29 febbraio 2024

Purificare il tempio che sono io - 3/3/2024 - III Domenica di Quaresima

Cacciata dei mercanti dal tempio (bronzo)
Lorenzo Ghiberti
Porta nord del battistero di San Giovanni (Firenze)



«Allora fece una frusta di cordicelle e scacciò tutti fuori del tempio»
Questo brano viene in mente spesso a chi non crede, magari quando visita Lourdes o qualche altro centro religioso molto frequentato. E non hanno del tutto torto.

Ma a me ultimamente fa venire in mente san Paolo quando dice che noi siamo tempio di Dio (1Cor 3, 16).
Io sono tempio di Dio, e io ho lasciato entrare i mercanti, ho lasciato che questo tempio di Dio che sono io sia diventato 'una spelonca di briganti'.
Ogni volta che sono andato in chiesa per mercanteggiare col Signore per comprare un pezzetto di Paradiso sono stato un mercante.
Ogni volta che ho pregato e implorato solo quando mi trovavo con l'acqua alla gola sono stato un mercante.
Ogni volta che ho preteso che Dio mi esaudisse quando e come volevo io, che Lui fosse a mia disposizione, sono stato un mercante.
Questo tempio di Dio che sono io sarà veramente purificato quando le sue frustate avranno cacciato fuori questa mia mentalità mercantile, questo mio cercare di acquistare il Paradiso, questa mia concezione utilitaristica della religione.
Questo tempio di Dio che sono io sarà veramente purificato quando il Signore da persona religiosa mi avrà trasformato in persona di fede. Quando da uno che ha una religione mi avrà fatto uno che vive una fede.

Ma c'è un particolare, presente solo in Giovanni, che mi colpisce: Gesù fustiga tutti, sparge a terra banchetti, merci e soldi, ma ai venditori di colombe rivolge la parola!
La colomba era l'offerta dei poveri, era l'offerta fatta da sua mamma Maria e suo papà Giuseppe. In questo 'non infierire' mi pare ci sia come un riguardo verso i poveri, verso gli umiliati dalla vita e dall'egoismo dei potenti.
Mi sembra che Gesù ci voglia dire che l'alternativa al tempio 'covo dei briganti', non è il 'tempio dei perfetti', ma il tempio aperto alle persone che sanno di essere imperfette, ma che si sforzano di vivere meglio che possono. Delle persone che cercano in Dio il compagno di strada che ci guida verso la rettitudine, spronandoci, confortandoci e aiutandoci ad rialzarci quando inciampiamo e ruzzoliamo a terra.




Letture:
Esodo 20,1-17
Salmo 18
Prima Corinzi 1,22-25
Giovanni 2,13-25


22 febbraio 2024

Luce che mette ali alla nostra speranza - 25/2/2024 - II Domenica di Quaresima

La Trasfigurazione 
Sacro Monte di Varallo (VC)
Cappella XVII (seconda metà 17° secolo)




Domenica scorsa avevamo la luce colorata dell'arcobaleno. Oggi nel Vangelo abbiamo la luce bianca della Trasfigurazione. Questa luce accende la nostra vita, questo Vangelo mette le ali alla nostra speranza.
La luce che viene dal Tabor proclama che il buio, il male, la violenza non vinceranno. Sembrano dilagare, soverchiare tutto ciò che incontrano, ma non è questo il destino dell'uomo. Il buio non avrà l'ultima parola.
Perché nell'uomo c'è luce! E se i tuoi occhi sono luminosi, scoprono la luce degli altri.

Gesù porta i suoi amici su un alto monte. La cima di una montagna è il primo luogo illuminato dal sole nascente e l'ultimo su cui giunge la luce al tramonto. La montagna è la terra che si innalza verso il cielo, verso la luce. È il punto d'incontro tra Dio e l'uomo, il luogo che Dio ha scelto, nella Bibbia, per rivelarsi. E difatti accanto a Gesù compaiono Mosè ed Elia, gli unici che hanno veduto Dio.

Nessuno dei Vangeli che raccontano la Trasfigurazione (Mt 17,1-9, Mc 9,2-10 e Lc 9,28-36) racconta i particolari di quello che è successo, tranne quello delle vesti che diventano splendenti. Talmente bianche che «nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche» specifica Marco.
Ma se le vesti sono così splendenti, come risplenderà il corpo? e il cuore?
Quando il cuore gioisce e risplende, lo splendore si comunica anche agli occhi, il volto si illumina, e anche il corpo e le vesti si 'colorano' di festa.
Nel passo parallelo, Matteo dice che il volto di Gesù «brillò come il sole» (Mt 17, 2). Chiunque riempie la propria vita di amore, fa dell'amore la bussola che lo dirige, ha già dentro di sé la vita eterna, è già resuscitato.
Ho avuto la fortuna di conoscere delle persone che vivevano di Dio e per Dio. Nonostante l'età avanzata avevano degli occhi da fanciullo, uno sguardo luminoso che ti illuminava e ti scaldava il cuore.
Come ha detto don Pino Puglisi, "l'amore di Dio purifica". Non veniamo spersonalizzati dall'amore di Dio, anzi. La nostra personalità, la nostra unicità viene esaltata e potenziata. Viene donata una luce nuova alle nostre capacità, alla nostra volontà, a tutta la nostra persona. E allora possiamo essere candela nella notte per gli altri.

Il racconto termina con la voce che esce dalla nube e che dice «ascoltatelo!» Ecco cosa dobbiamo fare perché la luce lavori in noi, dobbiamo ascoltarlo. E ascoltarlo significa fare le scelte che ha fatto Lui, preferire le cose che Lui preferiva, lavorare per le cose per cui lavorava Lui.
Dobbiamo ascoltare la luce. Il mondo è intriso di luce, lo sanno tutte le religioni, ma lo sanno anche gli innamorati, i puri di cuore, i giusti. Lo spiega molto bene Olivier Clément: "ora io so che alle sorgenti della bellezza, della pace e dell'energia, all'origine di quelle falde di fuoco presenti nel cosmo e nell'uomo è posto Gesù di Nazareth".
Ascoltiamolo, e potremo vedere il divino affacciarsi dal fondo di ogni creatura.



Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.

Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.

Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.

Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.

Mentre dormi contando i pianeti , pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.

Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.

Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

Mahmoud Darwish (1941-2008)



Letture:
Genesi 22,1-2.9.10-13.15-18
Salmo 115
Romani 8,31-34
Marco 9,2-10


15 febbraio 2024

L'arcobaleno, un abbraccio colorato tra il cielo e la terra - 18/2/2024 - I Domenica di Quaresima

Arcobaleno nel deserto
(Foto di Dan Meyers su Unsplash)



Marco in tutto il suo Vangelo è sempre molto laconico, di poche parole, ma qui raggiunge una sobrietà imbattibile, da vero record: in due frasi stringatissime ci sono le Tentazioni e l'inizio della predicazione!
Sono questi i due temi di questa domenica.

Nella prima frase siamo subito dopo il battesimo nel Giordano, e abbiamo la prima sorpresa. Lo stesso Spirito che si era posato su di Lui come colomba, adesso, invece di proteggerlo, lo butta nel deserto.
«Sospinse Gesù nel deserto» letteralmente sarebbe "lo spinse fuori". Marco usa un verbo che indica non una dolce pressione, ma una spinta decisa, quasi violenta. È un verbo molto simile a quello usato per indicare la cacciata di Adamo ed Eva dall'Eden (Gen 3,24). Gesù, nuovo Adamo, affronta il mondo percorso dalle potenze del male («stava con le bestie selvatiche»), per iniziare il ritorno dell'umanità verso il Giardino perduto («gli angeli lo servivano»).
Lo Spirito non tiene al sicuro, al calduccio, il credente, ma è "soffio" che sospinge verso il mondo. 'Caccia fuori' dal tepore del pietismo, dagli schemi collaudati, dalle strutture che invece di favorire la vita favoriscono solo la loro esistenza. Lo Spirito fa uscire allo scoperto, ci butta proprio dentro alle difficoltà. Dopo averci immerso nelle acque del battesimo, ci immerge nelle acque dell'esistenza quotidiana.
È il 'battesimo nell'umanità'.
Lo stesso Spirito che ci fa diventare figli di Dio, ci fa diventare 'fratelli di tutti gli uomini'. Ci unisce verso l'alto e verso il basso

L'atteggiamento con cui dovremmo affrontare la Quaresima ci viene indicato dalla seconda parte del brano di oggi. Non dobbiamo cominciare la Quaresima con il volto accigliato, ma con un sorriso. Gesù inizia con un annuncio gioioso, che dalla Galilea raggiunge tutte le strade del mondo. Apre la sua missione con una buona notizia: «Il regno di Dio è vicino».
Gesù è venuto ad annunciare, non a denunciare. Non viene come un riformatore religioso o come un rigido moralista, ma come il messaggero di una bella notizia straordinariamente gioiosa: puoi vincere il male, dentro e fuori di te!
Il male è ciò che fa male all'uomo, ed è evocato oggi dal racconto dei quaranta giorni passati da Gesù nel deserto, tentato da Satana. Per fare questo non basta il tuo sforzo, devi prima conoscere la bellezza del dono di Dio che sta accadendo: il regno di Dio è qui.
Dio viene e guarisce la vita, ti dà il suo respiro, il suo sorriso, la sua vita. A tutti e senza misura. E non ti lascia più, se tu non lo lasci. Dio viene perché il mondo sia totalmente diverso, un mondo dove sia possibile vivere bene, trovare la pienezza della vita, della felicità.
Con il suo annuncio Gesù ci fa il primo regalo, ci dice "voi siete immersi in un mare d'amore ma non ve ne rendete conto". E aggiunge: "convertitevi!", cioè 'cambiate sguardo, guardate questo mare d'amore, guardate verso questa luce che è il volto di Dio e scoprite che ogni uomo può essere un amico'.

La prima lettura ci svela un Dio che inventa l'arcobaleno, questo ponte colorato tra cielo e terra. Ci racconta di un Dio inventore di comunione con tutto ciò che vive. Ci dice che tu puoi lasciare Dio, ma Lui non ti lascerà mai.

Ma allora come si può vincere il male che è dentro di noi e fuori di noi? La strada ce la indica Gesù: non contare sul tuo sforzo, sulla tua volontà, ma sulla forza del Regno che è già dentro di te, una forza che è potente ma mite, pacifica.
Si può vincere il male solo contando sul bene, seguendo l'esempio di Gesù scegliere sempre l'amore. Padre David Maria Turoldo ha scritto: "Noi moriamo perché adoriamo cose da nulla, perché scegliamo amori da nulla". La tentazione è sempre tra due amori. Io vinco se scelgo l'amore più grande. L'amore che è già qui.
Si tratta di credere alla 'Buona Notizia' che è l'amore, a questa realtà che è dentro e fuori di noi e che ha la bellezza di un arcobaleno.



Nomade d'amore,
ho lasciato la ricchezza del palazzo
per un arcobaleno.
Tu hai spalancato la mia vita
sei vento che soffia e gonfia le vele
seguirti è cosa da gente coraggiosa.
lo mi sono lasciata afferrare da te
e catturandomi mi hai liberata:
ora cammino a un passo da regina.

Come in un tuffo in acque profonde
dapprima ho avuto paura
ma ora ho in dono da te
un nuovo respiro.

Scintilla d'eterno mi sento
vicino a te
eretta, regale.

Con gli occhi nel sole
a ogni alba io so
che rinunciare per te
è uguale a fiorire.
Marina Marcolini




Letture:
Genesi 9,8-15
Salmo 24
Prima Pietro 3,18-22
Marco 1,12-15


08 febbraio 2024

Non c'è legge che Dio non sia disposto ad infrangere per salvarti - 11/2/2024 - VI Domenica Tempo Ordinario

Gesù e il lebbroso
(Duomo di Monreale - mosaico)



«Andiamocene altrove» aveva detto Gesù nel Vangelo di domenica scorsa. E sono andati altrove.
Solo che l'altrove di Gesù non è lo stesso che pensavano i discepoli. Loro pensavano di andare di successo in successo («Tutti ti cercano!» gli avevano detto), vedevano già tappeti rossi stesi per accoglierli in un tripudio di folla.
L'altrove di Gesù lo incontrano oggi: è un lebbroso.

Abbiamo sentito dalla prima lettura quale siano le regole per i lebbrosi: esclusione totale da ogni contatto. Vengono trattati e considerati peggio della spazzatura. E alla gogna sanitaria si aggiunge il fatto che per la mentalità del tempo la lebbra era una punizione di Dio per una qualche colpa gravissima.
L'altrove di Gesù è la persona rifiutata e scartata dagli uomini e, secondo le persone 'pie', anche da Dio.

«Se vuoi, puoi purificarmi!» gli ha urlato il lebbroso. Un grido che risuonerà spesso nella vita di Gesù. Da questo lebbroso, passando dal cieco di Gerico «Gesù, abbi pietà di me!» (Mc 10, 47b) per arrivare fino al ladrone crocifisso accanto a lui «Gesù, ricordati di me quando entrerai nel tuo regno» (Lc 23, 42).
Non c'è nulla di ciò che affligge l'uomo che non affligga anche Dio. Non c'è nessuna legge che Dio non sia disposto ad infrangere per salvare l'uomo.
Perché Lui ha una sola legge: l'amore per ogni essere umano, nessuno escluso!

E la risposta di Gesù è da far tremare i polsi: «Lo voglio». Dico che fa tremare i polsi perché in tutto l'Antico Testamento il rapporto tra Dio e il popolo d'Israele viene presentato come un matrimonio, e quindi mi fa venire in mente il matrimonio, quando il coniuge, risponde così alla domanda "vuoi tu prendere ... nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, amarla e onorarla tutti i giorni della tua vita?".
Non importa quanto la vita ti abbia sfigurato o quanti errori tu abbia fatto. Se quando Gesù ti passa accanto hai l'istinto ti rivolgergli un tuo sospiro, Lui lo accoglie e ti accoglie. Ti dice che starà con te qualunque cosa accada, "nella salute e nella malattia, nella gioia e nel dolore", che ti sarà sempre fedele e che ti amerà per l'eternità.
Ti dice che la sua fame e la sua sete di te sono senza fine.




Un ricordo di padre Ernes Ronchi:
Tempo fa ho visitato un lebbrosario in Amazzonia e un lebbroso alla messa pregò così: «Chiediamo al Signore che aiuti padre Ermes, perché in Europa è tanto difficile mantenere la fede». Invece di pregare per sé, pregava per me. Alla fine della messa gli ho chiesto: «Ma tu, quando incontrerai il Signore, gli domanderai perché sei stato lebbroso?». E lui: «Io non gli chiederò niente, mi sono sempre fidato».



Letture:
Levitico 13,1-2.45-46
Salmo 31
Prima Corinzi 10,31-11,1
Marco 1,40-45


01 febbraio 2024

La 'giornata tipo' di Gesù - 4/2/2024 - V Domenica Tempo Ordinario

Foto: Patrick Schneider (Unsplash)




Il brano del Vangelo di oggi, insieme a quello di domenica scorsa, racconta la prima giornata della 'vita pubblica' di Gesù, e il fatto che sia nel primo capitolo di Marco ci dice che rappresenta la giornata tipica del maestro.
Questa giornata inizia con la preghiera comunitaria, in sinagoga, e finisce, aprendosi alla giornata successiva, con la preghiera personale. In mezzo ci sono l'insegnamento (la predica in sinagoga) e le opere (liberazione dallo spirito maligno in sinagoga, guarigione della suocera di Pietro, guarigioni e liberazioni dai demoni alla sera).
Una giornata piena, con impegni e contemplazione, stare con gli amici e mescolarsi alla gente comune, attenzione alla miseria umana e attenzione a Dio, entrare e uscire.

Ad una prima lettura può sembrare che ci sia un contrasto: città-deserto; folla-solitudine. Cioè la città come momento dell'attività e il deserto come momento della preghiera; la folla come 'luogo' dell'incontro con gli altri, la solitudine come 'luogo' dell'incontro con Dio.
Ma dobbiamo fare attenzione che in Dio le due cose non sono contrapposte. Il 'darsi' e il 'sottrarsi' sono complementari, si completano a vicenda. Le due braccia della preghiera comunitaria e della preghiera solitaria servono ad abbracciare e sostenere le azioni della predicazione, dell'incontro con gli altri e della loro guarigione. Senza l'abbraccio le azioni fanno fatica a stare in piedi, e senza le azioni le braccia stringerebbero il vuoto.
Gesù non ritiene esaurito il proprio compito perché ha insegnato, guarito, liberato, alleviato le sofferenze umane. La solitudine e la preghiera fanno parte integrante del suo ministero, completano la sua agenda degli impegni.

E dopo la preghiera Gesù non rimane fermo, si spinge (e spinge gli Apostoli) altrove. La preghiera non è solo il culmine dell'attività, ma ne è anche sorgente.
Il deserto è il luogo delle decisioni imprevedibili, la preghiera deve aprirsi, e aprirmi, alla dimensione dell'imprevedibilità, della sorpresa, della creatività.
Nella preghiera scopriamo nuovi sentieri da percorrere. La vera preghiera spinge 'altrove' perché ci rende docili allo Spirito, perché ci libera dai calcoli e dalle prudenze umane.

Se il deserto non ci fa aprire lo sguardo sul nuovo, sul 'non ancora', sull'inesplorato per il Regno, allora può trasformarsi nel luogo della falsa sicurezza, della pigrizia mascherata da fedeltà. Si tratta di scoprire una geografia inedita e infinita o di adagiarsi nella ripetitività, nel 'si è sempre fatto così'.




Letture:
Giobbe 7,1-4.6-7
Salmo 146
Prima Corinzi 9,16-19.22-23
Marco 1,29-39