25 aprile 2024

Dio ha bisogno che noi fioriamo - 28/4/2024 - V Domenica di Pasqua

frutto della vite
(foto J.C.)



Cristo la vite ed io il tralcio: io e lui la stessa cosa. Dio ed io siamo la stessa pianta, abbiamo la stessa vita, la stessa radice, una sola linfa. Come il figlio e la madre. Indipendentemente da ciò che faccio o non faccio, dai miei meriti, dalle mie virtù, dai miei difetti, dai miei sbagli.

«Voi siete già puri, a causa della parola che vi ho annunciato». Siamo purificati solo per il suo intervento, per la sua parola. Il Vangelo entra e spazza via tutte le cose sbagliate, immature, puerili che ho pensato, che ho detto, che ho fatto. Vengono tolti i fardelli del nostro passato. Siamo liberati dai sensi di colpa, alleggeriti per poterci alzare in volo sospinti dal tiepido soffio dello Spirito Santo.

«Rimanete in me e io in voi ». Sono le parole che usa anche l'amore umano. È il rimanere insieme di due che si amano, è il restare insieme nonostante tutte le distanze e tutti i temporali della vita, nonostante le forze che ci trascinano via, che cercano di allontanarci e dividerci.
"Resta con me" ci supplica Dio. Anche se non lo sembra, in realtà non è difficile. Il primo passo è ricordare che sei già in lui, e che lui è già in te. Non devi costruire nulla, conquistare nulla, dimostrare nulla. Devi soltanto mantenere ciò che ti è già dato. Riscoprire la consapevolezza che c'è un'energia che scorre in te, che proviene da Dio, che non viene mai meno, alla quale puoi sempre attingere. Tu devi solo aprirti, aprire canali a questa linfa. Devi solo lasciarti amare.

Ma il centro di questo brano è nel termine frutto: «Ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto ». Il dono della potatura ...
Chi compie queste azioni è il Padre. È un Dio innamorato, che contempla la sua vigna e ne vede tutte le possibilità, anche le più nascoste e segrete. E proprio perché queste potenzialità fioriscano in tutto il loro splendore usa tutto il suo amore in due azioni: tagliare e potare.
"Tagliare". Cioè prendere gli errori, le brutture della nostra vita e gettarle via. Dimenticarsele. Il male verrà bruciato, non noi.
"Potare". È come lo scultore che toglie alla pietra tutto ciò che non è scultura, come l'orafo che fa emergere da un pezzo di metallo un gioiello. Potare non significa amputare, ma dare vita, ogni contadino lo sa. E significa anche dare orientamento, ordine, anche porre dei limiti e, se necessario, anche dire dei no. Ma rinunciare a tutto ciò che è superfluo equivale a fiorire. Il Padre pota per ingigantire.
La vite potata è bella e rigogliosa, le foglie sono grandi e di un verde brillante, sta eretta e riesce così a non perdersi neanche un raggio di sole, che viene trasformato nei suoi grandi grappoli gonfi di acini, pieni di succo.
Esplode di vita, di gioia di vivere che anche altri gusteranno. Nessuna vite sofferente dà buon frutto. Prima di tutto devo essere sano io, gioioso io. È così che Dio mi vuole.
È come se Gesù mi dicesse: non ho bisogno di sacrifici ma di grappoli buoni; non ho bisogno di sofferenze, ma che tu fiorisca.
Infatti il Vangelo termina con queste parole: «In questo è glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto».




Amici, mi sento
un tino bollente
di mosto dopo
felice vendemmia:
in attesa del travaso.

Già potata è la vite
per nuova primavera.

David Maria Turoldo



Letture:
Atti 9,26-31
Salmo 21
Prima Giovanni 3,18-24
Giovanni 15,1-8


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