L'evangelista Giovanni mette il famoso episodio della cacciata dei mercanti del tempio proprio all'inizio della predicazione di Gesù. Così ci avverte che per rinnovare la nostra fede, il nostro vivere da cristiani, è necessario partire da qui, dal venire liberati dai numerosi 'mercanti', sia 'ufficiali' che abusivi, che si mettono in mezzo tra noi e Dio.
Leggere questo brano da semplici spettatori, usarlo cioè come frusta per scagliarsi contro i negozi che nei pressi dei santuari vendono oggetti religiosi, contro i preti che 'fanno pagare' le messe o i matrimoni, contro i viaggi organizzati verso vari luoghi di apparizioni più o meno miracolose (solo per fare alcuni esempi), ci impedisce di capire il senso profondo del gesto di Gesù, cosa esso significhi per noi e per la nostra fede.
San Paolo ci ricorda che il nostro corpo «è tempio dello Spirito Santo» (1Cor 6,19). È dentro di noi, nel tempio che è il nostro corpo, che dobbiamo lasciar entrare Gesù perché scacci i mercanti che vi hanno preso dimora.
Il primo mercante è quello dell'interesse, cioè quello che ci fa usare la chiesa e la fede per il nostro tornaconto, per avere un qualche potere, dei privilegi, del prestigio. Invece di servire cerchiamo di essere serviti, invece di essere servitori cerchiamo di servirci. Tutte le volte che ci sentiamo più meritevoli, migliori degli altri solo perché noi 'crediamo', siamo come quei mercanti che profanano il tempio di Dio.
Un altro mercante che ci profana è quello che ci spinge a mercanteggiare col Signore, a cercare di 'comprarsi' il suo favore, di piegarlo alla nostra volontà. Quello che ci fa pensare 'io ti ho dato ..., ho rinunciato a ..., ho fatto questo e quello, e allora adesso Tu, Signore, devi fare come voglio io'.
È instaurare col Signore non un rapporto Padre-figlio, un rapporto d'amore, ma un rapporto do-ut-des, un rapporto 'commerciale'. È un 'comprare' che in fondo denota che non ci fidiamo fino in fondo di Dio. È come se ascoltassimo, e in qualche maniera ne tenessimo conto, le parole che il serpente ha rivolto ad Eva nel giardino in Eden: 'non ti fidare di Dio, sta cercando di imbrogliarti'.
Sono questi i mercanti che Gesù è venuto a scacciare dal nostro tempio. Lo fa perché sono incompatibili col Padre che conosce Lui e che vuole farci conoscere e amare. Lo fa all'inizio della sua missione proprio perché solo se ci liberiamo di loro possiamo aprirci ad accogliere il Padre che il Cristo ci rivela. Un Padre che non sta in cielo ad osservare il nostro comportamento con la lente d'ingrandimento, che non pesa col bilancino di precisione il bene e il male che facciamo.
Gesù ci rivela un Padre che scende tra di noi per incontrarci, che percorre tutte le strade per abbracciarci, che non si stanca mai di amarci, di soffrire per ognuno di noi e con ognuno di noi.
Ma soprattutto un Padre che non smette mai di donarci la sua pace, che non smette mai di sperare che noi accettiamo il suo dono: fare festa con Lui per l'eternità.
(Es 20,1-17; Sal 18; 1Cor 1,22-25; Gv 2,13-25)
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