Il Buon Pastore Tabernacolo della chiesa ss Primo e Feliciano - Vrhpolje (SLO) (p. M. Rupnik s.j.) |
Giornata del "Buon Pastore".
E il 'pastore' presuppone un gregge di pecore.
Ma noi facciamo un po' di fatica ad identificarci con delle pecore. Abbiamo in mente una massa di pecoroni senza nessun cervello, ma non è questo lo stile del gregge voluto da Gesù Cristo.
Basta vedere l'esempio del gregge scelto direttamente da Lui: i dodici apostoli.
La comunità secondo il sogno di Dio rappresenta sia il superamento dell'individualismo (per essere pienamente sé stessi si deve vivere-con) che il superamento del cieco conformismo (per vivere-con bisogna conservare le propria unicità). "Se vuoi essere cattolico devi essere unito nella diversità e diverso nell'unità" diceva Yves Congar. Il dono che ogni persona fa al 'gregge' deve essere un apporto personale, dinamico, unico. Esattamente l'opposto dell'annullarsi nella comunità.
La comunità è ricca solo del contributo dei suoi membri. Viene impoverita se io non metto a disposizione la mia unicità. E impoverire la comunità impoverisce me stesso.
La comunità secondo il sogno di Dio è un banchetto festoso fatto ad un'unica tavolata, non un pasto serioso fatto a tanti piccoli tavoli ben distanziati tra di loro.
È un grande concerto in cui ognuno di noi ha la sua voce che è personale e insostituibile. La sinfonia ha bisogno del timbro inconfondibile della mia personalità. Senza questo, diventa nenia monotona. E senza l'orchestra, la mia nota risuona stonata.
Impoverire gli altri impoverisce anche me.
E il vero pastore è Gesù. Lui dà la vita per le pecore, non le sfrutta, non le domina. Non se ne serve, ma le serve.
Ognuno di noi è conosciuto per nome da Dio, ognuno di noi è importante, unico e amato nella sua unicità.
La cura del gregge di Gesù non è livellatrice, omologante. È personalizzante. Lui non ci vuole passivi. Vuole la nostra collaborazione, vuole che ci comportiamo da persone libere e creative.
Ognuno di noi è pecora affidata ad un pastore e allo stesso tempo pastore a cui sono state affidate delle pecore (i figli, il coniuge, gli amici, tutte le persone con cui interagiamo nella nostra vita, solo per fare degli esempi).
Non rinunciamo alla bellezza della nostra unicità per disperderci nell'anonimato del 'così fanno tutti'. Sforziamoci di essere pecore, non pecoroni.
Dovremmo sempre ricordare che le persone ci vengono affidate dal Signore perché noi le aiutiamo a diventare quello che sono, non per farne dei nostri cloni. Dobbiamo aiutarle e realizzare i loro sogni, non i nostri.
(Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
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