09 dicembre 2012

Seconda domenica di Avvento


Se la fede è rapporto con Dio, questo ci aiuta anche a capire meglio il Natale. Un rapporto può crescere, approfondirsi solo con la vicinanza, con la frequentazione quotidiana, con la condivisione delle nostre gioie e dei nostri dolori, dei nostri successi e delle nostre sconfitte.

Ecco allora che l’Emmanuele, il Dio con noi, non è un dio che viene tra noi per controllarci, per spiarci, ma viene per non abbandonarci, per esserci vicino, perché non riesce ad accettare la nostra solitudine, non riesce ad avere pace se non l’abbiamo noi per primi.

Ma soprattutto Gesù ci mostra un aspetto di Dio a cui raramente pensiamo, ma che s. Francesco aveva ben presente: Dio è umiltà.

Fede allora è scoprire che Dio non se ne sta lassù nel cielo a giudicare noi dall’alto della sua potenza, forte della sua perfezione e della sua onniscenza. 

No! Dio nel suo amore, nella sua umiltà si spoglia delle sue vesti di splendore, si spoglia della sua onnipotenza e si riveste delle umili vesti umane, della limitata e imperfetta carne umana. 

E allora per trovarlo, per essere in relazione con Lui, per lasciarlo entrare nella nostra vita, nel nostro cuore, non dobbiamo far altro che cercare l’umiltà, vivere l’umiltà. Lo troveremo, ma nell’umiltà di una stalla, di una croce; nell’umiltà degli ultimi, dei derelitti, dei rifiutati dalla società, nei calpestati dai potenti. Non lo troveremo in discorsi dotti, ma in una mano che si tende per accarezzare e per aiutare, in un cuore che palpita di compassione. 

E l’incontro con la Sua umiltà ci farà  ammettere la nostra distanza, la nostra inadeguatezza, la nostra incoerenza. E chiederne apertamente perdono.

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