... col cuore in mano (foto di Tim Marshall su Unsplash) |
Gesù viveva per le strade, incontrava le persone là dov'erano e con loro attraversava i momenti della festa e della gioia, ma soprattutto quelli della malattia e della sofferenza: quando arrivava gli portavano i malati, i ciechi lo chiamavano, donne sofferenti cercavano di toccargli almeno l'orlo del mantello, molti speravano che almeno la sua ombra passasse, come una carezza, sulla loro umanità sofferente. E quanti lo toccavano venivano salvati (Mc 6,56).
Gesù veniva da tutto questo, portando negli occhi e nel cuore il dolore dei corpi e delle anime, insieme all'esultanza dei guariti, alla gioia dei perdonati. Ora farisei e scribi lo provocano su delle piccolezze: tradizioni, mani lavate, lavaggio di stoviglie, formalismi vuoti! Si capisce come la replica di Gesù sia decisa e insieme piena di sofferenza: "Ipocriti! Voi avete il cuore lontano! Lontano da Dio e dall'uomo".
È questa la sofferenza di Dio: il cuore dei figli lontano, assente, altrove. È il lamento di Dio. Nella prima lettura, aveva lanciato la sua sfida per bocca di Mosè: «Quale grande nazione ha gli dèi così vicini a sé, come il Signore, nostro Dio, è vicino a noi?» Ad un Dio vicino, sta di fronte un cuore lontano. Ecco il dramma della storia sacra. Mentre il Padre si fa vicino, i figli si allontanano da casa.
Il cuore lontano porta alla falsa religione: emozionarsi per le folle oceaniche ai raduni religiosi, ma non saper pregare; amare la liturgia con la sua musica, i fiori, l'incenso, i marmi antichi, ma non "soccorrere il dolore di orfani e vedove" (vedi la seconda lettura di oggi); volere segni esterni e citazioni verbali del cristianesimo, ma neanche pensarsi di viverlo.
Più di novecento volte nella Bibbia compare il termine 'cuore'. Ma non come semplice simbolo dei sentimenti o dell'affettività, bensì come il centro della persona, il luogo dove nascono le azioni e i sogni, dove si sceglie la vita o la morte, dove si distingue tra vero e falso, dove Dio seduce ancora e fa ardere il suo fuoco come a Emmaus: «Non ardeva forse in noi il nostro cuore mentre egli conversava con noi lungo la via?» (Lc 24, 32).
Ma il ritorno al cuore non basta. Ci guardiamo dentro e vi troviamo di tutto, cose stupende ma anche cose delle quali ci vergogniamo: dal cuore vengono le intenzioni cattive, prostituzioni, omicidi, adulteri, malvagità... un elenco impressionante di dodici cose cattive, che rendono impura la vita. C'è bisogno di purificare la sorgente, di evangelizzare le nostre zone di durezza e di egoismo, lasciarci raggiungere dallo sguardo di Gesù: il suo sguardo di perdono sulla donna adultera, su Maria Maddalena, su Pietro pentito. Sentire su di noi il suo sguardo che trasforma, che ci fa abbandonare il peccato passato e ci apre a un futuro nuovo, migliore. Non sono le pratiche esteriori che purificano: lavare le mani o le stoviglie è facilissimo, molto più difficile è lavare le intenzioni!
"Tutta la vita è un pellegrinaggio verso il luogo del cuore" (Olivier Clément).
Per fare questo pellegrinaggio occorre andare a scuola dalla donna del cuore, cioè Maria, la madre di Gesù, che, come sottolinea Luca, custodisce, conserva e medita nel cuore le parole, gli eventi e i silenzi di Dio. È necessario molto cuore per ascoltare i silenzi di Dio.
Occorre lo sguardo di Gesù. Allora cadono le sovrastrutture, le esteriorità, le disquisizioni vuote, tutto ciò che è cascame culturale, "tradizione di uomini". Che aria di libertà con Gesù! Apri il Vangelo e il soffio dello Spirito è ombra di una perenne freschezza, è vento creatore che ti rigenera, che ti apre a sempre nuovi cammini. Perché con Cristo torni al cuore felice della vita.
Letture:
Deuteronomio 4,1-2.6-8
Salmo 14
Giacomo 1,17-18.21-22.27
Marco 7,1-8.14-15.21-23