La nostra attesa del Natale è guidata da due donne in attesa. Due donne abitate da figli inesplicabili. Maria ed Elisabetta sono i primi profeti del Nuovo Testamento, perché la prima parola di Dio è la vita. Dio viene come vita. La vergine e la sterile, entrambe incinte in modo 'impossibile', cantano che viene nel mondo un di più, qualcosa, o meglio qualcuno che l'uomo da solo non può darsi.
Dio viene come gioia. Per due volte Luca ripete che il bambino salta di gioia nel grembo. In quel bambino l'umanità intera sperimenta che Dio dà gioia.
La parola 'gioia' nel Vangelo, almeno nella sua formulazione esplicita, è rara. La prima a pronunciarla è Elisabetta. È da questo balzo di gioia che ha inizio il Nuovo Testamento: da questo sorriso invisibile nell'oscurità di un grembo. Perché la gioia esca dalle pareti domestiche e divenga un messaggio universale bisogna attendere la nascita del Bambino e le parole dell'Angelo ai pastori: «Ecco, io vi annuncio una grande gioia destinata a tutto il popolo...». Poi la parola 'gioia' scompare, rimane però come un fiume sotterraneo che alimenta tutto il Vangelo. Tutti i miracoli non sono altro che una consacrazione della gioia, del nostro diritto, garantito da parte di Dio, ad esser felici anche quaggiù.
Ma per rincontrare il termine 'gioia' bisogna arrivare, con Giovanni, alla Passione, al discorso del cenacolo, dove questa parola scende sui discepoli, e su di noi, con una struggente ostinazione: «Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza sarà cambiata in gioia»; «La donna, quando partorisce, prova dolori perché è giunta la sua ora; ma quando ha dato alla luce il bambino non si ricorda più dei suoi dolori, tanta è la gioia che prova»; «Ma io vi rivedrò e il vostro cuore esulterà e nessuno potrà rapirvi la vostra gioia». Ma soprattutto «Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15, 11).
E che il cristianesimo sia la religione della gioia lo ribadisce soprattutto san Paolo che, nonostante tutte le sue traversie (prigione, bastonate, naufragi, lapidazioni, e via di seguito), ci esorta con forza: «Rallegratevi nel Signore, sempre; ve lo ripeto ancora, rallegratevi» (Fil 4, 4)
Infine Dio viene nelle relazioni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da abbracci. Le mie braccia allargate sono appena l'inizio di un cerchio che un Amore più grande estenderà fin ad abbracciare tutta la terra.
Elisabetta esclama: «Benedetta tu fra le donne! ». La prima parola è una benedizione che da Maria discende su tutte le donne di tutti i tempi.
Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe essere di benedizione. Dire a qualcuno: "Ti benedico!" significa vedere il bene che c'è in lui, significa avere uno sguardo senza rivalità, senza invidia. Se non imparo a benedire chi ho accanto, se non imparo a benedire la vita, non potrò mai essere felice.
Accogliendo Dio che viene tra di noi anch'io abiterò la vita con tutta la mia complessità, con la mia parte di Zaccaria che stenta a credere, con la mia parte di Elisabetta che sa benedire, con la mia parte di Maria che sa lodare, con la mia parte di Giovanni che sa esultare; porterò in molti modi il Signore nel mondo, aiutandolo a incarnarsi in queste nostre strade, in queste nostre case.
E anche per me, anche per te risuonerà la parola: 'Benedetto sei tu perché porti nel mondo il Signore, benedetto come Maria'.
Letture:
Michea 5,1-4
Salmo 79
Ebrei 10,5-10
Luca 1,39-45
Nessun commento:
Posta un commento
È buona cosa firmare sempre i propri messaggi. I commenti anonimi vengono accettati, ma preferirei sapere con chi parlo.