05 settembre 2024

Effatà, apriti! - 8/9/2024 - XXIII Domenica Tempo Ordinario




Per cinque domeniche, fino a due domeniche fa, abbiamo sospeso la lettura del vangelo di Marco per leggere il sesto capitolo di quello di Giovanni. C'è nel quarto vangelo una caratteristica che ci può aiutare a capire il brano di oggi: l'evangelista Giovanni non parla mai di miracoli, parla di 'segni'. Il miracolo della guarigione del sordomuto è il segno di quello che Dio vorrebbe donare a questa umanità infantile e immatura, incapace di ascoltare e dialogare. Non castighi, 'fulmini e saette', ma con amore prenderci da parte, cuore a cuore, per 'guarirci', per aprirci le orecchie, sbloccarci la lingua, ma soprattutto trasformare il nostro cuore di pietra in un cuore di carne (cfr. Ez 11,19).

Tutto parte dalla capacità di ascolto: 'sordo' ha la stessa radice di 'assurdo'. Chi non sa ascoltare è entrato nell'assurdo, ed esce dall'assurdo chi impara ad ascoltare.
Penso alle mie sordità, al mio 'ascoltare' pensando ad altro, penso all'insignificanza delle mie parole. E la causa è che non so ascoltare chi è appena fuori del mio spazio vitale, dall'ambito della famiglia o delle amicizie; oppure ascolto distrattamente, sperando solo che l'altro finisca in fretta, perché ho cose più intelligenti da dire, osservazioni più profonde, idee più importanti. È così la parola si fa dura, ma soprattutto vuota. "Il primo servizio che dobbiamo rendere ai fratelli è quello dell'ascolto. Chi non sa ascoltare il proprio fratello presto non saprà neppure ascoltare Dio, sarà sempre lui a parlare, anche con il Signore" (Dietrich Bonhoeffer). Troppo spesso anche nella preghiera sono come il fariseo nel tempio: 'Io, Signore, io e i miei digiuni, io e le decime, io..., io...'.
Chi non sa ascoltare finisce per perdere la parola, perché le sue parole non riescono più a toccare il cuore dell'altro, gli passano sopra senza neanche scompigliargli i capelli. Si può guarire dalla sordità e dall'afasia solo lasciando che il Signore sostituisca il nostro cuore di pietra, chiuso in sé stesso, con un cuore di carne aperto all'ascolto.
È ciò che fa Gesù: porta in disparte il sordomuto, lo tocca con le sue dita, con il segno intimo e vitale della saliva. Prima gli orecchi: sa parlare solo chi sa ascoltare. Primo servizio da rendere a Dio e all'uomo è l'ascolto (shemà Israel - Ascolta Israele: è la parte più importante del servizio liturgico di preghiera nell'ebraismo e recitarlo due volte al giorno è un precetto). Senza ascolto non c'è parola vera.
Ma Gesù continua a fare lo stesso anche con noi: ci tocca in ogni gioia e in ogni prova, ci tocca in ogni fratello che ci viene incontro, nei poveri senza voce, negli anziani soli che nessuno ascolta più. Ci tocca e ci restituisce il dono di ascoltare e di 'parlare correttamente', che non è eloquenza, ma capacità di comunicare, capacità di trovare parole che toccano il nervo della vita, parole che hanno il gusto dell'amicizia e il calore di una carezza.

Gesù ci ripete: «Effatà, che vuol dire 'Apriti!'»
Apriti come si apre la porta all'amico, la finestra al sole, le braccia all'amore. Apriti agli altri e a Dio, anche con le tue ferite, che possono diventare fessure attraverso le quali passa il vento della vita, il soffio dello Spirito. Il primo passo per guarire è abbandonare le chiusure, le rigidità, i blocchi. È aprirsi, uscire dalla solitudine, dove ti sembra di essere al sicuro, ma invece è pericolosa, mortale. Se rimani chiuso in te, non potrai mai scoprire "un Dio che gioisce e ride con l'uomo davanti ai caldi giochi del sole o del mare" (Pier Paolo Pasolini)

«E comandò loro di non dirlo a nessuno». Per Gesù è più importante la gioia del sordomuto, che la sua gratitudine. La felicità dell'uomo conta più della sua fedeltà.
Da notare che del beneficiato non viene registrata neppure una parola. Si tratta di una cosa stupenda, una delle 'azioni di grazia' più straordinarie: quell'uomo adesso ha la possibilità di parlare, e lo dimostra tacendo. Gli è stata restituita la parola e comincia col silenzio. Per parlare bisogna avere qualcosa da dire, ma per fare silenzio occorre avere un mistero da adorare.
Quanti miracolati del Vangelo sembrano scomparire nel nulla, persi nell'ebrezza della loro felicità. Invece, in silenzio stanno fecondando il mondo con una nuova capacità di vere relazioni.




Letture:
Isaia 35,4-7
Salmo 145
Giacomo 2,1-5
Marco 7,31-37


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