Nel giugno del 2007, un pomeriggio sedevo ai margini della vasta spianata a sud della Chiesa della Riconciliazione a Taizé.
Guardavo un gruppo di alberi con i rami mossi da un lieve vento.
Nel cielo azzurro passavano gruppi di rondini stridenti. Più in basso dei passeri e delle cinciallegre svolazzavano avanti e indietro. Una coppia di tortore andò dal tetto della chiesa a quello di un tendone. Una gazza proveniente dalle mie spalle si appolaiò su di un albero di fronte. E intanto in alto nel cielo, un po' più a nord, volteggiava un rapace (un falco o una poiana).
Ogni uccello aveva un suo modo di volare. Da quello lento e in un certo modo maestoso del rapace a quello rapido e a scatti dei passeri. Da quello rapido e fluente delle rondini a quello sgraziato e rumoroso delle tortore.
Ammiravo tutta questa diversità, questi modi diversi di fare una medesima cosa: volare.
E intanto guardavo anche i giovani che passavano. Anche qui quanta diversità! Diversità di razze, ma anche di vestire, di comportarsi, di parlare (non solo di lingua, ma anche di tono, di volume) di esprimere sé stessi col linguaggio corporeo dei gesti, delle espressioni del viso e delle pose del corpo.
E allora mi è venuto spontaneo di pensare che ognuno di noi ha un suo modo di volare. Il volo della vita, del nostro essere uomini, del nostro essere credenti, è qualcosa di unico e personale. Ognuno di noi è stato creato da Dio per volare in un determinato modo. E allora non esiste un modo "giusto" per volare. L'importante non è come voliamo, l'importante è che voliamo.