Angelo (particolare) Santa Maria del Campo - Ljubljana-Polje (SLO) (mosaico - Centro Aletti) |
La prima parte del Vangelo di oggi (che purtroppo non viene letta se viene proclamata le versione breve) è quella che mi tocca di più.
Gesù, nel suo viaggio verso Gerusalemme, continua la catechesi rivolta soprattutto ai discepoli, ma anche alla folla.
«Non temere, piccolo gregge». In quattro parole Luca riesce a condensare tutta le tenerezza di Gesù, tutto l'amore di Dio per l'umanità.
Qui c'è tutta la maternità di Dio, tutte le sue viscere che fremono di compassione e d'amore per tutti i suoi figli, per tutti noi.
E questa tenerezza si premura subito di darci una bellissima notizia: Dio è contento di donarci il Regno. Non dobbiamo fare imprese eroiche, sacrifici indicibili, per avere il Regno di Dio, cioè Dio stesso. È Lui che ce lo dona, dobbiamo solo accogliere questo regalo.
E se noi accetteremo questo dono, se ne faremo il nostro tesoro, allora riusciremo a fare tanto bene. Perché il bene che facciamo non è il prezzo da pagare per avere il Regno, ma il segno che abbiamo accolto il dono del Regno.
«Dov'è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore»
Le cose non sono neutre, se noi mettiamo il nostro cuore nelle cose, un po' alla volta siamo noi che diventiamo 'cosa', che perdiamo la nostra umanità. Non siamo più persone ma oggetti, merce di scambio in mano ai potenti e ai violenti.
Ma se noi mettiamo il nostro cuore in Dio, allora diventiamo sempre più simili a Lui, sempre più capaci di operare come Lui, di amare come Lui. Sempre più persone libere, soprattutto dalle paure.
Ma Gesù ci invita anche ad un'attesa che deve essere vigilante, ma senza essere angosciata. Dio ci vuole attivi, ma sereni, mai agitati.
Si tratta di imparare ad attendere. Letteralmente, attendere vuol dire 'tendere verso', cioè essere proiettati verso una meta, verso un futuro. Dobbiamo essere tesi verso il futuro, ma allo stesso tempo essere testimoni della speranza. Il cristiano è uno rivolto al futuro, ma impegnato nel presente. "L'unica maniera per essere fedeli all'eternità è di essere attuali" scriveva un romanziere francese.
Non si tratta di scegliere tra cielo e terra. Si tratta di permettere che il cielo mandi la sua luce su questa terra. Le «lampade accese» (cioè la fede) che ci sono affidate dal Vangelo, non servono solo ad attendere il Signore, ma anche ad illuminare la 'casa' in cui ci troviamo. A farci vedere meglio, a illuminare le nostre scelte, rendere meno precaria la nostra strada.
Le lampade accese non servono ad illuminare la strada verso il cielo, ma a non smarrirci per i sentieri intricati di questa terra.
(Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
Nessun commento:
Posta un commento
È buona cosa firmare sempre i propri messaggi. I commenti anonimi vengono accettati, ma preferirei sapere con chi parlo.