Penso che questo passo del Vangelo rappresenti il sogno di ogni studente: avere, molto tempo prima, tutte, ma proprio tutte, le domande che ti verranno fatte all'esame finale!
In questa scena descritta da Gesù ci appare un Dio molto differente da quello che i nostri timori, quando non le nostre paure, ci facevano immaginare. È chiaro che Dio, all'esame di matura della nostra vita, ci vorrebbe tutti promossi.
A ben guardare, Gesù non pronuncia nessun giudizio di condanna: Lui prende atto, convalida le nostre scelte. Dio è amante totale della nostra libertà, perché solo nella libertà si può amare veramente. Donandocela ha scelto di dipendere dalla nostra libertà. Ma il suo sogno non è mai cambiato: che nessuno si perda di tutti quelli che ha creato. Però qualcuno desidera andare per conto suo, fare di testa sua. In questo caso Dio accetterà di vedersi rifiutato l'amore pagato col sangue. E noi non potremmo mai immaginare quanta sofferenza gli costi questo!
In fondo il giudizio sarà proprio questo: rivelarci la nostra verità. E alla fine Lui approverà il nostro progetto di eternità. Sarà la benedizione della libertà. Perché amare è aspettarsi tutto, anche il contrario di tutto. E se il nostro progetto è contrario al suo, Lui, con sofferenza infinita, lo firmerà lo stesso. Lui rispetta la nostra libertà. Si è fatto anche ammazzare, per non limitarla. E questo, non per indifferenza, ma per Amore. Per un amore così immenso, che noi non riusciamo neanche ad immaginare!
Dio ci vuole tutti salvi, ma alla fine separa le pecore dalle capre. Ma non è Lui che decide chi è l'una o l'altra. Se essere pecora o capra, buon grano o zizzania, vergine saggia o stolta, lo decidiamo noi, solo noi. Noi con la nostra vita, con le nostre opere. Con l'amore che abbiamo vissuto o non vissuto.
Una cosa mi colpisce: nel racconto della nostra vita che il Re fa alla fine della nostra esistenza, non c'è una sola volta la parola 'Dio'. Perché? Forse perché non dobbiamo venerare Dio? Assolutamente no, solo che è una cosa riservata solo ad alcuni, a quelli che credono e praticano una religione. Di andare a messa tutte (o quasi) le domeniche, di dire le preghiere e fare il segno di croce, di amare Dio, la Madonna e i Santi recitando con devozione qualche litania, di evitare la bestemmia e di avere un solo Dio in testa, sono capaci tutti. Ma Dio non vuole limitare la sua gioia, il suo non è un banchetto a numero chiuso. Lui mette le sue richieste al minimo, proprio per far entrare più gente possibile. Alla fine chiede una cosa sola: aver amato. 'Alla sera della vita, ciò che conta è aver amato', diceva san Giovanni della Croce.
E in questa pagina Gesù ci spiega anche come fare. Lui coniuga il verbo amare nel tempo feriale, nel tempo della nostra vita di tutti i giorni, non in quello festivo, delle solennità e delle feste comandate. Andare a Messa, pregare sono cose importanti, ma se non si incarnano in atti concerti di amore non ci portano alla salvezza, ma alla condanna.
Gesù non fa lezioni né interrogazioni di teologia, ma usa i verbi della vita quotidiana: mangiare, bere, ospitare, vestire, visitare, provare pietà. Sono verbi che, se li mescoliamo insieme, danno come un solo risultato: il Paradiso.
L'eternità la possiamo trovare in un boccone di pane condiviso, in un sorso d'acqua offerto, in un sorriso, in un abbraccio, in una porta aperta, in un cuore accogliente. Chiudere le porte, anche quelle del nostro cuore, agli altri vuol dire chiuderci le porte del Paradiso e spalancarci quelle dell'inferno.
(Ez 34,11-12.15-17; Sal 22; 1Cor 15,20-26.28; Mt 25,31-46)