Ogni uccello ha il suo modo di volare.
Ogni persona ha il suo modo di incarnare il Cristo.
25 dicembre 2013
Buon Natale
Che nella vostra vita, ogni notte, e specialmente quelle interiori, possa diventare come una notte di Natale: una notte illuminata da un gesto d'amore e da un annuncio di pace.
22 dicembre 2013
Quarta dom. Avvento 2013
Rimaniamo sull'intervista di papa Francesco a Civiltà Cattolica. Ad un certo punto lui dice: "Dio è sempre una sorpresa".
Noi vorremmo sempre tutto chiaro e sicuro, tutto o bianco o nero. Di qua il giusto, il bene, la verità; e di là l’errore, il male, la falsità. E così oltre a incatenare le persone, finiamo per voler dire a Dio cosa deve fare. E invece di essere noi a cercare di seguire Dio, di mettersi dalla sua parte, finiamo per proclamare che Dio è dalla nostra parte, che "Dio è con noi". E dimentichiamo che nella storia i delitti più efferati sono stati fatti proprio sotto la bandiera di “Dio è con noi”!
Se Dio non mi spiazza, non rovescia il mio modo di pensare, di agire, se non mi smentisce soprattutto su quello che penso di Lui, allora significa che non lo sto seguendo; che al posto del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, del Padre di Gesù, io ho messo un idolo costruito da me.
Sono certo di adorare il vero Dio quando sono più le volte in cui mi da torto di quelle in cui mi da ragione, sono più le volte in cui è in disaccordo di quelle in cui è d’accordo con me. Però nonostante tutta la mia incapacità, tutti i guai e le stupidaggini che combino, non smette di amarmi, non smette di incoraggiarmi, non smette di aver fiducia in me.
E mi fa la sorpresa più grande: invece di rinchiudersi in cielo, scende qui sulla terra, si fa uomo, si fa neonato, si fa mio fratello. Non c’è sorpresa più grande di un Dio che fa tutto questo, di un Dio che si lascia anche ammazzare da me.
Che il Natale che viene possa essere la riscoperta della sorpresa di Dio, che possa aprire il nostro cuore alla meraviglia. Quella meraviglia che ci porta ad incontrare Dio nelle piccole cose della vita, che ci porta a gioire perché anche oggi è sorto il sole, a gioire perché anche oggi una persona ci ha sorriso o è stata gentile con noi, a gioire perché anche oggi possiamo donare qualcosa agli altri. E allora dal nostro cuore sgorga un "Grazie Signore, grazie di tutto!"
Noi vorremmo sempre tutto chiaro e sicuro, tutto o bianco o nero. Di qua il giusto, il bene, la verità; e di là l’errore, il male, la falsità. E così oltre a incatenare le persone, finiamo per voler dire a Dio cosa deve fare. E invece di essere noi a cercare di seguire Dio, di mettersi dalla sua parte, finiamo per proclamare che Dio è dalla nostra parte, che "Dio è con noi". E dimentichiamo che nella storia i delitti più efferati sono stati fatti proprio sotto la bandiera di “Dio è con noi”!
Se Dio non mi spiazza, non rovescia il mio modo di pensare, di agire, se non mi smentisce soprattutto su quello che penso di Lui, allora significa che non lo sto seguendo; che al posto del Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe, del Padre di Gesù, io ho messo un idolo costruito da me.
Sono certo di adorare il vero Dio quando sono più le volte in cui mi da torto di quelle in cui mi da ragione, sono più le volte in cui è in disaccordo di quelle in cui è d’accordo con me. Però nonostante tutta la mia incapacità, tutti i guai e le stupidaggini che combino, non smette di amarmi, non smette di incoraggiarmi, non smette di aver fiducia in me.
E mi fa la sorpresa più grande: invece di rinchiudersi in cielo, scende qui sulla terra, si fa uomo, si fa neonato, si fa mio fratello. Non c’è sorpresa più grande di un Dio che fa tutto questo, di un Dio che si lascia anche ammazzare da me.
Che il Natale che viene possa essere la riscoperta della sorpresa di Dio, che possa aprire il nostro cuore alla meraviglia. Quella meraviglia che ci porta ad incontrare Dio nelle piccole cose della vita, che ci porta a gioire perché anche oggi è sorto il sole, a gioire perché anche oggi una persona ci ha sorriso o è stata gentile con noi, a gioire perché anche oggi possiamo donare qualcosa agli altri. E allora dal nostro cuore sgorga un "Grazie Signore, grazie di tutto!"
08 dicembre 2013
2 dom. Avvento 2013 - Immacolata
Sempre in quell'intervista di cui parlavo la volta scorsa, papa Francesco dice: “Io vedo la santità nel popolo di Dio paziente: una donna che fa crescere i figli, un uomo che lavora per portare a casa il pane, gli ammalati. La santità io la associo spesso alla pazienza: non solo la pazienza come farsi carico degli avvenimenti e delle circostanze della vita, ma anche come costanza nell'andare avanti, giorno per giorno. Questa è la santità della Chiesa”.
Inconsciamente tutti noi associamo la santità a miracoli appariscenti, a visioni, apparizioni, a tutta una serie più o meno grande di ‘effetti speciali’. Ma così finiamo per dimenticarci che la vera santità è quella di Dio, un dio che si fa bambino, che si dona a noi nella quotidianità e nella piccolezza di un boccone di pane e di un sorso di vino, di un incontro, di un sorriso, di una carezza.
Ma soprattutto ci allontaniamo dalla nostra di santità: “siccome non riusciamo a fare miracoli non siamo santi”. È spesso questo il ragionamento, sbagliato, che facciamo.
La santità dei piccoli gesti quotidiani! Di tutti quei gesti che facciamo ogni giorno, che magari a volte ci pesano, che ormai spesse volte facciamo senza neanche pensarci su, in maniera automatica! Eppure quei gesti, quelle azioni così banali, possono essere occasioni di incontro con Gesù, sono la via della nostra santità.
Ma un’altra cosa difficilmente associamo alla santità: la pazienza. Viviamo in una società per cui la pazienza non è una virtù, ma una cosa superata, da perdenti. Vogliamo tutto e lo vogliamo subito. Dimentichiamo che l’uomo, la natura, l’universo hanno i propri tempi. Ma soprattutto Dio ha i suoi tempi. E dimentichiamo che nella Bibbia, a partire da Adamo ed Eva, la mancanza di pazienza ha portato sempre a peccare, ad uscire dalla relazione con Dio per affidarsi a un qualche idolo, come nell'episodio del vitello d’oro nel corso dell’Esodo (Es. 32,1).
Ma c’è una persona che non ha mai dimenticato tutto questo: Maria. La donna della pazienza che ha fatto crescere il proprio figlio Gesù nella quotidianità di Nazareth, pazientemente, giorno per giorno, affidandosi ai tempi di Dio e meditando tutto nel proprio cuore.
Inconsciamente tutti noi associamo la santità a miracoli appariscenti, a visioni, apparizioni, a tutta una serie più o meno grande di ‘effetti speciali’. Ma così finiamo per dimenticarci che la vera santità è quella di Dio, un dio che si fa bambino, che si dona a noi nella quotidianità e nella piccolezza di un boccone di pane e di un sorso di vino, di un incontro, di un sorriso, di una carezza.
Ma soprattutto ci allontaniamo dalla nostra di santità: “siccome non riusciamo a fare miracoli non siamo santi”. È spesso questo il ragionamento, sbagliato, che facciamo.
La santità dei piccoli gesti quotidiani! Di tutti quei gesti che facciamo ogni giorno, che magari a volte ci pesano, che ormai spesse volte facciamo senza neanche pensarci su, in maniera automatica! Eppure quei gesti, quelle azioni così banali, possono essere occasioni di incontro con Gesù, sono la via della nostra santità.
Ma un’altra cosa difficilmente associamo alla santità: la pazienza. Viviamo in una società per cui la pazienza non è una virtù, ma una cosa superata, da perdenti. Vogliamo tutto e lo vogliamo subito. Dimentichiamo che l’uomo, la natura, l’universo hanno i propri tempi. Ma soprattutto Dio ha i suoi tempi. E dimentichiamo che nella Bibbia, a partire da Adamo ed Eva, la mancanza di pazienza ha portato sempre a peccare, ad uscire dalla relazione con Dio per affidarsi a un qualche idolo, come nell'episodio del vitello d’oro nel corso dell’Esodo (Es. 32,1).
Ma c’è una persona che non ha mai dimenticato tutto questo: Maria. La donna della pazienza che ha fatto crescere il proprio figlio Gesù nella quotidianità di Nazareth, pazientemente, giorno per giorno, affidandosi ai tempi di Dio e meditando tutto nel proprio cuore.
01 dicembre 2013
Prima dom. Avvento 2013
In una recente e famosa intervista, papa Francesco dice di sé: “Sono un peccatore al quale il Signore ha guardato... Io sono uno che è guardato dal Signore”.
Lo sguardo di un altro su di sé è il primo segno che io per l’altro esisto, ci sono e sono degno di attenzione. Però c’è sguardo e sguardo. Si può guardare un’altra persona con freddezza, con rimprovero, con astio quando non con odio. Ma si può guardare con misericordia, con amore.
Ed è proprio questo sguardo, misericordioso e amorevole, che il Papa ha sentito su di sé. Ed è proprio con questo sguardo che Dio guarda ogni essere umano.
Essere guardati con amore! Cogliere negli occhi che ti guardano amore, solo amore, nient’altro che amore!
Sapersi guardati così, sentirsi guardati così, ti fa sentire capace di qualsiasi cosa, ti fa sentire la persona più importante del mondo, ti fa sentire così bene come non ti sei mai sentito in vita tua. I tuoi errori, i tuoi limiti, le tue mancanze non esistono più: esiste solo l’amore con cui sei amato. Perché la realtà è questa: sei amato e sei degno d’amore.
La coscienza di questo però non si deve esaurire in un sentirsi bene, ma deve essere pungolo a porci una domanda: “e io come guardo il mondo?”
Il mio sguardo sul mondo, sugli uomini, sulle persone che incontro ogni giorno, è uno sguardo di giudizio e di condanna? oppure è uno sguardo misericordioso, pieno d’amore e di accoglienza?
È qui che si misura la mia adesione a Cristo, il mio cercare di seguire Colui che non è “venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12, 47)
Lo sguardo di un altro su di sé è il primo segno che io per l’altro esisto, ci sono e sono degno di attenzione. Però c’è sguardo e sguardo. Si può guardare un’altra persona con freddezza, con rimprovero, con astio quando non con odio. Ma si può guardare con misericordia, con amore.
Ed è proprio questo sguardo, misericordioso e amorevole, che il Papa ha sentito su di sé. Ed è proprio con questo sguardo che Dio guarda ogni essere umano.
Essere guardati con amore! Cogliere negli occhi che ti guardano amore, solo amore, nient’altro che amore!
Sapersi guardati così, sentirsi guardati così, ti fa sentire capace di qualsiasi cosa, ti fa sentire la persona più importante del mondo, ti fa sentire così bene come non ti sei mai sentito in vita tua. I tuoi errori, i tuoi limiti, le tue mancanze non esistono più: esiste solo l’amore con cui sei amato. Perché la realtà è questa: sei amato e sei degno d’amore.
La coscienza di questo però non si deve esaurire in un sentirsi bene, ma deve essere pungolo a porci una domanda: “e io come guardo il mondo?”
Il mio sguardo sul mondo, sugli uomini, sulle persone che incontro ogni giorno, è uno sguardo di giudizio e di condanna? oppure è uno sguardo misericordioso, pieno d’amore e di accoglienza?
È qui che si misura la mia adesione a Cristo, il mio cercare di seguire Colui che non è “venuto per condannare il mondo, ma per salvare il mondo” (Gv 12, 47)
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