Agnello in trono Cappella Eucaristica della chiesa di San Benedetto - Scorzè (TV) (mosaico - Centro Aletti) |
«Ecco l'agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!»
Al potere del peccato, Dio contrappone, non la forza, ma la debolezza e l'innocenza dell'agnello. Il male perde terreno a mano a mano che avanza l'agnello.
L'agnello è l'opposto della figura del conquistatore. Eppure Satana vede minacciato il suo dominio proprio dalla creatura più innocua, inerme, fragile, vulnerabile.
L'agnello non ha pretese, non sfodera aggressività, non mostra i denti, non impaurisce, non possiede mezzi per farsi rispettare, e la sua voce non ha la minima somiglianza col ruggito del leone. Eppure, alla fine, è lui che vince.
La mitezza, la mansuetudine dell'agnello mettono paura al lupo. Lo mettono in fuga.
Solo la mitezza riesce a prevalere sulla prepotenza.
San Giovanni Crisostomo scrisse: "Finché siamo agnelli, noi viviamo. Se diventiamo lupi veniamo vinti. Perché ci mancherebbe l'aiuto del Pastore, il quale pasce agnelli, non lupi"
Il male sembra invincibile. Eppure nella sua tronfia armatura c'è un punto debole. Il suo sguardo non riesce a sopportare quello dell'innocenza. La sua potenza terrificante non può nulla contro la forza disarmata dell'amore.
Nonostante le apparenze, e nonostante che, nella realtà immediata, l'agnello appaia come vittima sacrificale, predestinata ad essere sgozzata, alla fine, vedi il libro dell'Apocalisse, è lui che sarà trionfatore. Solo l'amore ha l'ultima parola!
(Sir 24,1-4.12-16; Sal 147; Ef 1,3-6.15-18; Gv 1,1-18)
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