Il Risorto e Tommaso (Particolare) Cappella Collegio Damasceno - Roma (dipinto parete centrale - p. M. Rupnik s.j.) |
Mi è molto simpatico Tommaso. Lo sento vicino. Tante volte anch'io faccio fatica a credere, attraverso periodi di buio, di incertezze, di aridità. Spesso arrivo, come lui, in ritardo agli appuntamenti col Signore.
Tommaso ci invita a fare una seria analisi della nostra fede.
Dobbiamo innanzi tutto chiarirci su cosa è fede e cosa non lo è. Dobbiamo avere coscienza che una cosa è essere credente, e un'altra è 'credere di credere'.
È facile credere in Dio quando le cose vanno bene, quando il cielo è sereno e gli 'affari' vanno a gonfie vele. Ma quando inizia a mancarci il terreno sotto i piedi, quando svaniscono i nostri punti di riferimento, iniziamo a brancolare nel buio, ci scontriamo con i nostri limiti e ci rendiamo conto che di fronte a certe cose siamo del tutto impotenti, dove va a finire la nostra 'incrollabile' fiducia in Dio, il nostro mettere tutto nelle sue mani e abbandonarci a Lui?
Una fede che non sia un fuoco di paglia si deve porre queste domande. L'incertezza e il dubbio possono coabitare con la fede. La debolezza e la fragilità non sono una vergogna. Tutti siamo invitati a scoprire quella parte di incredulità che c'è in noi, ad accettarla, e a farne motivo di solidarietà con i non credenti. È anche questo un modo per rendersi conto che siamo tutti fratelli.
Il Vangelo di oggi esige che tutti noi, che ci diciamo credenti, ci interroghiamo sinceramente sulle sacche di incredulità presenti in noi. Solo così possiamo passare da una fede 'detta' a una fede 'fatta': «Non chiunque mi dice: "Signore, Signore", entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli». (cfr. Mt 7, 21-23).
Viviamo in momenti molto duri, la pandemia non ancora passata e la tremenda guerra alle nostre porte ci interrogano nel profondo.
Tutti i morti in solitudine e isolamento, i bambini resi orfani da un virus (*) o da una bomba, le violenze della guerra sui più deboli e indifesi, e tante altre "ingiustizie della vita" ci mettono in discussione, mettono in crisi non solo la nostra coscienza ma anche la nostra fede.
Ci rendiamo conto che non ci basta più recitare qualche preghiera imparata nella nostra giovinezza, non ci bastano più delle enunciazioni di fede puramente intellettuali.
Dobbiamo anche noi, come Tommaso, passare da una fede vissuta 'nella testa' ad un rapporto vivo con una persona, una relazione da cuore a cuore. Dobbiamo anche noi riuscire a dirgli dal profondo del nostro essere «Mio Signore e mio Dio!»
(At 5,12-16; Sal 117; Ap 1,9-11.12-13.17-19; Gv 20,19-31)
(*) I bambini di età inferiore a 17 anni che a ottobre 2021 avevano perso entrambi i genitori a causa del Covid19, in Italia erano circa 3500 e circa un milione e mezzo in tutto il mondo
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