25 novembre 2021

Il paradosso dell'Avvento - 28/11/2021 - I Domenica di Avvento

 

Angelo della Gloria di Dio (mosaico - p. I. Rupnik s.j.)
San Giovanni Rotondo

Tutti noi consideriamo l'Avvento come il tempo dell'attesa, ma forse dovremmo aprirci a cercare di viverlo anche come il tempo del 'desiderio': il Messia è venuto sulla terra dopo esserci fatto desiderare per secoli. Dal semplice prepararci alla venuta del Signore dovremmo passare al desiderare questa venuta.
Ma in questa attesa, in questo desiderio, c'è un paradosso: ci prepariamo ad accogliere "Colui che deve venire" ma che storicamente è già venuto secoli fa.
C'è un senso in questo apparente paradosso. È l'indicazione che dobbiamo ancora comprendere pienamente quanto accaduto, dobbiamo imparare a viverlo. Colui che è venuto secoli fa attende ancora di essere accolto da noi, aspetta che gli facciamo spazio nella nostra vita, ha sete della nostra attenzione.
Gesù è già nato, ma siamo noi che facciamo fatica ad aprirci a questa realtà. È il 'cristiano' che si fa aspettare, che fatica a venire alla luce. È il cristiano che è in me, che deve ancora nascere.

Ma l'Avvento non è un'attesa proiettata ad un futuro vicino, si apre anche al futuro ultimo, ha una prospettiva rivolta verso il giudizio universale. E come ci dice l'evangelista Luca nel Vangelo di oggi, questa attesa non deve essere all'insegna della paura, ma della speranza: «risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina». Attendere il giudizio finale deve avere la stessa gioiosa speranza che ha l'attesa di Gesù Bambino!

Queste due figure, il Bambino a Betlemme e il Giudice del Giorno Ultimo sono la stessa Persona. È lo stesso Bambino di Betlemme che sarà il giudice della storia.
Ma soprattutto dobbiamo renderci conto che il giudizio finale avviene ogni giorno. Il giudizio è già oggi.
E il primo giudizio ci è dato anche dal bambino che è in noi, quello che crescendo abbiamo un po' tradito. Crescendo abbiamo tradito i nostri sogni da bambino, ci siamo piegati ad un mucchio di compromessi. Abbiamo sporcato e sprecato molte cose belle della nostra infanzia.
Il bambino ci rimprovera di averlo perso di vista, di essere andati non dove ci portava il cuore, ma dietro l'interesse spicciolo e la comodità.
Il bambino che è in noi, in fondo, ci rimprovera di non esserci fidati fino in fondo del Bambino di Betlemme.


(Ger 33,14-16; Sal 24; 1Ts 3,12-4,2; Lc 21,25-28.34-36)


18 novembre 2021

Il mio Regno non è di questo mondo - 21/11/2021 - Nostro Signore Gesù Cristo Re dell'Universo (XXXIV Domenica tempo ordinario)

 

Cristo Pantocrator (mosaico - p. I. Rupnik s.j.)
Santuario Cristo Re, Zouq, Zouk Mosbeh, Libano

«Il mio regno non è di questo mondo»

È vero!
Non è di questo mondo un regno che si basa sull'amore e non sulla forza, sulla debolezza e non sulla potenza.
Non è di questo mondo un regno dove vengono capovolti tutti i nostri criteri di grandezza.
Non è di questo mondo un regno basato sulla piccolezza, che cresce in maniera nascosta, i cui successi sono misurati da quanto hai piegato la schiena per servire.
Non è di questo mondo un regno il cui re si fa incoronare vestito solo dei nostri sputi, che invece di essere osannato prende frustate e schiaffi, che invece di schiacciare chi lo uccide lo perdona.
Non è di questo mondo un regno in cui gli ultimi saranno i primi, i cui sono beati i poveri, gli affamati, i miti, i perseguitati.
Non è di questo mondo un regno in cui i peccatori e le prostitute avranno la precedenza.

Molto strano anche questo re. Lui non se ne sta nella sua reggia ad esigere il nostro rispetto, la nostra adorazione, il nostro timore, il rispetto dell'etichetta e della distanza.
Gesù ci mostra un re diverso, perché diverso è il Dio che Lui ci rivela. Gesù ci testimonia un Dio che sta in mezzo a noi, che cammina con noi, che possiamo confondere con un uomo o una donna qualsiasi, che possiamo scambiare con chiunque altro.
Un Dio che entra in casa di Zaccheo, che si schiera dalla parte di un'adultera, che gradisce il profumo offertogli da una prostituta, che organizza una festa per un mascalzone che ha dilapidato i soldi del padre.

Ed entrare in questo regno non è questione di merito o fedeltà a dei riti, è questione di amore, è questione di ascolto e di verità:
«Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».


(Dn 7,13-14; Sal 92; Ap 1,5-8; Gv 18,33-37)


11 novembre 2021

Vivere l'attesa - 14/11/2021 - XXXIII Domenica tempo ordinario

 

La Gerusalemme celeste (mosaico - p. I. Rupnik s.j.)

Brano difficile quello di oggi, anche perché usa due linguaggi, quello escatologico e quello apocalittico, che ci sono estranei.
Ma il messaggio centrale di Marco va oltre a queste visioni. L'insistente esortazione alla vigilanza, cioè ad un impegno nella storia, dà l'impressione che l'evangelista ci parli del futuro per ricondurci all'oggi, che cerchi di concentrare la nostra attenzione al presente.

Il nucleo centrale su cui ruota il discorso di Gesù è la venuta del Figlio dell'uomo. Ma tutta l'attenzione è rivolta alla comunione definitiva degli eletti con il Signore. Tutta la luce è concentrata sulla 'grande famiglia di Dio'.
Nel momento in cui il Figlio dell'uomo sta per essere catturato, viene sottolineato il suo trionfo. È il ribaltamento totale delle parti.
Ma il cardine su cui ruota questo rovesciamento è la Croce. La strada che ha portato Gesù alla croce è quella dell'amore, e Lui continuerà a parcorrerla anche quando sarà trionfante. Se una volta assiso sul trono iniziasse la via della potenza darebbe ragione a chi dice che l'amore è inutile, che solo la potenza è efficace.
Invece "il trionfo del Crocifisso dimostra che solo l'amore è potente, vittorioso" (Bruno Maggioni).

Se il cuore del discorso è la venuta, Gesù ci ricorda che il problema non è il 'quando' avverrà, ma il farsi trovare pronti. Più che preoccuparci del 'come' Lui tornerà, dovremmo pensare a come vivere l'attesa. Ci sono numerosi segni, ma sono un po' vaghi, imprecisati, e possono essere confusi nelle varie vicende storiche. Noi siamo chiamati a coglierli, ad interpretarli alla luce di Gesù e del suo Vangelo.
Ma anche gli stessi fenomeni naturali ci possono insegnare qualcosa. Per il credente tutto può essere segno, annuncio, orma di Colui che è alle porte.
Il credente sa che ogni istante è il 'tempo favorevole', il tempo in cui deve prendere una decisione, dare una risposta. È nel presente che anticipiamo il nostro futuro.


(Dn 12,1-3; Sal 15; Eb 10,11-14.18; Mc 13,24-32)


04 novembre 2021

A scuola da una povera vedova - 7/11/2021 - XXXII Domenica tempo ordinario

Obolo della vedova - Sant'Apollinare nuovo (Ravenna)
 

La scena di questo brano del Vangelo avviene alla sera di un giorno che per Gesù è stato abbastanza pesante, pieno di dibattiti e dispute teologiche (le obiezioni sulla sua autorità, i tranelli dei farisei sui tributi a Cesare, le discussioni con i sadducei sulla resurrezione, e infine il dialogo con lo scriba sul comandamento più grande).

Una prima cosa mi colpisce: con gli uomini, grandi discussioni teologiche alla ricerca di una verità astratta, con questa donna nessuna parola, solo un piccolo gesto concreto. Ma un gesto che vale più di mille discorsi.
Mi viene in mente quel fico che non dava frutti. Gesù per tutto il giorno ha zappato, concimato il terreno attorno al fico. Alla sera si siede all'ombra del fico, ma il frutto viene da un'altra parte. Non dai dotti maschi, non dai sacerdoti né dai farisei, ma da una semplice donna, un'umile vedova indigente.

È significativo che con questo episodio termina l'insegnamento di Gesù al tempio. "Il luogo di incontro con Dio non passa attraverso il potere cultuale o istituzionale, ma attraverso il cuore povero, cioè totalmente aperto e disponibile a Dio" (Rinaldo Fabris).

Tanti hanno "gettato molto", ma la povera vedova ha dato "più di tutti". Gesù non guarda la quantità, guarda il valore. Chi ha dato molto in realtà ha dato ciò che per lui era in avanzo, ciò che aveva in abbondanza. Lei ha dato ciò che le mancava.
A dare ciò che si ha in più sono capaci tutti. Dare ciò che si ha in meno, ciò che non si ha, è una delle caratteristiche di quei «piccoli» che Gesù predilige.

Dopo una giornata di controversie teologiche, Gesù non conclude con una dichiarazione dottrinale. Lui lascia la parola ad una vedova. E lei si spiega con un gesto. Con tanti dotti lì attorno Gesù ci mette a lezione da questa povera analfabeta.
Sta a noi imparare la lezione.


(1Re 17,10-16; Sal 145; Eb 9,24-28; Mc 12,38-44)