23 febbraio 2023

Tentazione: momento della verità - 26/2/2023 - I Domenica di Quaresima

La prima tentazione di Gesù
Salterio miniato (circa 1222)
(Det Kongelige Bibliotek, Copenaghen)



Nel vangelo le Tentazioni vengono immediatamente dopo il Battesimo. Quello stesso Spirito che sotto forma di colomba aveva proclamato a Gesù "Tu sei il Figlio prediletto", subito dopo lo spinge nel deserto per essere tentato.
Satana gli chiede di provare che è realmente ciò che lo Spirito ha affermato. Ma Gesù resiste alle tentazioni del potere, del successo e della popolarità (perché il succo delle Tentazioni è proprio questo).

Noi ci ritroviamo ogni giorno non nel deserto, ma in un mondo che ci dice che noi non siamo amati, che non siamo degni di essere amati, che dobbiamo conquistare l'amore. Ci dice che solo se abbiamo successo, solo se siamo popolari, solo se siamo potenti, avremo la possibilità di essere amati.

Ma Gesù si è lasciato tentare per farci vedere come si fa a sfatare quelle voci, a smascherare Lucifero: fidarsi unicamente del Signore, ricordarsi delle sue Parole. Avere fede che l'amore è più forte del male, è più forte anche della morte.
Il momento della tentazione è il momento in cui ti trovi in mezzo tra il bene e il male che sono faccia a faccia. È il momento in cui dobbiamo decidere da che parte stare. Il Signore attende con timore e tremore la nostra decisione. Basta che gli diciamo "aiutami, perché se mi lasci sono guai", e Lui, in mezzo a questo canto delle sirene, ci farà sentire la dolce voce dello Spirito che, come fa ogni giorno, ogni istante, ci dirà: “Tu sei il figlio prediletto”.


(Gen 2,7-9; 3,1-7; Sal 50; Rm 5,12-19; Mt 4,1-11)


16 febbraio 2023

Non accettare l'inimicizia - 19/2/2023 - VII Domenica Tempo Ordinario

Colomba della pace e sole giallo
Picasso (1962)
Litografia a colori



Continua il 'Discorso della Montagna', questa rivoluzione copernicana del nostro modo di pensare e di agire, questo ribaltamento totale della scala delle nostre priorità e dei nostri valori.
Troppo spesso abbiamo la convinzione che essere cristiani voglia dire prima di tutto essere contro, essere anti-qualcuno o anti-qualcosa.
Gesù invece ci invita ad andare 'oltre'. Andare oltre le valutazioni della ragione o del torto. Andare oltre il rigido perimetro della giustizia o dell'ingiustizia. Andare oltre sulla decisione di chi debba fare il 'primo passo'.
Possono esserci mille ragioni umane per dire che 'non tocca a me', ma tutte mi pongono fuori dal Vangelo.

E il punto fondamentale di questa logica 'paradossale' è l'atteggiamento nei confronti dei nemici.
E con nemici non dobbiamo pensare solo a persone che vogliono farci del male. Nemico è anche colui con cui non riesco proprio ad andare d'accordo, anche senza che ci sia cattiva volontà. Nemico è lo scocciatore, o quello che mi passa davanti alla fila, o quello che mi 'ruba' il parcheggio.
Nemico è ogni persona che mi verrebbe da mandare a quel paese, ogni persona che mi porta a cambiare marciapiede quando la vedo da lontano.
Se guardiamo la nostra realtà attraverso gli occhiali del Vangelo, dobbiamo ammettere che sono tante le persone che trattiamo da 'nemico'.

Gesù ci dice che non dobbiamo accettare questa situazione come definitiva, non dobbiamo lasciarla cristallizzare. Ci invita a darci da fare per superarla, per smuoverla. Ci spinge ad impegnarci di persona, a metterci la faccia, per rovesciarla, per trasformarla in una situazione di amicizia, di amore.
E se faccio fatica, se il compito mi pare al di là delle mie possibilità, devo pensare che non sono mai da solo. Gesù mi accompagna in ogni passo. Gesù, con la sua Croce, ha fatto entrare nel mondo una possibilità infinita di riconciliazione.
Perché Gesù è morto per ogni uomo, nessuno escluso. E se è morto per la salvezza anche dei suoi nemici, tanto più lo è anche per i miei. Sotto la Croce, il mio nemico diventa un fratello di sangue: quello del Cristo che gocciola sul suo capo come sul mio.

Ma Gesù, con la sua Resurrezione, mi ricorda anche che l'amore è più forte dell'odio. E quindi non devo mai rassegnarmi, non devo accettare i bisticci senza fine, il gioco delle ripicche.
La volontà di riconciliazione è già opera di pace. Quando non accetto come ineluttabile la separazione sto già camminando verso un fratello.


(Lv 19,1-2.17-18; Sal 102; 1Cor 3,16-23; Mt 5,38-48)


09 febbraio 2023

Al di sopra di tutto, l'Amore - 12/2/2023 - VI Domenica Tempo Ordinario

Decalogo
Santuario Divina Misericordia (Częstochowa - Polonia)
(mosaico - Centro Aletti)



A prima vista, con questa raffica di «ma io vi dico ...» sembra che Gesù voglia quasi rendere più difficile il bersaglio, spostarlo più lontano.
In realtà però lo sta cambiando. Ci sta mettendo in guardia: fate attenzione che state mirando dalla parte sbagliata: il bersaglio , la meta è un'altra!

Gesù porta a compimento la Legge, non perché aggiunge codicilli, o modifica articoli. La realizza pienamente perché la porta al suo giusto posto: la Legge è il dito che indica la luna, non è la luna!
La luna, il fine della nostra vita, è la gioia di scioglierci nell'abbraccio amoroso di Dio.
«Mi indicherai il sentiero della vita, / gioia piena alla tua presenza, / dolcezza senza fine alla tua destra.» (Sal 16, 11) È questa la meta finale: la piena gioia e una dolcezza infinita.

La Legge ci è data perché, un passo alla volta, possiamo aprirci a vivere l'amore di Dio fino in fondo. Man mano che progrediamo nel sentiero dell'amore, scopriamo che non è la fedeltà alla Legge che fa di noi dei giusti, che ci sono delle situazioni in cui Legge e giustizia non sono due gemelle, ma due lontane parenti che non si parlano da secoli.
La Legge ci dovrebbe aiutare a non disprezzare nessun essere umano, a non considerare niente e nessuno come mezzo per il soddisfacimento dei propri interessi, o degli interessi esclusivi della famiglia, del partito, della nazione.
La Legge dovrebbe aiutarci a capire che non è una questione di regole, ma è soprattutto una questione di cuore.

Finché rispettiamo l'esteriorità delle regole, noi ci limitiamo a sopravvivere. Ma Gesù ci chiama alla vita piena, ci chiama ad entrare nell'abbraccio trinitario con la stessa sua dignità.

Dio ci ha fatto un grande dono: la vita. E ci ha anche dato un foglietto che le istruzioni principali: la Legge. Non fermiamoci alle istruzioni.
Dio vuole che usciamo a giocare assieme a Lui (dimenticandoci in tasca il foglietto delle regole base)


(Sir 15,16-21; Sal 118; 1Cor 2,6-10; Mt 5,17-37)


02 febbraio 2023

Il Sale e la Luce - 5/2/2023 - V Domenica Tempo Ordinario




Il Vangelo di oggi parla di «sale» e di «luce». Cose normali, che però hanno una caratteristica in comune: generalmente ci fai caso quando mancano o quando sono troppo 'forti'.

Il sale dà gusto al cibo, ma viene anche usato per 'conservare' gli alimenti. È così importante che una volta veniva usato per pagare i soldati e i dipendenti (è proprio da questo che deriva il temine 'salario', cioè la retribuzione data al lavoratore).
Se però in una pietanza mettiamo troppo sale, questa diventa immangiabile, ma anche se ne mettiamo troppo poco il cibo non è buono. La quantità giusta di sale è quella che non avvertiamo.
Quando Gesù dice che dobbiamo essere il sale della terra, ci dice che dobbiamo dare 'sapore' al mondo, ma il mondo deve sentire il 'sapore del creato', non il sapore del sale.
Dobbiamo riuscire ad essere la giusta quantità di sale.
Ma come fare per esserlo? Innanzi tutto lasciarci guidare dallo Spirito Santo.
Però da un punto di vista concreto possiamo partire dalla lingua ebraica. In ebraico il sale si dice "melach" che si scrive con le tre consonanti mem-lamed-chet (in ebraico non si scrivono le vocali). Ma queste tre consonanti, solo in ordine diverso, sono le stesse della parola 'pane' (lechem). E queste tre lettere sono anche le stesse della parola 'sogno': chalom.
Gesto tipico dell'accoglienza nella cultura semitica è l'invito a pranzo in cui il padrone di casa intinge un pezzo di pane nel sale e lo offre all'ospite. L'accoglienza, la condivisione possono essere il modo di essere sale nel mondo, sono un modo di trasmettere al mondo una scintilla si speranza, di dare il sapore del sogno, del paradiso, alle giornate e alle persone.

Chi si diletta di fotografia ha ben presente l'importanza della luce. Già la parola 'fotografia', cioè 'scrivere con la luce', lo dice. Una luce sbagliata può rovinare completamente una foto, come una giusta illuminazione può renderla stupenda.
D'altra parte quando abbiamo il sole negli occhi non vediamo niente. Troppa luce ci fa male agli occhi.
Anche qui, come per il sale, si tratta di avere la giusta quantità di luce.
Ma c'è anche un'altra cosa da ricordare. Come in fotografia la luce serve ad esaltare, presentare al meglio il soggetto della fotografia, ma non è essa il soggetto, così la nostra luce deve servire a esaltare, presentare al meglio Dio e la sua opera. Non siamo noi il soggetto da illuminare; più che stare davanti ai riflettori dovremmo starci dietro per poter illuminare al nostro meglio.
Parafrasando santa Madre Teresa di Calcutta, direi che noi siamo candele nelle mani del Signore. Cerchiamo di essere accese!


(Is 58,7-10; Sal 111; 1Cor 2,1-5; Mt 5,13-16)