08 agosto 2024

Profumo di pane, profumo di Dio - 11/8/2024 - XIX Domenica Tempo Ordinario




Domenica scorsa abbiamo visto come i 'ricercatori' di Gesù, dinanzi alla promessa di un pane «che dura per la vita eterna», non trovano di meglio che riferirsi a Mosè e alla manna. Gesù accetta il paragone, come punto di partenza. Ma ne rivela anche l'insufficienza. La manna è soltanto immagine e profezia del "pane del cielo", quello vero. L'aggettivo "vero", nel linguaggio di Giovanni, serve a indicare la verità definitiva, ultima, il dono completo di cui i doni e le realtà dell'Antica Alleanza erano soltanto pallidi annunci.
Già il Deuteronomio (Dt 8, 2-3) e il libro della Sapienza (Sap 16,20.26) spiegano in prospettiva futura l'episodio della manna nell'Esodo. Il miracolo dell'Esodo serve a introdurre al vero, grande miracolo che si realizza ora. Il vero pane del cielo non l'ha dato Mosè, lo dona Dio ora: «Io sono il pane disceso dal cielo».
Teniamo presente che la manna sta a indicare il cibo primordiale, ossia tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno. Di fatto Dio, nel deserto, ha offerto al suo popolo non soltanto il cibo materiale, ma anche la sua Parola, la Legge, l'Alleanza.
Ora è arrivato il dono definitivo, completo: «lo sono il pane della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia».
Gesù è il dono ultimo, definitivo, del Padre.
È il dono del "pane".
Gesù è tutto ciò di cui l'uomo ha bisogno. Nel dono che è Gesù si colmano le esigenze più profonde dell'uomo.
Cristo è la Parola definitiva di Dio. Tutto ciò che Dio aveva da dire all'uomo, l'ha detto in Cristo. All'infuori di Lui e dopo di Lui non c'è da aspettarsi nessun'altra rivelazione. Gesù, la Parola fatta carne, è in grado di saziare la fame di infinito che sta nel nostro cuore.

A questo punto, c'è da fare un'osservazione.
Il grande e lungo discorso del pane di vita abitualmente viene letto esclusivamente in chiave eucaristica. In realtà, l'Eucarestia non costituisce il tema principale, almeno della prima parte del discorso.
Soltanto a partire dal v. 51 (l'ultimo del brano di oggi) l'Eucarestia diventa il nucleo essenziale delle parole di Gesù. Prima il "pane della vita" è la persona stessa di Gesù. Lui, infatti, è la Parola che si è fatta carne.
Semplificando possiamo dire che prima Gesù si presenta come pane della vita attraverso la sua Parola, poi, nella seconda sezione, Gesù è il pane della vita attraverso la sua carne.
Quindi abbiamo dapprima la mensa della Parola, poi la mensa eucaristica propriamente detta, ma il tutto ad un'unica tavola: quella del pane.

I Giudei tuttavia, non si arrendono: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?»
Ecco ancora una volta l'incapacità radicale a riconoscere che il pane della vita, quello vero, che rappresenta il nutrimento eterno e che scende dal cielo, ci viene offerto 'nascosto' nell'apparente banalità del quotidiano.
È l'Incarnazione che ci fa scandalo.
L'uomo prova una difficoltà quasi insormontabile nel riconoscere un Dio che si manifesta nelle cose ordinarie, nelle realtà comuni, che si 'fa segno' attraverso il quotidiano.
Facciamo molta fatica a ricordarci che con l'Incarnazione del Cristo, il quotidiano diventa sacramento della presenza di Dio e sacramento della nostra presenza a Dio.
Gli avvenimenti di cui Dio si serve per rivelarsi sono i piccoli fatti della vita ordinaria. Le solite cose, le solite occupazioni, il solito orario ci portano il Dio che vuole incontrarci là dove siamo, in quello che facciamo, nel contesto della nostra esistenza di tutti i giorni.
Non dobbiamo andare a cercare Dio altrove. Lui si fa trovare nelle occasioni più comuni, in uno stile dimesso, secondo il cerimoniale dei nostri gesti ordinari, nel sapore di un boccone di pane condiviso.
Perché è da dentro di noi che Dio viene a salvarci, e non è una notizia da poco per l'uomo che "ha trovato un Dio che si cala nell'abisso del nulla dell'uomo. E che da lì lo fa risalire" (Charles Péguy).
La forza è tutta di Dio: si chiama Grazia. E, come dice il suo nome, è gratuita: «Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato». Non si diventa cristiani per una somma di dottrine imparate a memoria, per una somma smisurata di sforzi di volontà. Si diventa cristiani per attrazione.
Dio sceglie l'attrazione, non la forza, le catene, l'imposizione.
L'attrazione ha un'unica necessità: che la libertà dell'uomo vada incontro alla Grazia di Dio. È necessario che la libertà dell'uomo accetti di lasciarsi incontrare dall'amore di Dio. Un Dio buono come il pane, sottomesso alla libertà delle sue creature.
È (di)sceso dal cielo, Lui che non era per nulla obbligato a farlo, per regalare all'uomo la sua eterna giovinezza.
E cerca di attrarci col profumo del pane fresco, appena sfornato, col Suo profumo.




Il profumo del pane e il viandante

Farina, acqua, lievito e sale;
sale il profumo del pane nell'aria;
aria che respiro dal forno infuocato;
infuocato è il mio pensiero;
pensiero rivolto a te viandante;
viandante della vita che passa;
passa da me amico triste;
triste è il giorno e felice sarà;
sarà ora della tua figura;
figura da vivere senza paura.


Sergio Camellini



Letture:
1 Re 19,4-8
Salmo 33
Efesini 4,30-5,2
Giovanni 6,41-51


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