27 novembre 2025

Un ladro che ci dona la sua ricchezza - 30/11/2025 - I Domenica Avvento


 
 
L'Avvento è un tempo per risvegliarci. È Il tempo dell'attenzione, cioè il tempo per imparare a rendere profondo ogni momento.
 
«Due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato». Il Vangelo non sta parlando della morte, ma di due modi diversi di vivere nel campo della vita: uno vive affacciandosi sull'infinito, uno è chiuso solo dentro sé stesso; uno è chino solo sul suo piatto, uno è generoso con gli altri di pane e di amore; uno vive donandosi, uno prendendo.
Tra questi due uno è pronto all'incontro con il Signore, quello che vive attento.
L'altro non si accorge di nulla, proprio come le persone ai tempi di Noè.
 
«Se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro...» Mi ha sempre lasciato molto perplesso questa immagine del Signore che viene di soppiatto come un ladro nella notte. Non ce lo vedo Dio nei panni di un ladro, Lui viene sempre per donare, per amare.
Allora forse non è la morte che viene intesa in questa piccola parabola, ma l'incontro.
Perché il Signore è un ladro molto strano, non ruba niente, dona tutto, viene con le mani piene. Ma l'incontro con Lui ti obbliga a svuotare te stesso dalle cento, mille cose inutili, altrimenti ciò che porta non trova spazio. Mette a soqquadro la tua casa, ti cambia la vita, la fa ricca di volti, di luce, di orizzonti spalancati.
 
Io sono qualcosa di prezioso che attira il Signore come la ricchezza attira il ladro. Agli occhi di Dio, l'impasto della mia vita, in cui si mescolano intimamente fango e pagliuzze d'oro, questo niente così fragile, è così glorioso da farGli desiderare di passare l'eternità abbracciandolo.
 
Vieni pure come un ladro, Signore, prendi quello che è prezioso per te: questo mio povero cuore rinsecchito, inaridito. Prendilo, per poi ridonarmelo rivestito di luce, straripante d'amore.
 
 

 
Letture:
Isaia 2,1-5
Salmo 121
Romani 13,11-14
Matteo 24,37-44
 
 
 

 
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 24,37-44)

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Come furono i giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo. Infatti, come nei giorni che precedettero il diluvio mangiavano e bevevano, prendevano moglie e prendevano marito, fino al giorno in cui Noè entrò nell'arca, e non si accorsero di nulla finché venne il diluvio e travolse tutti: così sarà anche la venuta del Figlio dell'uomo. Allora due uomini saranno nel campo: uno verrà portato via e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una verrà portata via e l'altra lasciata.
Vegliate dunque, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Cercate di capire questo: se il padrone di casa sapesse a quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi tenetevi pronti perché, nell'ora che non immaginate, viene il Figlio dell'uomo».
 
 

20 novembre 2025

Cristo Re della Misericordia - 23/11/2025 - XXXIV Domenica tempo ordinario - Solennità di Cristo Re dell'Universo

 
Collina delle Croci
Šiauliai (Lituania)
Foto Miriam Ferrarin
 
Da un punto di vista umano, Gesù è nel momento del fallimento totale: condannato a morte, torturato, deriso. Eppure in questo contesto ci sono due persone che riescono a vedere la realtà regale e divina di Gesù. E colpisce molto che non siano né dei seguaci di Gesù né degli apostoli (che d'altra parte erano tutti scappati), ma siano un centurione romano (cfr. Lc 23, 47) e un delinquente confesso (che rimane l'unico santo canonizzato direttamente da Gesù).
 
Quest'ultimo dà una grande definizione di Dio: «è condannato alla stessa nostra pena». Dio è dentro la nostra sofferenza. Dio viene crocifisso in tutti i crocifissi della storia. Dio sceglie di entrare nella morte perché là entra ogni suo figlio.
Dio ci mostra che il primo dovere di chi ama è di essere insieme all'amato.
 
«egli invece non ha fatto nulla di male» In queste parole è racchiuso il segreto dell'autentica regalità: niente di male in quell'uomo, un'innocenza mai vista prima, nessuna ombra di odio o di violenza o di vendetta. Dio non fa il male, a nessuno, mai. Dio fa esclusivamente il bene. "Dio non può che amare" (fr. Roger).
Ecco il nostro Re: uno che ha la forza regale e divina di dimenticare sé stesso dentro la paura e la speranza dell'altro.
 
«ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». E Gesù fa di più, lo porta con sé. Come il pastore con la pecorella smarrita, se lo carica in spalla e lo porta a casa: «sarai con me». Mentre tutto il nostro mondo ragiona per esclusioni, per separazioni, per respingimenti alle frontiere, il Regno di Dio avanza per inclusioni, per accoglienze, per abbracci.
«Ricordati» chiede il condannato. Non sarà solo ricordo, sarà soprattutto abbraccio che avvolge per sempre, che porta l'amato al cuore e nel cuore per l'eternità.
A tutti i crocifissi dalla vita, i rifiutati dalla storia, gli esclusi dai benpensanti, Gesù ripete ogni momento «oggi con me sarai nel paradiso».
 
 

 
Letture:
2Samuele 5,1-3
Salmo 121
Colossesi 1,12-20
Luca 23,35-43
 
 
 

 
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 23,35-43)

In quel tempo, [dopo che ebbero crocifisso Gesù,] il popolo stava a vedere; i capi invece deridevano Gesù dicendo: «Ha salvato altri! Salvi se stesso, se è lui il Cristo di Dio, l'eletto».
Anche i soldati lo deridevano, gli si accostavano per porgergli dell'aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c'era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».
Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L'altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male».
E disse: «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».
 
 

13 novembre 2025

Dio è un esperto d'Amore - 16/11/2025 - XXXIII Domenica tempo ordinario

 
"Nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto"
Foto di Paolo Boaretto su Unsplash (particolare)


 
Il Vangelo di oggi sembra molto cupo, molto pessimista, ma lo scopo di Gesù non è anticiparci il futuro, dirci cosa e come succederà. Il Vangelo vuole svelarci il senso di quello che succederà. Nel muro di violenza e di paura vuole aprire una breccia di speranza.
Quel "ma voi..." implicitamente ripetuto più volte è un invito alla speranza, a resistere a tutto quello che sembra vincere nel mondo. È un'esortazione a non rassegnarsi, a non arrendersi. Il Vangelo sprona ad un tenace, umile e quotidiano lavoro dal basso, chiama a prendersi cura della terra e delle sue ferite, degli esseri umani e della loro lacrime, a "scegliere sempre l'umano contro il disumano" (p. David Maria Turoldo)
 
«Quando dunque accadranno queste cose?» Il quando è adesso. Perché è 'adesso' che il mondo è fragile, è 'adesso' che la convivenza tra gli uomini è difficile, è 'adesso' che l'amore sembra stia soccombendo. Il cristiano è chiamato non a nascondersi, ma a stare in mezzo al mondo e a prendersene cura. Stare vicino alle croci con perseveranza, non solo se capita, ma come un progetto di vita. Il cristiano è un costruttore. Deve essere un costruttore di giustizia, di pace, di amore, di fraternità. Perché questi sono i materiali per l'edificazione del Regno. Perché queste sono le realtà che sfuggono alla "fine dei tempi" e anticipano "i cieli nuovi e la terra nuova".
 
«Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto» Ancora una volta l'infinita cura di Dio per l'infinitamente piccolo perché nulla è insignificante di ciò che appartiene all'amato. Gesù insegna a vivere lo slancio di un abbraccio che va dall'infinitamente piccolo alla grande storia, da uno solo dei miei capelli a tutto il futuro dell'universo. E a fare questo vivendo nella speranza.
Nel caos della storia lo sguardo di Dio è concentrato su di me, non come giudice che incombe, ma come custode attento ad ogni mia 'briciola'. Niente è troppo piccolo: e se non sarà esentato dalla distruzione nel giorno dell'odio, certamente sarà salvato poi nel giorno del Signore.
Come attendere quel giorno? Con una spiritualità del quotidiano, sporcandosi le mani per costruire 'umanità' e 'unità' nella trama dei giorni, nella fragilità delle cose terrene. Luca dice di essere saldi nella «perseveranza», un termine che racconta tutta la forza necessaria lungo la sofferenza attraverso cui si deve passare, ma che insieme respira la speranza in Colui che mi conta i capelli sul capo.
 
«Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita». La vita si salva non nel disimpegno, ma nel tenace, umile, quotidiano lavoro che si prende cura della terra e delle sue ferite. Senza cedere né allo scoraggiamento né alle seduzioni dei falsi profeti.
E se attendo ancora il Signore non è in base ai segni deludenti che vedo nel groviglio sanguinoso dei giorni, ma per la serenità della fede in Qualcuno che mi conta i capelli in capo e si ripropone ogni istante come un Dio esperto d'amore.
 
 

 
Letture:
Malachia 3,19-20
Salmo 97
2Tessalonicesi 3,7-12
Luca 21,5-19
 
 
 

 
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,5-19)

In quel tempo, mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, Gesù disse: «Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta».
Gli domandarono: «Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?». Rispose: «Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: "Sono io", e: "Il tempo è vicino". Non andate dietro a loro! Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine».
Poi diceva loro: «Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. Avrete allora occasione di dare testimonianza. Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere.
Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; sarete odiati da tutti a causa del mio nome. Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto.
Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita».
 
 

06 novembre 2025

La casa ultima del Padre sei proprio tu - 9/11/2025 - Dedicazione della Basilica Lateranense

 
Basilica di San Giovanni in Laterano

 
Gesù amava molto il tempio di Gerusalemme, lo ammirava, si è indignato coi mercanti, ha pianto pensando alla sua distruzione imminente (Lc 19,41-44).
Eppure lo ha anche radicalmente contestato: «Né in Samaria, né in Gerusalemme adorerete il Padre, ma in spirito e verità» (Gv 4,21) ha detto alla samaritana. Nel Vangelo di oggi proclama che «è la casa del Padre mio», ma aggiunge: «Distruggete questo tempio e io in tre giorni lo farò risorgere». E l'evangelista specifica: «Ma egli parlava del tempio del suo corpo».
Il Figlio si è incarnato per riavvicinare l'uomo a Dio, per farci trovare il luogo dove la presenza di Dio è più forte: non una stupenda costruzione di pietre, ma il vivo corpo di un essere umano. La piena rivelazione della divinità è l'umanità di Gesù. Il divino raggiunge la sua pienezza solo nell'umano, in un corpo d'uomo, in un corpo di donna. È nell'umanità di Gesù che scopriamo il volto accogliente, amante, misericordioso del Padre.
 
Gesù ci supplica di sostituire la teologia del tempio di pietra, con la teologia del tempio di carne, dei figli di Dio come santuario di Dio. Anch'io sono il luogo dove l'Onnipotente che non ha dove posare il capo, cerca casa.
San Paolo ci dice che «siete tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi» (seconda lettura). Dio, l'Infinito, ha scelto te per fare il suo nido. Gli sei piaciuto così tanto che ha fatto di te la sua casa, il luogo dove riposare, trovare sicurezza, godere del calore della famiglia e degli amici.
E i segni della vita e dell'età, le ferite delle malattie, per quanto grandi e profonde, non possono cancellare questa realtà; non riescono a sminuire la tua dignità, la tua grandezza, la tua bellezza. La casa ultima del Padre sei tu.
 
 

 
Letture:
Ezechiele 47, 1-2.8-9.12
Salmo 45
1Corinti 3,9-11.16-17
Giovanni 2, 13-22
 
 
 

 
Dal Vangelo secondo Giovanni (Gv 2, 13-22)

Si avvicinava la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe e, là seduti, i cambiamonete.
Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio, con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiamonete e ne rovesciò i banchi, e ai venditori di colombe disse: «Portate via di qui queste cose e non fate della casa del Padre mio un mercato!».
I suoi discepoli si ricordarono che sta scritto: «Lo zelo per la tua casa mi divorerà».
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?». Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere». Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.