Ho passato una domenica un po' particolare, a contatto con la sofferenza.
Tutto è iniziato subito dopo la Messa quando mi hanno chiesto di trovare con urgenza uno dei preti per un'Unzione degli infermi. Poi c'è stata la ragazza che è stata abbandonata ad un mese dal matrimonio, poi la nonnina a cui porto ogni domenica la Comunione, e mentre tornavo a casa, la persona che non vedevo da molto tempo e che ha notevoli problemi psichiatrici, e che mi ha fermato per parlarmi dei suoi problemi, sia quelli vecchi che quelli nuovi.
Al pomeriggio poi ero con mia moglie in ospedale a trovare un amico ricoverato per una grave malattia. Questo è stato il momento più difficile. Varcare nuovamente quella porta dell'ospedale è stato come ripiombare in un periodo della mia vita che fa ancora male: quello della sofferenza e della morte di persone a noi care.
La serata si è poi conclusa con la notizia della morte del padre di una nostra amica.
Una giornata a stretto contatto con la sofferenza in vari suoi aspetti. E pensavo che proprio sabato il Papa ha pubblicato un'enciclica sulla speranza. Al di là di ogni parola, al di là di ogni teoria, siamo chiamati a portare un segno di speranza in situazioni come quelle di cui sopra. A volte penso che non sia tanto importante quanta speranza abbiamo, ma quanta speranza riusciamo a donare, a mostrare, a comunicare.
Non so quanta speranza sia riuscito a donare (né se ne abbia data), ma in fondo è stata una bella domenica. Bella perché passata immerso nella vita degli altri, con le loro gioie e con i loro dolori, cioè con la loro umanità.
Tutto è iniziato subito dopo la Messa quando mi hanno chiesto di trovare con urgenza uno dei preti per un'Unzione degli infermi. Poi c'è stata la ragazza che è stata abbandonata ad un mese dal matrimonio, poi la nonnina a cui porto ogni domenica la Comunione, e mentre tornavo a casa, la persona che non vedevo da molto tempo e che ha notevoli problemi psichiatrici, e che mi ha fermato per parlarmi dei suoi problemi, sia quelli vecchi che quelli nuovi.
Al pomeriggio poi ero con mia moglie in ospedale a trovare un amico ricoverato per una grave malattia. Questo è stato il momento più difficile. Varcare nuovamente quella porta dell'ospedale è stato come ripiombare in un periodo della mia vita che fa ancora male: quello della sofferenza e della morte di persone a noi care.
La serata si è poi conclusa con la notizia della morte del padre di una nostra amica.
Una giornata a stretto contatto con la sofferenza in vari suoi aspetti. E pensavo che proprio sabato il Papa ha pubblicato un'enciclica sulla speranza. Al di là di ogni parola, al di là di ogni teoria, siamo chiamati a portare un segno di speranza in situazioni come quelle di cui sopra. A volte penso che non sia tanto importante quanta speranza abbiamo, ma quanta speranza riusciamo a donare, a mostrare, a comunicare.
Non so quanta speranza sia riuscito a donare (né se ne abbia data), ma in fondo è stata una bella domenica. Bella perché passata immerso nella vita degli altri, con le loro gioie e con i loro dolori, cioè con la loro umanità.
Penso che al di là di ogni discorso cmq ci sia sempre una componente umana che soffre (per la sofferenza, scomparsa, difficoltà di qualcuno) e la speranza (o certezza?) spirituale che è per certi versi l'unica spinta (irrazionale) secondo me che riesce poi a farti superare i momenti difficili e farti comprendere appieno la vita
RispondiEliminaGrazie per le tue belle parole, caro sPunto. Non so però fino a che punto sia una spinta irrazionale. In ogni situazione di male, questo male non è mai così assoluto da non lasciare almeno uno spiraglio al bene. Per spiegarmi meglio ti rimando all'altro mio blog, e in particolare alla mia seconda risposta
RispondiElimina(http://2timoteo.blogspot.com/2007/
11/messaggio-per-noi-oggi.html)
(riunisci il link spezzato)
Penso che il breve racconto che riporto sia molto esplicativo.
Pace e benedizione
Julo d.