27 dicembre 2014

Polpettone di tonno

Una tradizione della cena della vigilia di Natale nella famiglia di mia moglie era il 'polpettone di tonno'. E da quando siamo sposati è diventata anche una nostra tradizione.

Ecco la ricetta per 4 persone:

3 scatole di tonno da 120 gr.
3 uova
abbondante grana (o parmigiano reggiano) grattugiato
noce moscata.

Sgocciolare le tre scatolette di tonno e mettere il contenuto in una terrina. Unirvi 2 uova intere e 1 tuorlo. Con una forchetta iniziare ad amalgamare il tutto, aggiungendo il formaggio grattugiato in quantità tale da ottenere un impasto sodo ma morbido. Un spolveratina di noce moscata da un gusto più marcato, ma se non piace di può anche farne a meno.

Quando l'impasto è pronto, prendere della carta da forno e mettervi sopra l'impasto e dopo avergli dato la forma di un polpettone, avvolgerlo nella carta. Chiudere le estremità con dello spago da cucina in modo da fare una specie di caramella. Immergere il tutto in acqua bollente e lasciarlo a cuocere per 20 minuti dalla ripresa del bollore.

Scaduto il tempo estrarre la 'caramella' dall'acqua, togliere la carta e lasciare raffreddare. Quando il polpettone è a temperatura ambiente tagliarlo a fatte di circa un dito (se si sbriciola significa che l'impasto era troppo morbido, la prossima volta mettere più grana o 1 uovo+2 tuorli). Guarnire con un po' di maionese e, se piacciono, capperi o olive.

Da mangiare a temperatura ambiente.

Non ho potuto fare foto perché intanto che sono andato a prendere la macchina fotografica, l'hanno mangiato tutto.

24 dicembre 2014

Buon Natale!!!!!

Nel 2004 gli ascoltatori della BBC l'hanno votata come più bella canzone di Natale.

La dedico a tutte quelle persone per cui il Natale non è uno svolazzare di angioletti paffuti e un ridere di pastori appena usciti dalla lavatrice, ma immersione nel mistero pasquale di Cristo, cioè Incarnazione, Passione, Morte e Risurrezione. A tutte quelle persone, e sono sempre di più, che in questi giorni sentono aumentare la loro sofferenza

Che colui che è nato nella "casa del pane" (Betlemme) e che subito si è fatto pane spezzato per noi (lo hanno deposto in una mangiatoia, cioè dove si mette il cibo, avvolto in fasce, come lo deporranno avvolto in fasce in un sepolcro) raccolga le vostre preziose lacrime, vi abbracci e vi doni la sua pace.

Buon Natale



20 dicembre 2014

Quarta domenica Avvento 2014

Nell'Incarnazione, in Gesù, l'umano e il divino si riuniscono. Dio si dona all'uomo, si fa uomo per ricostruire l'uomo, per farlo tornare a quella grandezza, a quella gloria che il Creatore vuole per lui. E c'è un solo modo per ricostruire un essere umano: il perdono.

Con l'Incarnazione Dio ci dice:
"Accetta il mio perdono. È il mio regalo per te. 
Ti perdono tutto. 
Ti perdono tutte le volte che nei tuoi fratelli hai visto dei nemici, tutte le volte che li hai sfruttati, umiliati, schiacciati per il tuo interesse. 
Ti perdono tutte le cose che anche tu fai fatica a perdonarti, tutte le cose che neanche tu ti perdoni. 
Ti perdono tutte le volte che mi hai usato per il tuo egoismo, tutte le volte che hai usato il mio nome per uccidere, tutte le volte che ti sei fatto scudo di me per andare contro gli altri uomini. 
Ti perdono tutte le volte che hai rovinato, deturpato, distrutto quel gioiello che è la Terra e che ti avevo affidato perché tu la rendessi ancora più bella. 
Ti perdono tutto, ma proprio tutto. 
Accogli il mio perdono, per piacere.
E dopo cerca anche tu di perdonare. 
Perdona i tuoi fratelli, perdona gli altri esseri umani, sono deboli e impauriti come te. 
Perdona te stesso. Perdonati di non riuscire ad essere dappertutto, perdonati di non riuscire a fare tutto, perdonati di non riuscire a prevedere tutto, perdonati di fare scelte che poi si rivelano sbagliate. Perdonati, te ne prego!  
E alla fine perdona anche me. Perdonami per tutte le volte che ti sei sentito abbandonato da me, perdonami per tutte le volte ti sei sentito condannato da me, perdonami per tutte le volte che non ti sei sentito amato da me."

Dopo l'Incarnazione, in quel bambino deposto in una mangiatoia, noi possiamo stringere la mano a Dio, dirci a vicenda "Mi dispiace". Possiamo parlarGli liberamente, senza né acrimonia né timore, senza tremore. 
Siamo amici! 
E come i veri amici, ci siamo perdonati a vicenda. Come veri amici andiamo a festeggiare insieme, a gioire insieme.


Buon Natale!

14 dicembre 2014

Non tutti i Crocifissi sono uguali

Crocifisso di Furelos (Galizia)
A noi cristiani viene spesso rivolto l'invito a "guardare al crocifisso", di trarre da quel Dio inchiodato la forza, la spinta a vivere fino in fondo il difficile compito di essere cristiani, di essere uomini.
E anche nella vita dei santi c'è, quasi una costante, il sostare davanti al Crocifisso come momento importante, vitale. Un caso noto è il Crocifisso che ha parlato a san Francesco. 

Ma c'è crocifisso e crocifisso, i crocifissi non sono tutti uguali e quello che piace a una persona, ad un'altra non dice niente. 
Ho visto molti crocifissi, alcuni inguardabili, altri belli, alcuni mi hanno attirato, pochi mi hanno veramente scaldato il cuore, ma solo uno mi ha "parlato" e spesso mi "parla".

A Furelos, un paesino una cinquantina di km prima di Santiago, lungo il cammino francese c'è un Crocifisso molto particolare. Lo potete vedere nella foto. Alcuni lo chiamano il 'crocifisso del pellegrino' perché, essendo solo a 2-3 giorni di cammino da Santiago, quella mano protesa in basso sembra voglia detergere il sudore dalla fronte del pellegrino.

Quando ho visto la prima volta anch'io ho pensato lo stesso. Ma poi man mano che lo guardavo sentivo che c'era altro, molto altro.
A volte quel gesto, quel braccio mi diceva "tu che ti lamenti tanto, vieni un po' qui con me". Altre volte invece diceva "visto che non ce la fai più, passami un po' la tua croce, che tanto la mia è un po' più leggera". O ancora "lascia che ti accarezzi, non aver paura". Oppure "dammi il 5". E anche "qualche volta di meriteresti proprio un ceffone!"
Ogni volta che guardo quel Crocifisso sento dentro me qualcosa. Non è sempre ciò che vorrei sentire. Ma è sempre ciò di cui ho bisogno.

P.S.: Una leggenda spagnola racconta che un penitente andava sempre a confessare lo stesso peccato dallo stesso sacerdote. Il sacerdote, alla fine, gli dava l'assoluzione, raccomandandogli però di emendarsi. All'ennesima confessione, si spazientì e non volle più dargli l'assoluzione. Si sentì allora una voce proveniente dal Crocifisso posto dietro il confessionale "Non sei mica morto tu in Croce per lui..." e Cristo abbassò il braccio dalla Croce per dare lui stesso l'assoluzione al penitente.
Non so, né sono riuscito a scoprire, se questa leggenda sia collegata o meno con quel Crocifisso. E nel caso lo fosse, se il Crocifisso nasce dalla leggenda o se la leggenda nasce dal Crocifisso. Comunque sia, questa non toglie niente a quanto detto sopra. Anzi. Aggiunge anche il fatto che la verità di Dio è il perdono. Dio è sé stesso solo nel perdono. E anche se tutto il mondo ci condanna, Lui non vuole far altro che perdonarci.

13 dicembre 2014

Terza domenica Avvento 2014

Avvento, cioè l’attesa dell'Emmanuel, del "Dio con noi".

Sinceramente questa frase, Dio con noi, mi fa un po’ di paura. Quanti orrendi delitti, quante stragi sono state commesse con questa frase sulle labbra e sulle bandiere. Era il motto delle SS che hanno sterminato milioni di ebrei, di zingari, di malati. Penso che quando noi diciamo "Dio con noi" dovremmo sempre mettere alla fine di questa frase un punto interrogativo (Dio con noi?). Perché non dobbiamo preoccuparci se Dio è con noi, ma se noi siamo con Dio!

Ma a volte penso che neanche quando ce lo dice Dio stesso siamo sempre d'accordo. Perché un Dio con noi ci fa comodo quando abbiamo bisogno di qualcuno che ci dia una mano. Però un Dio con noi è un Dio sempre presente. E a volte Dio, se presente, potrebbe ricordarci che con certe operazioni Lui non è per niente d'accordo (anche se noi millantiamo di farle in suo nome), potrebbe farci notare che non è molto d'accordo sul fatto che noi si abbia il problema di mangiare troppo quando ci sono milioni di nostri fratelli che muoiono di fame, potrebbe farci notare che una società in cui le differenze tra chi sta bene e chi sta male invece di diminuire aumentano non ha nulla di cristiano, potrebbe farci notare che far finta di non vedere non è proprio l'atteggiamento del buon samaritano (e neanche del semplice cristiano).

Dio è con noi per consolarci, per gioire e soffrire con noi. Ma se abbiamo bisogno di una sgridata Lui c'è sempre. E allora in questo Avvento prepariamoci ad accoglierlo col cuore, ma anche con le orecchie ben spalancate.

06 dicembre 2014

Seconda domenica Avvento 2014

La parola 'Avvento' richiama un'altra parola: avventura. Gli adulti, quando sentono parlare di "avventura", la prima cosa a cui pensano è a una trasgressione sessuale. Per i bambini invece "avventura" è sinonimo di una cosa inusuale, inaspettata, di un avvenimento singolare e straordinario. E l'Avvento è un'avventura nel secondo significato, è letteralmente il Nuovo che ti viene incontro e che ti sconvolge per sempre.

Perché quando Dio viene nella tua vita e tu l'accogli, è l'inizio di un'avventura che cambia tutta la tua vita. Dopo niente è più lo stesso.
Puoi ritrovarti come Zaccheo, che da truffatore (perché tali erano anche allora gli esattori delle tasse) diventa benefattore, una persona che continua a non rispettare la legge, ma perché fa più di quanto la legge richiede.
Oppure come il ladrone, che da una vita di furti e rapine si trova ad essere il primo santo, e l'unico canonizzato da Gesù stesso.
Ma il più delle volte te la cambia come a Marta, Maria e il loro fratello Lazzaro, come tutte le innumerevoli persone che in questi 2000 anni hanno continuato la loro vita apparentemente, esteriormente, sempre nella stessa maniera. Ma quello che era cambiato era il loro cuore, che adesso aperto all'amore verso tutti, e il loro sguardo, che adesso vedeva tutti.


E quando arriverai verso il termine della tua presenza su questa terra, quando ti accorgerai che realmente anche a te sarà capitato quanto annunciato a Pietro, cioè che un altro ti aveva portato dove tu non saresti mai arrivato, dove tu non avresti mai voluto andare, allora ti renderai conto che non vorresti essere da nessun'altra parte, e per l'ultima volta protenderai le tue braccia verso di Lui e lo abbraccerai dicendo “Grazie Signore, mi hai dato più di quanto sperassi, più di quanto meritassi

03 dicembre 2014

Salvarsi l'anima? No grazie, sono cristiano!

Una volta molto spesso, ora per fortuna meno, si sentiva in chiesa e ambienti limitrofi una frase che proprio non sopporto. Nella sua forma più generale è "salvarsi l'anima". In solo due parole tutta una visione che non ha niente di cristiano per due motivi.

"salvarsi". Il verbo riflessivo indica che io sono sia il soggetto che l'oggetto dell'azione. In questo caso io sono sia il salvato che il salvatore. E questo per un cristiano è un'eresia: c'è un unico Salvatore, Gesù Cristo.
Questa è l'interpretazione limite. Ma c'è l'interpretazione comune. Cioè la salvezza dipende dal mio comportamento, dalle mie azioni, dal mio rispettare le regole. Ma in tutto questo cosa c'entra Dio? a cosa serve l'Incarnazione-Passione-Morte e Risurrezione di Gesù se la mia salvezza dipende unicamente dal mio comportamento? E poi se io, in un qualche modo in base alle mie azioni, posso pensare di 'meritare' la salvezza, non finisco per instaurare con Dio un rapporto di tipo commerciale, un rapporto di dare-avere?
In questo concetto, salvarsi, c'è la completa negazione di un rapporto Padre-figlio, di un rapporto basato solo sull'amore. Siamo come il figlio maggiore della parabola del Padre misericordioso (figlio prodigo) che, badiamo bene, non viene detto che partecipa al banchetto, come gli operai della prima ora che se la prendono col Padrone.
La salvezza ci è offerta gratuitamente, ci è donata. Non dobbiamo fare il bene per meritarla. Ma facciamo il bene perché abbiamo accettato il dono.
In tante persone cosiddette pie si ha proprio la forte impressione che se non fosse per la faccenda dell'inferno si comporterebbero in tutt'altra maniera. Non si rendono conto che la gioia è qui e adesso e non solo in un domani, dopo la morte. La gioia vera non è nel non fare il male per paura dell'inferno, la vera gioia è nel fare il bene per il bene e non per il paradiso. Amare, ma amare veramente, è il nostro anticipo di paradiso, è vivere il Regno di Dio che è già presente oggi.
La salvezza non è una meta da conquistare, ma un dono da accettare adesso e iniziare ad assaporare adesso. Non occorre aspettare di essere morti.

"l'anima". La visione dualistica corpo-anima non è biblica, deriva dal platonismo greco. Per gli ebrei l'uomo è costituito dall'intima unione di corpo, anima e spirito (s. Paolo: "tutto ciò che è vostro, corpo, anima e spirito"). E io sono l'intima e unica unione di queste tre entità, non sono solo la mia anima. E sono tutto 'io' che vengo salvato, non solo la mia anima. E difatti nel Credo che recitiamo ad ogni messa domenicale diciamo di credere alla risurrezione della carne (non alla salvezza dell'anima). Noi crediamo in un Dio incarnato, un Dio fattosi uomo e risorto col suo corpo.
Nel cristianesimo non c'è la dualità, tipicamente greca, corpo-anima come entità contrapposte. C'è l'armoniosa crescita e sviluppo dell'uomo, cioè della triade corpo-anima-spirito. Volere la salvezza della sola anima è sminuire il grande dono dell'Incarnazione, e non volere la propria salvezza.