28 ottobre 2021

Il primo comandamento sono due - 31/10/2021 - XXXI Domenica tempo ordinario

La colomba dello Spirito Santo (particolare mosaico di p. Rupnik s.j.)

Lo scriba chiede qual è il primo comandamento e Gesù gliene cita anche un secondo, che però collega direttamente al primo. In questo modo vuole indicare che formano un tutt'uno, che sono sullo stesso piano. Il primo di tutti i comandamenti, che è dato dall'unione di questi due, quindi è il comandamento dell'amore. Amore verso Dio, verso gli altri e verso sé stessi.

Bisogna fare attenzione alla prima citazione di Gesù, che è tratta dall'ultimo discorso di Mosè fatto quando ormai il viaggio nel deserto dopo la fuga dall'Egitto sta finendo (Dt 6,4). Tutto dipende da Dio, tutto viene da Lui, ma non è un Dio che pretende e impone, bensì un Dio che chiede solo amore e che, proprio per renderci capaci di amore, ci libera e non cessa mai di amarci. Un Dio che sogna di essere amato in tutte le circostanze della nostra esistenza, con la stessa fedeltà e intensità con cui Lui ci ama. Ad un amore totale, pieno, completo non si può rispondere che con un amore totale, pieno e completo.

Un amore completo chiede anche l'amore verso sé stessi. Cosa che è molto diversa dall'essere egoisti. Un sano amore verso sé stessi è alla base del vero amore verso gli altri. Riuscire ad accettare sé stessi è il primo passo per riuscire ad amare e ad accettare gli altri.

Ma per poter vivere questo comandamento in modo profondo e liberante si presuppone un fatto senza il quale sarebbe incomprensibile e impossibile: l'amore di Dio verso di noi. È questo il fatto che deve stare alla base del nostro amore, che deve esserne il fondamento.
L'amore umano nasce dall'amore di Dio, è libera ed ardente risposta all'amore divino. Riusciamo ad amare realmente solo scoprendoci amati; e amati fino in fondo, senza nessun limite.


(Dt 6,2-6; Sal 17; Eb 7,23-28; Mc 12,28-34)


21 ottobre 2021

Gettare il mantello delle abitudini - 24/10/2021 - XXX Domenica tempo ordinario

 

Questo brano del Vangelo mi ricorda certi affreschi che ti colpiscono subito per la loro bellezza, ma in cui poi, guardandoli con attenzione, scopri tanti piccoli particolari apparentemente trascurabili, ma che invece ne arricchiscono la bellezza ed il significato.

Uno di questi particolari è il mantello gettato via. Viene in mente il paragone col ricco di due domeniche fa. Per il mendicante Bartimèo era molto probabilmente l'unica cosa posseduta. Ma quando Gesù lo chiama, lui lo getta via. Il ricco non lascia niente, il povero getta tutto ciò che ha.
Ma quel mantello rappresenta anche lo spazio in cui l'hanno sistemato, relegato: tu sei cieco e allora stattene lì, ma non intralciare troppo, occupa solo lo spazio di un mantello. Che assolutamente non ti venga in mente di 'allargarti' e intralciare i nostri affari, i nostri passi.
Ma Gesù lo chiama, e allora balza in piedi e irrompe al centro della strada. Rompe lo sbarramento della folla, i cordoni delle abitudini, rifiuta la parte impostagli. Tutto per aprirsi un varco verso Gesù. La Grazia è anche questo: uscire dai nostri piccoli orizzonti per spingersi verso il centro, verso la verità di noi stessi, verso colui che ti chiama.

Un altro particolare sono le grida. Bartimèo, all'arrivo di Gesù, ha ritrovato la voce, ha imparato a gridare.
Quando un bambino nasce, annuncia il suo arrivo mettendosi ad urlare. Gesù a Nicodemo aveva detto che per vedere il regno di Dio bisognava «nascere dall'alto» (Gv. 3, 1-3). E Bartimèo è la realizzazione di questa 'nascita dall'alto'. La rinascita di Bartimèo è iniziata quando ha iniziato a gridare, quando ha riconosciuto il Messia e ha ammesso la sua 'piccolezza', il suo bisogno della misericordia di Dio.

E Gesù ama le persone come Bartimèo. Alla folla che lo seguiva non dice nient'altro che una parola: «chiamatelo». Ma a Bartimèo domanda che cosa può fare per lui. Di fronte ai piccoli, ai bisognosi, realmente Dio si fa servitore. E lo fa fino in fondo.


(Ger 31,7-9; Sal 125; Eb 5,1-6; Mc 10,46-52)


14 ottobre 2021

Il più delle volte in realtà non sappiamo quello che realmente stiamo chiedendo - 17/10/2021 - XXIX Domenica tempo ordinario

 

Andrea Mantegna - La Crocifissione

«Voi non sapete quello che chiedete»
Giacomo e Giovanni, insieme a Pietro, sono i discepoli più vicini a Gesù, sempre presenti nei momenti più importanti. Eppure anche loro 'non sanno cosa stanno domandando'.
Teniamolo presente nella nostra preghiera: il più delle volte la nostra preghiera è proprio un cercare di piegare Dio ai nostri desideri, alla nostra volontà. Ci risulta molto difficile fare nostre le parole che l'autore delle Cronache di Narnia, lo scrittore C.S. Lewis, disse di fronte alla malattia dell'amata moglie: "non prego per piegare Dio alla mia volontà, ma prego perché mi aiuti ad accettare la Sua volontà".
Dobbiamo ricordarci che praticamente sempre, nella nostra preghiera, non sappiamo quello che stiamo chiedendo. Dobbiamo imparare a fidarci di Dio, ad essere certi del suo amore.

«Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti»
Gesù espone il progetto della comunità cristiana. Di fronte allo spettacolo di chi dà la scalata al potere, al successo, i discepoli devono capire che loro hanno l'obbligo di fare proprio l'opposto. Quel presente «non è così» non è un augurio o un comando. È la costituzione stessa della comunità cristiana: ciascuno è il servitore di tutti!

Ancora alcune considerazioni:

- Con la sua Passione e morte, Gesù conquista l'ultimo posto, cioè raggiunge la massima grandezza nel servizio, e ne fa dono alla sua Chiesa. Perciò da questo momento il fondamento della Chiesa non può che essere un'immagine capovolta del potere. Ma non deve essere sentito come comando, bensì vissuto come dono.

- Gesù presenta una 'comunità senza potere', non una 'comunità senza autorità'. Solo che la caratteristica dell'autorità non è la possibilità del comando, ma la realtà del servizio.

- È importante notare che gli annunci della Passione finiscano col verbo 'servire'. Questo ci dice che "la strada della croce non è soffrire, ma è prima di tutto servire" (Jean Delorme)


(Is 53,10-11; Sal 32; Eb 4,14-16; Mc 10,35-45)


07 ottobre 2021

Siamo tutti dei salvati - 10/10/2021 - XXVIII Domenica tempo ordinario

 

Icona del 'giovane ricco'

Due cose mi colpiscono in questo brano.

La prima è la differenza tra la domanda di questo tale e quella dei discepoli: «che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» dice lui, e «chi può essere salvato?» dicono loro.
Per questo tale il paradiso è un diritto che si acquisisce se si fa qualcosa. Col Signore si instaura un rapporto commerciale, un dare-avere per cui alla fine Lui è obbligato a darmi il paradiso. È il tentativo di diventare 'padroni' di Dio, di far si che lui si pieghi alla nostra volontà.
Invece i discepoli hanno capito che non siamo noi che 'ci salviamo', ma siamo tutti, ma proprio tutti, dei salvati. Non è la nostra più o meno grande bontà o onestà che ci salva, ma solo l'immenso amore di Dio è causa della nostra salvezza.
La salvezza non è la ricompensa che Dio ci elargisce alla fine della nostra vita, ma il dono che fa gratuitamente ogni giorno a tutti.

La seconda cosa è la frase di Gesù: «va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, [...] e vieni! Seguimi!»
Troppe volte interpretiamo 'quello che hai' con i soldi, la ricchezza materiale. In fondo rinunciare a un po' di soldi è abbastanza indolore. Forse affrontare il cammino della vita con qualche peso in meno potrebbe anche essere più facile.
Ma il Signore chiede qualcosa di più, e risulta chiaro dalla risposta che da a Pietro. Non si tratta di continuare sulla stessa strada con un bagaglio più o meno differente. Si tratta di cambiare strada. Si tratta di lasciare anche tante nostre idee su cosa sia importante e cosa lo sia di meno, sul fatto che la sicurezza non viene dai beni che possediamo, ma da ciò che non abbiamo perché lo abbiamo donato. E Dio ci assicura che la ricompensa non dobbiamo aspettarla un domani, ma l'abbiamo già oggi. Dio non firma dei pagherò, lui paga in contanti e pronta cassa.

Ma la cosa più difficile a cui dobbiamo rinunciare è, spesso, la nostra idea di Dio. Un Dio monarca che sta a misurare col bilancino le nostre azioni è molto più rassicurante di un Dio che cammina per la strada in mezzo a noi e vede i nostri cuori, conosce le nostre intenzioni. Col primo è facile sentirsi a posto: basta che io faccia un tot di buone azioni e Lui 'deve' ricompensarmi. Col secondo, con la sua unica richiesta 'ama!', non si è mai sicuri di aver fatto abbastanza. Si dipende in tutto e per tutto dal suo amore, si tratta solo di avere fiducia in Lui.

Gesù, in fondo, a questo tale, a cui non sapendo il nome possiamo tranquillamente dargli il nostro, chiede di passare dal professare una religione al vivere una fede.


(Sap 7,7-11; Sal 89; Eb 4,12-13; Mc 10,17-30)