30 settembre 2021

Anche Dio sogna - 03/10/2021 - XXVII Domenica tempo ordinario

Le nozze di Cana (M. I. Rupnik s.j.)

 

A ben guardare, quando Gesù dice «Per la durezza del vostro cuore [Mosè] scrisse per voi questa norma» fa un'affermazione enorme: non tutta la legge, che noi diciamo di Dio, ha origine divina. La Bibbia non è un idolo intoccabile, richiede intelligenza e un cuore gonfio d'amore. C'è qualcosa che vale più della legge scritta. "Mettere la legge prima della persona è l'essenza della bestemmia" scrisse Simone Weil, ma lo stesso Gesù ci ricorda spesso che la legge deve servire la vita dell'uomo e non viceversa, che la Legge a cui tutte le norme devono adeguarsi è quella dell'amore.

Gesù vuole sempre riportarci a quello che è il sogno originario di Dio. Questa volta ci porta dentro il sogno di Dio quando ha creato l'uomo e la donna. Perché Dio non legifera, ma crea la vita. E il sogno di Dio è che nessuno sia solo, senza sicurezza. Nel sogno di Dio l'uomo e la donna non firmano un contratto più o meno vincolante, ma vivono quell'amore che trasforma sesso ed eros in una comunione perfetta, in un segno vivo dell'amore divino.

Gesù non restringe lo sguardo sul dettato della legge, ma apre il suo e il nostro sguardo alle possibilità dell'uomo. Ritornare alla volontà originaria del Padre nonostante la nostra fragilità e le nostre debolezze significa ritrovare in Lui quella forza che non riusciamo a ricavare da noi stessi.
Gesù non ci chiede di prolungare un rapporto puramente esteriore, di vivere una fedeltà "come una corda al collo" priva di gioia.
Lui ci invita ad una fedeltà creativa, non ripetitiva. Una fedeltà sulla linea dell'amore, non della legge. Ci chiede di vivere un'alleanza, non un contratto. Una fedeltà che progetti il futuro, non che prolunghi il passato. Non si tratta di 'continuare', ma di ricominciare ogni giorno.
Fedeltà non è puntellare un edificio traballante, ma rifarlo ogni giorno sempre nuovo e sempre più bello.

E quando, nonostante tutto, il legame si attenua e si logora, quando l'abitudine prende il sopravvento, quando i difetti iniziano a pesare un po' più dei pregi, cosa fare?
Anche Dio ha conosciuto tantissime difficoltà nel suo rapporto con l'essere umano. Ci sono stati anche grossi 'incidenti'. Anche Dio si è stancato ed è arrivato al punto di non poterne più, di dire "basta!"
E a quel punto è sceso a cercare l'uomo. Quando la distanza tra Lui e l'uomo è diventata incolmabile, Lui ha deciso di abolirla. Con l'Incarnazione Dio non è venuto a darci in mano l'atto di ripudio. Ci ha dato, invece, la 'gioiosa notizia' del suo amore inguaribile per tutti noi.


(Gen 2,18-24; Sal 127; Eb 2,9-11; Mc 10,2-16)


23 settembre 2021

Il cuore di Dio non esclude nessuno - 26/09/2021 - XXVI Domenica tempo ordinario

 

Rembrandt - Il ritorno del figlio prodigo (part)


«Chi non è contro di noi è per noi». C'è un'apparente contraddizione tra questa frase e quella riportata da Matteo: «Chi non è con me è contro di me» (Mt 12, 30). I contesti in cui sono state dette queste frasi sono molto differenti.
Mentre in Matteo erano degli ebrei che criticavano Gesù, qui ci troviamo di fronte ad una persona estranea alla comunità dei fedeli che sta facendo del bene 'usando' il nome di Gesù.

Mi è capitato spesso di sentire criticare iniziative caritative per il solo fatto di essere portate avanti da non cattolici o non credenti. Gesù invece ci ricorda che i credenti non hanno l'esclusività del bene o dell'amore. Ci ricorda che Dio è amore e che non c'è gesto d'amore che non nasca da Lui e non rimanga in Lui. E questo anche se chi lo compie non conosce Dio.
Il cuore di Dio è più grande delle nostre divisioni, il suo abbraccio stringe, scalda e consola tutti gli esseri viventi. Lui, al contrario di noi, non esclude nessuno.

Ma come i credenti non hanno l'esclusiva del bene, così i non credenti non hanno quella del male.
Quanti 'piccoli' sono stati allontanati dalle nostre incoerenze, dal nostro egoismo, dal nostro sentirci 'migliori'! Quante volte invece di cercare di diventare sempre più a immagine e somiglianza di Dio, abbiamo presentato al mondo una caricatura di Dio fatta a nostra immagine e somiglianza!
È questo uno dei tanti nostri scandali, forse il più grande perché nessuno di noi può sentirsene escluso.

Ma anche in tutto questo la misericordia di Dio ci è vicinissima. E la distanza ce la indica Gesù: «un bicchiere d'acqua». Possiamo mettere tutto il Vangelo in un semplice bicchiere d'acqua donato. Di fronte al dilagare del male che ci circonda e ci penetra basta un poverissimo bicchiere d'acqua. Se poi viene accompagnato da un sorriso e dalla fiducia allora è veramente uno squarcio del Regno di Dio qui tra di noi.


(Num 11,25-29; Sal 18; Giac 5,1-6; Mc 9,38-43.45.47-48)


16 settembre 2021

Chi è il più grande? - 19/09/2021 - XXV Domenica tempo ordinario


 

Gesù nel Vangelo di domenica scorsa invitava ognuno a prendere la sua croce. Adesso aggiunge che alla croce è annessa anche la sua scala di valori e che questa comporta un capovolgimento radicale delle posizioni e della precedenze stabilite 'dal mondo'.
E questo capovolgimento è indicato dalla netta antitesi usata da Gesù: primo-ultimo. L'esempio più immediato gli apostoli ce l'hanno davanti agli occhi, è Gesù. Lui, il primo, è proprio anche il primo a farsi ultimo e servo.

Qui Marco è differente da Matteo, il quale dava l'esempio del bambino come necessità di farsi piccoli. Invece Marco insiste sull'accoglienza da dare al bambino. Dobbiamo rifarci alla mentalità ebraica, per cui è vero che i figli erano considerati un dono di Dio, ma poi non avevano nessun diritto, e venivano considerati più per il loro numero che per la loro persona.
Quindi Gesù, col bambino, indica tutte le realtà insignificanti agli occhi degli uomini, tutto ciò che non ha importanza, che non conta, che non è degno di attenzione, che si trova in condizione di inferiorità. Gesù si identifica con chi è irrilevante, debole, indifeso, bisognoso di assistenza, di tutto.

Ma che rapporto c'è tra l'accoglienza del bambino e il la discussione degli apostoli su chi avesse la precedenza, su chi fosse più grande? Come tante volte, Gesù non dà una risposta diretta, ma sposta il problema su di un altro piano. Parla delle precedenze capovolgendo i termini del problema.
La precedenza, il primo posto non riguarda la propria persona, riguarda gli altri. Si tratta di avere chiarezza non su quale sia il mio valore e il mio posto, ma su chi deve avere il primo posto nella mia attenzione. Siamo chiamati ad onorare ed amare i grandi secondo Dio, cioè coloro che sono piccoli, ultimi, e nei quali Lui si identifica.

Siamo chiamati a farci avanti, ma non per prendere i primi posti e gli onori più alti, ma per accogliere coloro di cui nessuno si interessa, coloro che il mondo rifiuta, calpesta, respinge.
È solo accogliendo queste persone che possiamo realmente accogliere Gesù, e accogliendo Gesù accogliamo anche il Padre che ce lo ha donato.


(Sap 2,12.17-20; Sal 53; Giac 3,16-4,3; Mc 9,30-37)


09 settembre 2021

Partire da una domanda - 12/09/2021 - XXIV Domenica tempo ordinario

 


Questo brano, che si colloca a metà del Vangelo di Marco, ne rappresenta il punto di svolta, il cardine attorno a cui ruota tutto questo Vangelo.
Nei capitoli precedenti risuona spesso la domanda "Chi è costui?" a cui vengono date varie risposte, che però non riescono mai ad arrivare alla piena comprensione della persona di Gesù. A questo punto, dopo tanta catechesi, Pietro dà la risposta giusta.

Pietro pensava, con questa risposta, di essere arrivato al traguardo. Non si rendeva conto che invece quella domanda è un punto di partenza.

Dopo tanto stare insieme a Gesù, arriva il momento in cui Lui ti domanda "chi sono io per te?". E a questa domanda non possiamo rispondere con le parole dotte dei teologi o con le belle espressioni dei poeti, e neanche con le frasi fatte. Siamo costretti a rispondere in maniera personale, trovare la risposta mettendo insieme gli scampoli della nostra vita, i nostri balbettii, i nostri gesti goffi e sgraziati.
E ci rendiamo conto che da questo momento inizia la parte più impegnativa della nostra amicizia con Gesù.

Anche nel Vangelo di Marco da questo brano in poi, i miracoli diventeranno sempre più rari, le folle si assottiglieranno e i nemici si faranno sempre più agguerriti e decisi.

Sapere chi è Gesù significa accettare una svolta nella propria vita, accettare di incamminarsi insieme a Lui lungo una strada su cui si allunga l'ombra di una croce.
E allora ci rendiamo conto che con quella domanda Gesù non vuole sapere come la pensiamo, ma vuole farci prendere coscienza se siamo disposti ad accompagnarlo fino in fondo.

È per questo che c'è l'ordine del silenzio. Le parole ricominceranno a partire dal Calvario e dalla luce della mattina di Pasqua. È solo a quella luce che possiamo attraversare l'ombra delle nostre croci quotidiane.


(Is 50,5-9; Sal 114; Giac 2,14-18; Mc 8,27-35)


02 settembre 2021

Aprirsi alla gioia dell'amore di Dio - 05/09/2021 - XXIII Domenica tempo ordinario

 


Si direbbe che a Gesù piaccia molto passare per i territori pagani, infatti fa un giro strano, come se per andare da Trieste a Roma passasse da Torino!
Non è che non avendo il navigatore satellitare ha sbagliato strada. Il Vangelo non dice il motivo di questo strano giro, però penso sia perché voleva che il suo messaggio di salvezza arrivasse veramente a tutti, anche a quelli che per i Giudei erano gli esclusi. Gesù si dimostra veramente disposto a percorrere tutte le strade per arrivare al nostro cuore.

Come tante altre volte l'incontro con Gesù avviene per il tramite di altre persone (penso al malato calato da un buco fatto nel tetto, o a Giovanni Battista che lo indica ai primi discepoli i quali a loro volta porteranno altri apostoli, solo per fare due esempi). Ma anche noi siamo arrivati a Lui tramite tante persone che ce l'hanno fatto conoscere, e un po' alla volta ci hanno fatto progredire nella nostra amicizia con Gesù.

Queste persone portano il sordomuto davanti a Gesù. Ma il vero incontro, per lui come per ognuno di noi, avviene nell'intimità di un rapporto personale. Difatti Gesù lo porta «in disparte, lontano dalla folla».
I miracoli di Gesù non vogliono mai essere gesti spettacolari fatti per impressionare. Non cerca applausi e facili consensi. La guarigione del corpo è sempre per guarire uno spirito, per ridare dignità, forza, speranza, gioia, ad una o più persone.

Il miracolo avviene con un segno che da allora viene ripetuto in ogni Battesimo: il rito dell'Effatà.
Qui ha un significato molto profondo. Alla saliva, allora, si attribuivano proprietà terapeutiche. Il guardare verso il cielo indica un atteggiamento di preghiera e di apertura a Dio. Questo ci dice che non siamo solamente in un campo medico, siamo ad un livello spirituale.
E l'esclamazione «Apriti!» viene rivolta a tutta la persona. Per la cultura del tempo quando un organo era malato, era tutta la persona che era malata, e tutta la persona necessitava di guarigione. Gesù vuole che non solo la lingua e le orecchie si aprano, ma che tutta la persona si apra alla gioia dell'amore di Dio.
Ma considerando che il miracolo avviene in territorio pagano, allo stesso tempo possiamo pensare che questa formula esprima il desiderio di Gesù che anche i pagani si aprano all'annuncio della Buona Novella, della Notizia che dona Gioia.

La folla, che avrebbe dovuto essere in disparte, però vede il miracolo
«Ha fatto bene ogni cosa» riecheggia la creazione quando Dio «vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona/bella» (Gen 1, 31). Gesù lottando contro la sofferenza non solo riporta la creazione allo splendore originale, ma inaugura una nuova creazione.
«Fa udire i sordi e fa parlare i muti!» riporta quasi alla lettera il brano di Isaia con la descrizione del Messia (Is 35, 5). È il riconoscimento che col gesto di Gesù è arrivato il tempo del Messia, il tempo della salvezza annunciato dai profeti.

L'unico che non parla mai, né prima né dopo il miracolo è proprio il sordomuto. Adesso che ha la possibilità e la capacità di parlare, la dimostra tacendo. Per parlare bisogna avere qualcosa da dire, e le parole più vere nascono solo dal silenzio.
Ma per fare silenzio occorre aver un mistero da adorare.


(Is 35,4-7; Sal 145; Gc 2,1-5; Mc 7,31-37)