Ascensione Chiesa ortodossa della Trasfigurazione - Cluj (Romania) (padre Marko Rupnik s.j.) |
Gesù ci ha fatto una grande promessa: «io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo» (Mt 28,20). Non la dobbiamo dimenticare se vogliamo capire bene la solennità di oggi, l'Ascensione.
L'Ascensione non è la festa del distacco, della partenza, della separazione, ma è la festa della 'permanenza'. Anche gli angeli ci danno un'indicazione: «perché state a guardare il cielo?» (prima lettura di oggi At 1,1-11). Per trovare il Cristo dobbiamo cercare 'altrove', dobbiamo guadare nel "basso dei cieli".
L'Ascensione è conseguenza logica dell'Incarnazione. Facendosi uomo, Gesù è venuto a vivere con noi come un uomo qualunque. È venuto per amare, camminare, sperare, ridere, piangere, soffrire insieme a noi. Niente di tutto ciò che è umano gli è estraneo o sconosciuto. Ma la sua non è stata una vacanza, una gita. Lui ha traslocato dal cielo per essere uno di noi, per abitare con noi.
Ed è per continuare ad essere in questa maniera che ha scelto di Ascendere al cielo. Se fosse rimasto qui, sa che lo avremmo rinchiuso in una chiesa, obbligato a sedersi su un trono. A stare su un altare. Lo avremmo allontanato dalla nostra vita quotidiana col pretesto di rendergli onore, di glorificarlo e adorarlo.
Ma salendo al cielo adesso Lui può continuare ad essere tra noi, solo che lo fa in altre maniere, sotto 'mentite spoglie'. Adesso te lo ritrovi accanto, magari nel letto d'ospedale accento al tuo, nella scrivania vicino alla tua, nel tavolino del bar affianco al tuo.
È proprio per questo ti può essere più vicino. Non ti spiega il dolore, è uno che soffre come te. Non scrive libri sull'amicizia, ti è amico. Non ti difende di fronte ai prepotenti e ai potenti, è lui stesso vittima in mano ai potenti.
Non ti chiede di soffrire, ma ti chiede di poter condividere la tua sofferenza, di poterti aiutare a portare la tua croce quotidiana. E quasi sempre non te lo chiede nemmeno, lo fa, e l'ha fatto, fin dal primo istante.
Gesù, salendo al cielo, è entrato dentro l'umano. E io sono chiamato a riconoscerlo nella mia storia, nella cronaca quotidiana. Lo posso trovare nelle mia difficoltà, delusioni, distrazioni, speranze, ma anche nelle relazioni, nei momenti di gioia, nei sorrisi e nelle carezze.
Perché Dio viene incontro all'uomo in maniera umana, stabilisce con noi un rapporto attraverso la carne e il sangue, la terra, il sudore e le lacrime, l'amore, le risate, tutte le minuscole cose della nostra vita quotidiana.
D'ora in poi in ogni istante Dio mi riserva la sorpresa della sua presenza. E per non farmi soggezione o mettermi paura, si mette i miei stessi vestiti di essere umano.
Non è più il roveto ardente che solennemente afferma «Io sono», ma è la voce amica che ti abbraccia e ti sussurra all'orecchio "Io sono qui accanto a te, con te".
(At 1,1-11; Sal 46; Eb 9,24-28;10,19-23; Lc 24,46-53)