16 maggio 2024

Spirito Santo: "il grande sconosciuto" - 19/5/2024 - Solennità di Pentecoste (Messa del giorno)

"Veni Sancte Spiritus" di Fr Lawrence Lew, O.P., su Flickr


Pentecoste, festa dello Spirito Santo.
Facciamo fatica a capire chi sia lo Spirito Santo, è una persona sfuggevole, che non riusciamo ad afferrare, capire. Ma ci viene in aiuto la scrittura con il suo mondo pieno di simboli.

Un primo simbolo è la casa. Nella prima lettura di oggi si dice che i discepoli «insieme ad alcune donne e a Maria, la madre di Gesù» (At 1, 14) stavano in una casa qualunque (la tradizione dice che sia quella dell'Ultima Cena).
La casa: simbolo di me, della mia interiorità, là dove avviene l'incontro vitale. E dice qualcosa di molto bello sullo Spirito Santo: lui non ha luoghi privilegiati, riservati, esclusivi, ma ogni casa è la sua casa. Non gli interessa che la mia casa sia in ordine, bella, pulita. Lui non bada ai mobili, non gli interessa se c'è polvere sui mobili o briciole sui pavimenti. A lui interessa che ci sia io. Più che il calore dei termosifoni o la luce del sole, lui cerca il calore di un abbraccio, la luce di un sorriso.

Altro simbolo è il vento. Il vento che scuote la casa, spalanca porte e finestre, la riempie e passa oltre. È una folata che spazza la polvere e porta il profumo della primavera. È una ventata di dinamismo e di libertà, che smuove le cose immobili.
Questa è l'opera dello Spirito Santo: aprire il respiro, allargare gli orizzonti. Mentre siamo impegnati a tracciare i confini delle nostre piccole case, lui spalanca finestre, apre davanti ai nostri occhi il mondo. Ci fa vedere che la fine corrisponde a un inizio, che là dove la terra finisce c'è l'inizio del grande mare. Lo Spirito ci fa pensare in grande: là dove questa tua vita finisce comincia la vita infinita. Tu confini con Dio.

Poi il simbolo del fuoco. Lo Spirito tiene acceso qualcosa in noi anche nei giorni più spenti, più bui. Accende fiammelle d'amore, sorrisi, capacità di perdonare; voglia di amare la vita, voglia di vivere.
Noi nasciamo 'accesi' i bambini sono accesi, ardono di vita. Poi i colpi duri della vita possono spegnerci. Ma possiamo sempre attingere a un fuoco che non si affievolisce mai, allo Spirito Santo che è l'accensione del cuore, è la nostra giovinezza.

Ultimo simbolo la parola. Tante volte, quando leggo o ascolto il Vangelo, quelle parole scivolano via, mi sembra di averle già sentite tante volte, non mi dicono niente. Poi improvvisamente, un giorno, una parola si accende, si illumina, prende fuoco, mi tocca fin nel profondo, mi pare di sentirla per la prima volta.
Questa è l'azione dello Spirito Santo: la parola di Dio mi raggiunge come una lettera scritta apposta per me, contemporanea ai miei sogni, ai miei dubbi, ai miei problemi. Ma soprattutto piena d'amore.

Ancora un paio di considerazioni.
«Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà alla verità intera ». Gesù non ha la pretesa di dire tutto, come troppe volte l'abbiamo noi. Ha l'umiltà di dire: la verità è davanti, la verità è un percorso, è un divenire. Mi trasmette la gioia di sentire che appartengo a un progetto aperto, non a un sistema chiuso, già definito. Perché in Dio si scoprono nuovi orizzonti quanto più si cammina, accarezzati dal soffio dello Spirito Santo, seguendo le frecce che sparge con abbondanza sul nostro cammino.

L'angelo aveva detto a Maria: «Verrà lo Spirito e porterà dentro di te il Verbo» (cfr Lc 1,35). Gesù dice ai suoi discepoli: «Verrà lo Spirito e vi riporterà al cuore le mie parole» (cfr Gv 14,26).
Oggi chiediamo allo Spirito Santo: "tieni acceso in noi l'amore, l'amore che scalda e che non ha paura; crea in noi luce, sapienza del cuore, quella che sommuove e riscalda le profondità della vita; portaci il dono favoloso di un cuore acceso, che sia vento di libertà che soffia nelle vele della piccola barca del cuore" (p. Ermes Ronchi).




Non avere paura:
sono io.
Non senti
che su te m'infrango
con tutti i sensi?
Ha messo ali il mio cuore
e ora vola candido attorno al tuo viso.

Non vedi la mia anima innanzi a te
adorna di silenzio?
E la mia preghiera di maggio
non matura al tuo sguardo
come su un albero?

Se sogni sono il tuo sogno,
ma se sei desto sono il tuo volere;
padrone d'ogni splendore
m'inarco, silenzio stellato
sulla bizzarra città del tempo.

Rainer Maria Rilke



Letture:
Atti 2,1-11
Salmo 103
Galati 5,16-25
Giovanni 15,26-27; 16,12-15


- la definizione di Spirito Santo nel titolo è di s. Paolo VI


09 maggio 2024

Gesù è sempre in mezzo a noi - 12/5/2024 - Ascensione del Signore

Ascensione



Oggi abbiamo due racconti diversi dell'Ascensione di Gesù: quello di Luca nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli e quello di Marco nel suo Vangelo.

Partiamo un attimo da Marco. Il brano oggi proposto inizia col versetto 15, ma se andiamo a leggere il versetto precedente (il 14) vediamo che Gesù rimprovera gli Apostoli «per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto». Ed è proprio a queste persone che viene affidato il Vangelo, la responsabilità della Chiesa. La salvezza di tutti gli uomini viene affidata a tutti noi nonostante la nostra "incredulità e la nostra durezza di cuore". Dio ci ama e ci sceglie così come siamo, semplici esseri umani, capaci del meglio e del peggio. In grado di volare alti come un'aquila ma che spesso grufoliamo per terra come un maiale.

Il fatto è che noi, come anche gli Apostoli, facciamo fatica a capire Dio, lo troviamo imprevedibile, troppo al di fuori dai nostri schemi. Ma lui lo sa («Perché i miei pensieri non sono i vostri pensieri, le vostre vie non sono le mie vie» Is 55, 8) ma non gli importa, si fida e affida ugualmente. E che anche gli Apostoli abbiano questa difficoltà ce lo dimostra il racconto di Luca, quando gli angeli li riprendono: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?».
A partire dalla Resurrezione è sempre un cercare Gesù dove lui non c'è.
Prima nella tomba ormai vuota e adesso in cielo nonostante lui stesso abbia assicurato che sarà sempre con noi (Mt 28, 20).
Anche noi tante volte cerchiamo Dio in cielo, tra le nuvole, e così non lo vediamo quando ci passa vicino, proprio ad altezza dei nostri occhi, delle nostre mani, del nostro cuore.

Ma Gesù, come dice il Vangelo, continua ad "agire insieme a noi". La buona notizia dell'Ascensione è che Gesù è sempre in mezzo a noi. Non lo è più in maniera sensibile, ma lo è in maniera più efficace. Ascensione vuol dire che Gesù si nasconde ai nostri occhi per essere presente in maniera ancora più profonda, perché ora è presente non solo fuori di noi, ma anche dentro di noi per mezzo del suo Spirito. È visibile agli occhi della fede.
Per trovare Dio non dobbiamo guardare il cielo, ma andare per le strade del mondo, e in ogni posto dove c'è un essere umano che soffre potremo trovarlo, in ogni posto dove c'è un po' di amore potremo trovarlo.

Ma c'è anche un altro significato dell'Ascensione, ed è in quell'affermazione di Marco: «sedette alla destra di Dio». Al Padre è salito il Figlio con la nostra carne, il Figlio che si è fatto uomo. Al cielo è salito un uomo, un nostro fratello. Adesso seduto proprio alla destra del Padre (dove sedeva l'erede, la persona più importante dopo il re), c'è un nostro fratello. È per questo che Gesù può e vuole intercedere a nostro favore, pregare per noi.
Con l'Ascensione già adesso anche noi, seppur nella fede, seppur misteriosamente, siamo uniti al Padre, siamo già risorti. La nostra vita non è più solo terrestre, ma inizia ad essere anche celeste. Il Paradiso inizia ad essere la nostra casa (Col 3, 1-4)

L'Ascensione significa che Gesù non solo non se n'è andato, ma anzi, è più presente adesso che prima.




Penso che tu ne abbia abbastanza, Signore,
della gente che sempre parla
di servirti con piglio da condottiero,
di conoscerti con aria da professore,
di raggiungerti con regole sportive,
di amarti come si ama in un matrimonio invecchiato.

Un giorno in cui avevi un po' voglia d'altro
hai inventato san Francesco
e ne hai fatto il tuo giullare.

Lascia che noi inventiamo qualcosa
per essere gente allegra
che danza la propria vita con te.

Madeleine Delbrêl



Letture:
Atti 1,1-11
Salmo 46
Efesini 4,1-13
Marco 16,15-20


02 maggio 2024

Dio ci ama e vuole darci la gioia più piena - 5/5/2024 - VI Domenica di Pasqua

"Lo Spirito è un'esplosione continua di amore nell'universo"
Vetrata della cappella laterale destra
Chiesa Divin Salvatore e Santa Teresa di Gesù bambino - Pescate (Lc)



In questi nove versetti Gesù usa per nove volte la parola "amore/amare" e per tre volte la parola "amici".
È il cuore del Vangelo: la notizia che ci dona gioia è che siamo amati «io ho amato voi». Qui Giovanni usa il verbo greco che indica l'amore disinteressato, immotivato. Noi siamo amati da Dio gratis, siamo amati di un amore senza condizioni e senza limiti.
E Dio ci ama non per suo piacere o interesse, ma perché la nostra gioia sia piena, trabocchi dai nostri cuori e si riversi nel mondo.

Siamo stati creati bramosi di amore, arsi dalla sete di essere amati. Siamo mendicanti d'amore. Scoprirci amati, sentirci amati ci rende capaci di spostare le montagne, anche quelle del nostro egoismo.
Gesù ci invita ad amare perché se non amiamo ci distruggiamo. E non ci dice di amare gli altri come amiamo noi stessi (ci sono persone che non si amano o si amano poco) ma di amare come Lui ci ha amato. Solo Dio è la misura dell'amore.

«Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore».
Il comandamento di Gesù è «Amatevi come io ho amato voi» e il riferimento è la lavanda dei piedi. L'amore non si trasmette attraverso una dottrina, ma solo attraverso gesti che comunicano vita. Il "comandamento nuovo" che Gesù ci dona, è nuovo nella qualità, nel modo di concretizzarlo. Gesù non dice che dobbiamo amare "quanto" lui ci ha amato, ma "come" lui ci ha amato, nella stessa maniera, cioè amando di un amore che aggiunge vita, che dona speranza, che regala gioia e letizia.
Ma quel "come" ci dice anche che solo Dio è la fonte del nostro amore. Un cristiano ama perché si è sentito amato, perché sa di essere amato, perché ha sentito la passione che Dio ha per lui. L'amore non parte da un nostro sforzo, da un nostro impegno, ma dallo stupore di un amore folle che ci ha travolto e avvolto.

Ma in cosa consiste, nel concreto, il "come" di Gesù?
È Lui stesso a dircelo: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Giovanni usa il temine 'psiché' che vuol dire vita interiore, anima. È questa che bisogna dare ai propri amici: ciò che si ha dentro, la nostra parte più vera, più profonda, più intima, quella fatta di slanci e di sogni, ma anche di paure e dubbi.
L'amore è vero solo quando dona. È questo che ci aiuta a riconoscere l'amore quando è vero.
"Dare la vita" non è sacrificarsi, ma tirare fuori il meglio di noi stessi proprio quando sembra che stiamo rinunciando a qualcosa di grosso.
"Dare la vita" è donare tutto di noi stessi, anche i nostri limiti, i nostri difetti, le nostre paure.
"Dare la vita" è anche fare ciò che possiamo perché gli altri riescano a fiorire, a far sbocciare la loro vita.




Amore, che mi formasti
a immagine dell'Iddio che non ha volto,
Amore che sì teneramente
mi ricomponesti dopo la rovina,
Amore, ecco, mi arrendo:
sarò il tuo splendore eterno.

Amore, che mi hai eletto fin dal giorno
che le tue mani plasmarono il corpo mio,
Amore, celato nell'umana carne,
ora simile a me interamente sei,
Amore ecco, mi arrendo:
sarò il tuo possesso eterno.

Amore, che al tuo giogo
anima e sensi, tutto m'hai piegato,
Amore, tu m'involi nel gorgo tuo,
il cuore mio non resiste più,
ecco, mi arrendo, Amore:
mia vita ormai eterna.

David Maria Turoldo



Letture:
Atti 10,25-27.34-35.44-48
Salmo 97
Prima Giovanni 4,7-10
Giovanni 15,9-17