13 febbraio 2025

Chiamata alla felicità - 16/2/2025 - VI Domenica Tempo Ordinario

 
Il monte delle Beatitudini

 
Con il discorso delle Beatitudini, Gesù sviluppa l'annuncio che aveva fatto nella sinagoga di Nazareth. Adesso chiarisce che la "buona notizia" è rivolta soprattutto ai poveri e agli infelici, "che Dio ha un debole per i deboli" (padre Ermes Ronchi).
 
Gesù annuncia che il suo regno è un capovolgimento totale delle nostre aspettative, delle nostre prospettive. È un'inversione ad U della rotta attuale. La sua giustizia si manifesta ristabilendo l'equilibrio rotto dal nostro egoismo, le posizioni vengono rovesciate a favore dei deboli, degli esclusi, delle vittime, di tutti quelli che per la società non contano.
 
Questa nuova gerarchia non viene stabilita con un codice di leggi, ma viene proclamata con delle beatitudini. Il cristianesimo non è una religione del dovere, cioè di quelli che sono bravi, ma è una religione della chiamata alla felicità. Gesù ci dice «beati», mai "bravi".
La beatitudine della Bibbia non è mai un desiderio, un augurio, una promessa. È sempre una constatazione, un rallegrarsi, un felicitarsi da parte di Dio. I destinatari di questo annuncio sono già beati nel momento in cui Dio si rallegra, danza di gioia insieme a loro.
 
Gli affamati, gli afflitti e i perseguitati in fondo sono tutti dei poveri di qualcosa.
Ma Gesù non consacra la povertà come condizione per accogliere il regno di Dio. Pensare questo vuol dire legittimare l'ingiustizia e l'egoismo umano. Neppure dice che la povertà sia moralmente migliore della ricchezza. Il Regno rimane un libero dono del Padre, non conquista dell'uomo. Gesù ci dice: "Beati voi poveri perché Dio è stanco di vedervi soffrire, perché Dio ha deciso di mostrarvi che vi ama" (Jacques Dupont O.S.B.)
Le Beatitudini non ci chiedono di amare la povertà, ma di amare i poveri. L'ideale non è la povertà, ma l'amore. Amore che si deve esprimere nella condivisione, nel trasformare i beni in sacramento di fraternità.
 
E allora, in tutto questo amore, cosa significano quei 4 "guai"?
Dio non maledice, mai! Dio è incapace di augurare il male o di desiderarlo. Quei 'guai' non sono una minaccia, ma un avvertimento: se ti riempi di cose, se sazi tutti gli appetiti, se cerchi solo applausi e il consenso, non sarai mai felice.
I 'guai' sono un lamento, sono la sofferenza di Gesù per quelli che confondono superfluo con essenziale, che sono pieni di sé, che si aggrappano alle cose, e in loro non c'è spazio per l'eterno e per l'infinito, non hanno strade nel cuore. È come fossero già morti.
 
 

 
Letture:
Geremia 17,5-8
Salmo 1
1 Corinzi 15,12.16-20
Lc 6,17.20-26
 
 
PS: So che è Matteo che colloca le Beatitudini su di un monte, mentre Luca le pone in una valle, ma non ho trovato altre foto che non quelle del 'Monte delle Beatitudini'
 
 

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