alberi di ulivo |
Pagina complessa quella del Vangelo odierno. Però vorrei soffermarmi sulla parabola, che risulta un po' strana, di non immediata decifrazione.
Abbiano "uno" che va a cercare frutti su un suo albero. È chiaro che questo 'tale' è Dio, Dio che viene a cercare i frutti di quel suo albero che sono io.
Però nella realtà Lui viene sempre travestito. Non sai mai né quando né sotto quali vesti verrà. I travestimenti preferiti sono quelli del poveraccio, dell'emarginato, dello straniero, del profugo, del mendicante, di quello che appartiene ad una delle troppe categorie di rifiutati da questa nostra società. Ma questi non sono i soli travestimenti, Dio ha una fantasia infinita in tutto, anche nel modo di incontrarci. E proprio per questo non possiamo pensare di chiuderci in un recinto, di alzare attorno a noi una palizzata per riservare i nostri frutti a chi noi pensiamo ne sia degno. Essere cristiani significa essere 'esposti', lasciare che ogni essere umano possa entrare nel terreno che ci è stato dato e servirsi dei nostri frutti. Tutti hanno il diritto di allungare le mani e servirsi dei frutti del nostro albero. È solo così che possiamo trasformare il deserto in terreno fertile.
E se non produciamo frutto? Ecco l'infinita pazienza di Dio, la sua misericordia: manda qualcuno che zappi il terreno, sparga concime, si prenda cura di noi. Ma i colpi di zappa sulla nostre radici, le palate di concime non certo profumato, non sono per farci star male, per punirci. Sono per darci più vita. Il Dio della vita non vuole la nostra mortificazione, vuole che muoia ciò che impoverisce la nostra vita. Non vuole i nostri sacrifici, vuole che rendiamo sacri i nostri gesti, la nostra vita. Dio vuole sempre e solo donarci più vita.
Le sole nostre privazioni gradite a Dio sono quelle di cui possono godere gli altri. Il nostro digiuno vale solo in quanto qualcuno viene saziato grazie ad esso.
Il frutto gradito al Signore è che il povero, il vecchio, l'ammalato, il bambino si sentano più amati.
(Es 3,1-8.13-15; Sal 102; 1Cor 10,1-6.10-12; Lc 13,1-9)
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