Inizia oggi il tempo dell'Avvento, il tempo dell'attesa. Attesa di ciò che deve venire, di ciò che viene. Difatti il Vangelo di oggi è un continuo ripetere questi due atteggiamenti: fare attenzione e vegliare.
'Fare attenzione' vuol dire 'tendere verso' qualcosa o qualcuno. È la coscienza che il segreto della nostra vita è al di là di noi. Tutti sappiamo cosa vuol dire fare una cosa pensando ad un'altra, incontrare in modo superficiale le persone.
Gesù ci invita all'attenzione, a guardare l'altro negli occhi, a farlo entrare nel nostro sguardo e nel nostro cuore. A rompere i muri di indifferenza (quando non di ostilità), ad ascoltare quello che ci dice, anche oltre le parole.
'Vegliare' perché c'è un futuro, perché non si esaurisce tutto qui, abbiamo una meta da raggiungere, uno sguardo che vede lontano, oltre il nostro tempo, oltre la nostra persona.
Il vegliare di cui ci parla Gesù è il vegliare di chi nella notte scruta il cielo per vedere le prime luci dell'alba, è il vegliare della madre che passa la notte al letto del figlio malato, è il vegliare della sposa che vede il sole iniziare il giorno del suo matrimonio.
È il vegliare di chi porta le persone nel proprio cuore, che si appassiona alla loro vita, alla loro storia, che si fa portatore di futuro nella loro esistenza.
È vegliare su tutto ciò che germoglia, sui primi raggi di luce, sui primi passi di pace.
"Le cose più importanti non vanno cercate, vanno attese" scriveva Simone Weil, e cosa c'è di più importante di Dio?
Dio non si merita, si accoglie; non si conquista, si attende.
E attenzione e veglia hanno proprio lo scopo di prepararci all'incontro con Colui che viene e che verrà. Colui che viene ad incontrarci ogni momento, che verrà ad incontrarci per l'eternità.
Hanno lo scopo far nascere il desiderio di un incontro, di far sorgere "nostalgia di futuro".
Letture:
Isaia 63,16-17.19; 64,2-7
Salmo 79
prima Corinzi 1,3-9
Marco 13,33-37