01 settembre 2022

Il "più" dell'amore di Dio - 4/9/2022 - XXIII Domenica tempo ordinario

Cristo Pantocratore
Santuario del Cristo Re a Zouk-Mosbeh (Libano)
(mosaico - Centro Aletti)


Le parole di Gesù sembrano dure, difficili, addirittura inumane. Però se andiamo al di là della prima impressione, se le cogliamo nella loro essenza, scopriamo che sono stupende. Di primo acchito sembrano che ci inchiodino alla croce, ma in realtà ci chiamano alla resurrezione, ad una vita più piena e più felice.

Noi pensiamo che l'amore per Dio ci debba portare ad una 'sottrazione' nei nostri amori umani. Ma Gesù usa una parola precisa: "più". Gesù non fa sottrazioni, Lui fa solo addizioni!
A noi, che sentiamo sempre le parole del serpente che ci invita a diffidare di Dio, sembra quasi che Dio si metta in competizione con i nostri cari, che ci chieda di rinunciare a loro per poter accogliere Lui.
Ma l'accento delle parole di Gesù non è sulla rinuncia, ma sulla conquista. Non indicano un punto di partenza, indicano una meta. In pratica Gesù ci dice: "Tu sai quant'è bello amare tuo padre, tua madre, il tuo coniuge, i tuoi figli, quanto ti fa bene e ti rende felice. Ecco, io ti dono qualcosa di più, qualcosa che rende il tuo amore ancora più bello, qualcosa che ti fa stare ancora più bene, che ti rende ancora più felice",
Dio non toglie niente, anzi. Lui aggiunge il suo amore al nostro amore, accoglie il nostro amore per amare ancora di più le persone, il mondo.

«Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo». Attenzione: 'portare la croce' non significa 'sopportare' le sofferenze e le difficoltà della vita. Non è un sopportare passivo, ma un 'prendere' attivo.
Perché la croce è il riassunto della vita di Gesù, quindi 'portare' la croce significa vivere una vita che assomigli a quella di Gesù, fare le sue scelte, preferire chi lui preferiva. Cioè vivere una vita come la sua, che sapeva amare come nessun altro.
Prendere la croce vuol dire prendere l'amore, perché se no non vivi, e prendere anche la parte di dolore che ogni amore porta con sé, perché se no non ami.
Perché Dio non ci salva dalla croce, ma nella croce, non protegge dal dolore ma nel dolore, non dalla tempesta ma nelle tempeste della vita.

Essere figli di Dio non vuol dire essere figli di una sottrazione, ma di un'addizione, di un qualcosa di molto di più. I credenti non sono uomini e donne diminuiti, ma sono uomini e donne che hanno più amore, più libertà, più consapevolezza. "Il cristiano è un essere umano finalmente promosso a uomo" diceva don Primo Mazzolari.
Il cristiano non è uno che crede di amare il cielo perché non ama nessuno sulla terra. È invece uno che ha scoperto che il vivere il Vangelo rende più belle le esperienze belle che facciamo sulla terra.


(Sap 9,13-18; Sal 89; Fm 1,9-10.12-17; Lc 14,25-33)


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