Il Vangelo di oggi ha un'essenzialità estrema, sembra quasi un foglietto di istruzioni, ma in realtà è molto profondo.
Una prima cosa si nota per quanto riguarda l'equipaggiamento, le cose da portare: Marco concede il bastone e i sandali che gli altri evangelisti invece proibiscono. E comunque le indicazioni dei sinottici sono diverse e in parte contradditorie. Non è un dress-code o l'elenco di cosa è consentito e cosa è proibito al check-in del missionario!
È l'indicazione di un atteggiamento. È la sottolineatura dell'esigenza di essenzialità, di leggerezza, di libertà, di disponibilità. Non si devono cercare altri 'appoggi' oltre al comando di Cristo. Si deve rinunciare alle sicurezze umane, per contare sull'unica sicurezza della potenza del Vangelo. «Quando sono debole, è allora che sono forte» (2Cor 12,10), proprio perché appaia che la potenza è del Vangelo, non dei mezzi o delle persone impiegati.
Ma c'è da rimarcare anche che vengono mandati «a due a due». Il primo annuncio è proprio questo: l'andare insieme, fianco a fianco. Insieme per dare una testimonianza credibile (la legge ebraica prevedeva che una testimonianza fosse valida solo se portata da almeno due testimoni). Ma c'è anche il fatto che essere in due ha i suoi vantaggi (ci si aiuta, ci si sorregge a vicenda), ma ha anche le sue fatiche, perché ti costringe al confronto e alla messa in discussione, cose che sono costruttive, ma che tuttavia richiedono impegno e soprattutto sono un colpo duro al proprio orgoglio e all'individualismo. Quindi essere in due è anche una testimonianza di unità, di solidarietà, di comunità. Essere in due è segno di tutta la serietà del messaggio.
Però in questo brano mancano due cose.
La prima è che i Dodici vengono mandati ... ma non viene detto 'dove' devono andare.
Non si viene mandati in un 'posto', ma ogni posto è il luogo in cui siamo mandati. Ogni posto in cui ci troviamo è il luogo della nostra testimonianza: il lavoro, la famiglia, il bar, la scuola, il supermercato, la strada. Ogni nostro passo nella vita deve essere testimonianza, segno di riconciliazione e sorgente di serenità e vita («scacciavano molti demòni, ungevano con olio molti infermi e li guarivano»)
La seconda è che non viene detto quali dovevano essere gli argomenti della predicazione.
Questo perché la predicazione principale, la prima e più importante non va fatta con le parole. Va fatta con la vita. Dev'essere tutta la nostra vita che parla di Dio. In ogni nostro gesto, in ogni nostra azione, ci dovrebbe essere il sapore, l'odore di Dio.
Solo così le nostre parole possono essere reale segno. Solo così possono essere concretezza e non 'aria fritta'.
Inoltre, non avendo la scaletta dei discorsi da tenere, siamo obbligati ad adeguare le nostre parole alla realtà che incontriamo. Siamo chiamati a chiedere l'aiuto dello Spirito Santo per leggere i "segni dei tempi", capire come meglio affrontare le varie situazioni. Si tratta ci capire quando è meglio spronare e quando è meglio consolare, quando è meglio ammonire e quando è meglio abbracciare. Non si possono usare le stesse parole e gli stessi gesti per ogni situazione e con ogni persona.
(Am 7,12-15; Sal 84; Ef 1,3-14; Mc 6,7-13)
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