"... congeda la folla perché vada nei villaggi ..."
Quante volte noi, di fronte agli immigrati, a quanti vengono a cercare pane e speranza qui da noi, abbiamo pensato "che ognuno torni a casa sua invece di vivere di espedienti e magari malamente in un altro mondo!", "non c'è lavoro neanche per noi, perché dovremmo darne a loro?"
E lo stesso è anche per gli apostoli. Qui sembra quasi dicano: "Si arrangino". Questa frase continua a risuonare nel mondo e nella nostra testa con infinite variazioni: "Sono fatti loro ... lo non c'entro ... Non è compito mio ... Ci sono le strutture apposta, paghiamo le tasse proprio per questo ... Qualcuno comunque dovrà pur pensarci ... Che ci posso fare io? ... Mica posso portarmi a casa tutta quella gente ... Bisogna che i responsabili si decidano a intervenire ... Occorre provvedere ... E poi, diciamola tutta, anche loro devono darsi da fare, mica pretendere sempre dagli altri ... Noi abbiamo già guai a sufficienza per conto nostro ...".
La tentazione di rinchiudersi nel proprio piccolo, soprattutto nei momenti di difficoltà, è molto forte e anche molto umana.
Ma è sempre una tentazione.
" ... a comprarsi da mangiare."
È la logica del mondo, logica comune: se vuoi qualcosa lo devi pagare. Ogni cosa ha il suo prezzo. E anche i rapporti umani si basano sul 'dare-per-avere' e non sull'amore, sull'amicizia, sulla solidarietà. E si finisce per avere lo stesso tipo di rapporto anche con Dio: dobbiamo "acquistare" il Paradiso, dobbiamo 'comprare' il suo amore con le nostre sofferenze, le nostre rinunce, i nostri sacrifici.
Ma Gesù ribalta il nostro modo di pensare : "Non occorre che vadano; voi stessi date loro da mangiare"
Gesù ci ricorda che rimandarli a casa loro non è certamente l'unica soluzione. È la via più facile, ma sicuramente non la migliore. Un'altra via è possibile: condividere.
Gesù non dice: vendete, barattate, prestate. Dice, molto semplicemente: "date". Gesù non vuole allontanare nessuno dà sé, Lui vuole tutti intorno a mangiare con lui. È un'immagine molto materna di Dio, un Dio che vuole nutrire, un Dio che vuole gioire della tavola condivisa. Quante volte nel Vangelo lo si vede intento a condividere il pasto con altri, e lo si vede contento di fare questo: da Cana all'ultima cena, da Emmaus fino a quando cuoce il pesce sulla riva del lago per i suoi apostoli.
Perché il segreto è solo questo: dare. Anche solo cinque pani e due pesci, ma da condividere. Anche se è solo miseria, ma è da condividere. Anche se è il nulla, è da condividere. Il nulla condiviso fa meno paura. La miseria condivisa fa soffrire di meno. Il poco condiviso addirittura fa miracoli. Perché 'in quel tempo' sul lago di Galilea il miracolo lo fece il Maestro; ma oggi, qui, nella nostra Galilea delle Genti, il miracolo lo fa la carità condivisa, lo fa la povertà condivisa, lo fa la grazia condivisa. La grazia non cade dal cielo come la manna, come un fulmine: la grazia è come la verità, "germoglia dalla terra perché la giustizia si affaccia dal cielo" (Sal. 85, 12).
È una regola divina: quello che condividi con gli altri non va perduto, aumenta; quando il pane da mio diventa nostro, non diminuisce, si moltiplica. Gesù ha sfamato diecimila persone, ma ha detto: "Voi farete cose ancora più grandi" (Gv 14,12). Sfamare tutta la terra è possibile, se diventa possibile la condivisione. Dio vince la fame attraverso le nostre mani quando imparano a donare.
Un'ultima considerazione
"Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini."
Il fatto è che le donne, allora, non venivano contate perché 'non contavano', erano trascurabili, erano un nulla, proprio come i bambini. Oggi si contano - specialmente quando si tratta di riempire le chiese - ma non è detto che contino molto di più. La mentalità di Matteo si è tramandata fino a noi, di generazione in generazione, per via ... celibataria.