18 settembre 2007

Santità

“La cosa più assurda che io possa fare è turbarmi perché sono debole, distratto, cieco e commetto continui errori. E che altro mi aspetto? Forse che Dio mi ama di meno perché non riesco a farmi santo con le mie forze e come vorrei? Mi ama di più perché sono così maldestro e impotente senza di Lui; sotto quello che io sono ora, Egli vede come sarò un giorno per Suo puro dono, e questo Gli è gradito; per questo anch’io sono contento, e mi consacro al Suo grande amore, che è la mia gioia”
(Thomas Merton, Il segno di Giona, pag. 116)

Una delle più grandi e sottili tentazioni è quella di pensare di salvarsi con le proprie forze, ma soprattutto di decidere noi cosa sia “essere santi”, cosa e come bisogna fare per “essere santi”.
Non è sbagliato voler essere santi, quello che è sbagliato è decidere noi stessi quale deve essere la nostra strada per la santità. In fondo questa non è altro che la vecchia tentazione dell’Eden: voler decidere noi qual è la nostra salvezza, dov’è la nostra felicità.
E questo deriva dal fatto che non ci fidiamo veramente di Dio.
Tante volte pensiamo di saperne di più noi.
E vogliamo insegnargli il suo mestiere.

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