici mezzi per arrivare a Lui e non punti di arrivo.

Ma il battesimo di Gesù segna anche l'inizio del tempo della misericordia, lo sbocciare della salvezza. È la proclamazione che anche per i peccatori c'è speranza. anche loro possono contare sull'amore ostinato di Dio che viene tra di noi non per condannare, ma solamente per colmare l'abisso della nostra miseria.

L'amore di Dio 'squarcia' i cieli, cioè rompe la barriera tra l'uomo e Dio, adesso non c'è più inimicizia tra l'uomo e il suo Creatore.
Non è finito solo il tempo della separazione, ma anche quello del silenzio di Dio. Il Signore prende la parola e ci indica il suo dono: il Figlio. Gesù è la Parola definitiva che il Padre dice al mondo.
E con la colomba sottolinea che è una parola di pace (vedi l'episodio di Noè alla fine del diluvio) e di amore (vedi tutto il Cantico dei Cantici)

Con Gesù inizia la nuova era. D'ora in poi l'attenzione non deve essere rivolta alle nostre azioni, ma a ciò che Dio fa per noi (vedi il Magnificat). Non che il nostro comportamento non sia importante, c'è sempre l'esigenza della conversione, ma non dobbiamo mai dimenticare che l'iniziativa è sempre di Dio. Noi possiamo (e dobbiamo) solo rispondergli.
La salvezza è dono, non conquista (né tanto meno diritto)


(Is 40,1-5.9-11; Sal 103; Tt 2,11-14;3,4-7; Lc 3,15-16.21-22)