Gesù e l'adultera (particolare) Santa Maria del Campo - Ljubljana-Polje (Slo) (mosaico - p. M. Rupnik s.j.) |
Chi ha fatto gli esercizi ignaziani, o anche solo avuto esperienza della preghiera ignaziana, avrà ben presente il primo preambolo della preghiera: la "composizione di luogo" (E.S. 47) cioè utilizzare l'immaginazione per farsi una “icona interiore” della scena che si sta per meditare.
Proprio usando questo metodo, mi colpisce, in questo brano, una cosa che l'evangelista non dice chiaramente ma sottintende: è tutta una questione di sguardi.
Innanzi tutto lo sguardo della donna.
Il suo è uno sguardo che passa dalla paura all'incredulità, allo stupore.
Finora ha fatto esperienza di sguardi di desiderio, oppure di sguardi di condanna. E molto probabilmente in questa scena evangelica molti di quelli che tenevano le pietre in mano avevano entrambi gli sguardi, basta pensare alla storia di "Susanna e i vecchioni" (Dn 13, 1-64).
Ma adesso incontra uno sguardo che non vede in lei né un 'oggetto' di desiderio né un bersaglio per le pietre. Incontra uno sguardo che vede in lei una persona, una sorella.
Poi c'è lo sguardo degli scribi e dei farisei.
Loro vedono in questa donna solo la legge trasgredita. Al centro del loro sguardo non c'è la persona, ma la legge. Tutto, e soprattutto tutti, devono passare questo filtro. Quello che rimane fuori non ha nessuna dignità, non ha nessun diritto. Cessa di essere una persona, un fratello, una sorella, per diventare un oggetto da rifiutare, una cosa da gettare nelle immondizie.
E infine c'è lo sguardo di Gesù.
Il suo è uno sguardo creatore: chiama alla vita una persona, fa emergere il suo essere autentico, reale. Cancella il farabutto, il peccatore e chiama alla vita il santo. Lui non si ferma a quel "poco di buono" che è in noi, ma si ostina a mettere in luce il molto di buono, il meglio che c'è in ognuno di noi.
È uno sguardo rivelatore, perché ci rivela le nostre possibilità, la nostra vera dimensione: quella di figli amati da Dio.
Ha proprio ragione Simone Weil: "ciò che salva è lo sguardo". L'adultera, come Zaccheo, come Matteo-Levi e come molti altri, devono la loro salvezza ad uno sguardo.
La carità comincia dallo sguardo.
Anche noi siamo chiamati a ripulire il nostro sguardo:
- a liberarlo da ogni istinto di separazione e di discriminazione (lui mi piace, mi è simpatico, mi serve - tu no!);
- a purificarlo dalla tentazione di vedere negli altri non degli esseri umani, ma dei problemi;
- a togliergli l'indifferenza che impedisce di vedere le persone, che scivola loro addosso senza neanche accorgersi della loro presenza.
- a liberarlo da ogni istinto di separazione e di discriminazione (lui mi piace, mi è simpatico, mi serve - tu no!);
- a purificarlo dalla tentazione di vedere negli altri non degli esseri umani, ma dei problemi;
- a togliergli l'indifferenza che impedisce di vedere le persone, che scivola loro addosso senza neanche accorgersi della loro presenza.
Anche noi siamo chiamati ad avere uno sguardo guidato dall'amore, pieno di attenzione e che dica: "Ti riconosco il diritto di essere quello che sei. Desidero che tu sia tutto quello che puoi essere" (Agnese Baggio)
(Is 43,16-21; Sal 125; Fil 3,8-14; Gv 8,1-11)