27 maggio 2021

La bellezza del mistero- 30/05/2021 - Santissima Trinità

 


Non c'è niente da fare, per quanto ci sforziamo, per quante dotte dissertazioni leggiamo o studiamo, la Trinità rimarrà sempre un mistero. Ci sarà sempre qualcosa che ci sfugge, che rimane al di là della nostra capacità di comprensione o di immaginazione.
Ma questo non è un male, anzi.
Per la cultura odierna il mistero rappresenta qualcosa di oscuro, quasi un insulto alla razionalità. Tutto deve essere spiegabile; per ogni cosa, per ogni evento, deve esserci una causa e un responsabile, anche a costo di evocare presunti poteri occulti o complotti più o meno fantasiosi.

Invece il mistero è un'apertura verso l'illimitato, verso una dimensione più alta.
Nella fede, il mistero ci ricorda che Dio, il Padre buono che ci ama di amore infinito, che è "più interiore a me di quanto io lo sia a me stesso" (sant'Agostino), rimane sempre anche il "totalmente Altro". Non potremo mai "possedere" Dio; per noi, di Lui, ci sarà sempre qualcosa che resterà incomprensibile. Anche noi, come Isaia, spesso dovremmo confessare: «Veramente tu sei un Dio misterioso».
Ma il mistero non ci viene offerto per tapparci la bocca, ma perché lo esploriamo, perché vi entriamo dentro pudicamente, senza presunzione, spinti non dalla razionalità ma dalla fede. Ma soprattutto sotto la guida dello Spirito. È più questione di contemplazione, di meraviglia che di filosofia o elucubrazioni intellettuali.
Nel campo del mistero pascolano meglio i mistici e i poeti che non gli eruditi. Sono più utili occhi aperti alla meraviglia, che menti pronte solo ad analizzare. 

Se ci lasciamo guidare dallo Spirito, allora nella nostra realtà quotidiana le scoperte saranno numerose, scopriremo «quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì, né mai entrarono in cuore di uomo» (1Cor 2,9), cioè quelle cose che Dio ha preparato per ognuno di noi.
Scopriremo che il cristianesimo non si fonda su idee o su leggi, ma su delle persone: le tre Persone divine. La Trinità ci rivela il senso della persona umana, il nostro valore.
Ci dice che solo l'amore fa esistere la persona. Dire Trinità è lo stesso che dire 'amore'. Se non ci fosse la Trinità non ci sarebbe l'amore, e senza amore non c'è niente.


(Dt 4,32-34.39-40; Sal 32; Rm 8,14-17; Mt 28,16-20)


PS: Un grazie agli amici che mi hanno regalato l'icona riprodotta in questo post. Siete voi il dono più gradito. Che Dio vi benedica!


20 maggio 2021

Il vento dello Spirito libera dalla paura - 23/05/2021 - Domenica di Pentecoste (Messa del giorno)

 


Il vangelo di oggi è come un'anticipazione del racconto di Luca all'inizio degli Atti.

In entrambi i brani all'inizio troviamo gli amici di Gesù barricati in casa, ripiegati su sé stessi, impietriti dalla paura. Gesù, che ha abbattuto le porte della morte, adesso deve abbatere quelle della paura di coloro che diventeranno i messaggeri della Notizia Gioiosa. Ma sa che non è ancora il momento, non sono "capaci di portarne il peso".

Ci vorrà un vento impetuoso, il vento dello Spirito Santo. Un vento che spalancherà non solo le porte del Cenacolo, ma abbatterà anche le porte della paura, prenderà della gente che si ostina a guardare al passato e la proietterà verso l'avvenire.

La Pentecoste, che avviene otto giorni dopo l'Ascensione, rappresenta una nuova creazione: come alla prima lo Spirito aleggiava sopra le acque, adesso lo Spirito irrompe nuovamente. Ma adesso ha una dimensione particolare, non è più un atto individuale come per la creazione di Adamo, ma riguarda i discepoli riuniti, riguarda una comunità riunita.
"La natura umana ha ricevuto la sua nuova creazione spirituale sotto forma di Chiesa" dice Matta-El-Meskin (monaco del monastero di san Macario in Egitto), e aggiunge: "non c'è individualismo nella nuova creazione. È dalla Chiesa che riceviamo la natura di uomo nuovo".
Ecco perché la Pentecoste viene considerata la festa della Chiesa, il suo compleanno. Ma è la festa della Chiesa che esce dal timore, dalla timidezza, dalla chiusura al mondo.
Perché la Chiesa che nasce a Pentecoste è una Chiesa che è sempre aperta, senza porte, senza pareti, senza confini, senza barriere. I discepoli che parlano di Dio in tutti i modi possibili, con tutte le lingue del mondo, descrivono quello che la Chiesa, anche oggi, non smette mai di fare, cioè cercare di comunicare Dio ad ogni essere umano, in qualsiasi situazione umana si trovi, in qualsiasi territorio abiti.

Lo Spirito Santo, Amore di Dio nel cuore dei discepoli, scaccia la paura che qualcuno possa rubare e distruggere il Vangelo. Tutti possono e hanno diritto di conoscere il Vangelo di Gesù. Tutti i cristiani con il dono del Battesimo e attraverso la preghiera della comunità, possono e devono comunicare il Vangelo, perché raggiunti dallo Spirito Santo.

Lo stesso Spirito che ha spalancato le porte del Cenacolo e che ha riempito gli Apostoli di amore e di forza, col Battesimo e i Sacramenti riempie ognuno di noi in maniera unica e personale. Lo Spirito Santo non solo apre le porte del Cenacolo, ma apre anche le porte del nostro cuore a tutti gli uomini, spazza via la paura dell'altro, il pregiudizio verso chi è straniero, diverso, non 'dei nostri'. Ma come da un unico fuoco sono scese tante fiamme, una particolare per ognuno dei presenti nel Cenacolo, così lo Spirito rende unico il tuo modo di amare, di tuo modo di incontrare, il tuo modo di consolare, il tuo modo di essere vicino. Lo Spirito Santo ti rende unico e irripetibile.
La Chiesa, il mondo, Dio non possono fare a meno di te, di ognuno di noi.


(At 2,1-11; Sal 103; Gal 5,16-25; Gv 15,26-27; 16,12-15)


13 maggio 2021

Gesù non ci lascia soli - 16/05/2021 - Ascensione del Signore

 


Oggi abbiamo due racconti diversi dell'Ascensione di Gesù: quello di Luca nel primo capitolo degli Atti degli Apostoli e quello di Marco nel suo vangelo.

Partiamo un attimo da Marco. Il brano oggi proposto inizia col versetto 15, ma se andiamo a leggere il versetto precedente vediamo che Gesù rimprovera gli Apostoli «per la loro incredulità e durezza di cuore, perché non avevano creduto a quelli che lo avevano visto risorto». È proprio a queste persone che viene affidato il Vangelo, la responsabilità della Chiesa. La salvezza di tutti gli uomini viene affidata a tutti noi nonostante la nostra "incredulità e la nostra durezza di cuore". Dio ci ama e ci sceglie così come siamo, semplici esseri umani, capaci del meglio e del peggio, in grado di volare alti come un'aquila ma che spesso grufoliamo per terra come un maiale. Ma soprattutto noi, come anche gli Apostoli, facciamo fatica a capire un Dio così imprevedibile, così al di fuori dai nostri schemi.

E che anche gli Apostoli abbiano questa difficoltà ce lo dimostra il racconto di Luca, quando gli angeli li riprendono: «Uomini di Galilea, perché state a guardare il cielo?». A partire dalla Resurrezione è sempre un cercare Gesù dove lui non c'è. Prima nella tomba ormai vuota e adesso in cielo nonostante lui stesso abbia assicurato che sarà sempre con noi (Mt 28, 20).
Anche noi tante volte cerchiamo Dio in cielo, tra le nuvole, e così non lo vediamo quando ci passa vicino, proprio alla nostra altezza, quando non più in basso.

Ma Gesù, come dice il Vangelo continua ad "agire insieme a noi". La buona notizia dell'Ascensione è che Gesù è sempre in mezzo a noi. Non lo è più in maniera sensibile, ma lo è in maniera più efficace. Ascensione vuol dire che Gesù si nasconde ai nostri occhi per essere presente in maniera ancora più profonda, perché ora è presente non solo fuori di noi, ma anche dentro di noi per mezzo del suo Spirito. È visibile agli occhi della fede.
Per trovare Dio non dobbiamo guardare il cielo, ma andare per le strade del mondo, e in ogni posto dove c'è un essere umano che soffre potremo trovarlo, in ogni posto dove c'è un po' di amore potremo trovarlo.

Ma c'è anche un altro significato dell'Ascensione, ed è in quell'affermazione di Marco: «sedette alla destra di Dio». Al Padre è salito il Figlio con la nostra carne, il Figlio che si è fatto uomo. Al cielo è salito un uomo, un nostro fratello. Adesso seduto proprio alla destra del Padre (dove sedeva l'erede, la persona più importante dopo il re), c'è un nostro fratello. È per questo che Gesù può e vuole intercedere a nostro favore, pregare per noi.

Ma non basta. Ogni volta che noi mangiamo il suo corpo e beviamo il suo sangue, cioè ogni volta che facciamo la Comunione, noi diventiamo un solo corpo con Gesù, cioè anche noi sediamo alla destra del Padre. Con l'Ascensione già adesso anche noi, seppur nella fede, seppur misteriosamente, siamo uniti al Padre, siamo già risorti. La nostra vita non è più solo terrestre, ma inizia ad essere anche celeste. La nostra casa inizia a diventare il Paradiso (Col 3, 1-4)

L'Ascensione significa che Gesù non solo non se n'è andato, ma anzi, è più presente adesso che prima.


(At 1,1-11; Sal 46; Ef 4,1-13; Mc 16,15-20)


06 maggio 2021

C'è un fiume d'amore che scorre dal cielo fino a noi - 09/05/2021 - VI Domenica Di Pasqua

 


Questa parte del lungo discorso d'addio di Gesù raccontato da Giovanni è il cuore del cristianesimo, l'essenza di cosa voglia dire essere cristiani.
In questi nove versetti Gesù usa per nove volte la parola "amore/amare" e per tre volte la parola "amici".

Ed esordisce con un vangelo, cioè con una buona notizia: siamo amati ("io ho amato voi"). Qui Giovanni usa il verbo greco "agapáô" che indica l'amore disinteressato, "amare" nel senso di avere caro, tenere in gran conto, preferire, prediligere. Noi siamo amati da Dio gratis, senza condizioni, senza limiti.
E Dio ci ama affinché la nostra gioia sia piena, trabocchi dai nostri cuori e si riversi nel mondo.
Siamo stati creati bramosi di amore, arsi dalla sete di essere amati. Siamo mendicanti d'amore. Scoprirci amati, sentirci amati ci rende capaci di spostare le montagne, anche quelle del nostro egoismo.
Gesù non ci invita semplicemente ad amare. Potremmo amare per dipendenza, necessità, tornaconto. Ci chiede di amare perché se non amiamo ci distruggiamo. E non ci dice di amare gli altri come amiamo noi stessi (ci sono persone che non si amano o si amano poco) ma di amare come Lui ci ha amato. Solo Dio è la misura dell'amore.

Poi Gesù dice: «Se osserverete i miei comandamenti rimarrete nel mio amore».
Per rimanere nell'amore basta osservare i comandamenti, che però non sono il decalogo, ma il modo di agire di Dio. Il comandamento di Gesù è «Amatevi come io ho amato voi» e il riferimento è la lavanda dei piedi. L'amore non si trasmette attraverso una dottrina, ma solo attraverso gesti che comunicano vita. Il "comandamento nuovo" che Gesù ci dona, è nuovo nella qualità, nel modo di concretizzarlo. Gesù non dice che dobbiamo amare 'quanto' lui ci ha amato, ma 'come' lui ci ha amato, nella stessa maniera, cioè amando di un amore che aggiunge vita, che dona speranza, che regala gioia e letizia.
Ma quel 'come' ci dice anche che solo Dio è la fonte del nostro amore. Un cristiano ama perché si è sentito amato, perché ha sentito la passione che Dio ha per lui. L'amore non parte da un nostro sforzo, da un nostro impegno, ma dallo stupore di un amore folle che ci ha travolto e avvolto.

Ma in cosa consiste, nel concreto, il "come" di Gesù?
È Lui stesso a dircelo: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Giovanni usa il temine "psiché" che vuol dire vita interiore, anima. È questa che bisogna dare ai propri amici: ciò che si ha dentro, la nostra parte più vera, più profonda, più intima, quella fatta di paure e dubbi, ma anche di slanci e sogni.
Se non hai nessuna vitalità (ψυχὴν=psychín), nessun ideale, se sei vuoto dentro, cosa puoi donare? L'amore è vero solo quando dona. È questo che ci aiuta a riconoscere l'amore quando è vero. "Dare la vita" non è sacrificarsi, ma tirare fuori il meglio di noi stessi proprio quando sembra che stiamo rinunciando a qualcosa di grosso.


(At 10,25-27.34-35.44-48; Sal 97; 1Gv 4,7-10; Gv 15,9-17)