Non mano tagliata, ma mano protesa per offrire un bicchiere d'acqua Foto di engin akyurt su Unsplash |
«Abbiamo visto uno che scacciava demòni nel tuo nome e volevamo impedirglielo, perché non ci seguiva». Quell'uomo (che per loro era solo 'uno' cioè un numero, non una persona), anche se capace di miracoli, di lotta vittoriosa contro il male, viene bloccato.
E notiamo che è Giovanni che parla, il discepolo prediletto. Uno dei due "Figli del tuono" (Mc 3, 17) qui si dimostra figlio di un cuore piccolo, rattrappito. Ai dodici, perché Giovanni qui è solo il portavoce, non importa che un uomo sia liberato dalla morsa del demonio. Prima viene la difesa del gruppo, del movimento, del partito. L'istituzione viene prima della persona. L'indemoniato può aspettare. È così che impoveriamo il mondo.
"Non è lecito guarire di sabato!" intimeranno gli scribi e i farisei a Gesù. E troppo spesso anche noi ascoltiamo il fariseo che è dentro di noi e che urla "la legge viene prima della salvezza". Non importa se un malato ritrova il sorriso, il sole, la speranza. Per i tanti farisei che ci sono ancora oggi, e che a volte sono anche dentro di noi, conta solo la regola astratta, e la vita, o si adegua o deve farsi da parte, scomparire, annegare nel Mediterraneo. È così che impoveriamo Dio.
La risposta di Gesù è di quelle che, se si incarnano nella nostra vita, possono segnare una svolta della storia: gli uomini sono tutti 'dei nostri', come noi siamo di tutti. Prima di tutto l'uomo. Tutti siamo 'uniti' in Gesù Cristo. E si può essere di Cristo anche senza appartenere alla sua istituzione, perché la Chiesa è sì strumento del Regno, ma non coincide con il Regno di Dio, che ha ben altri confini.
«Fossero tutti profeti» esclama Mosè nella prima lettura. Fuori dall'accampamento, eppure profeti. E profezia è lasciarsi colpire dal grido dei mietitori defraudati (Gc 5,4 seconda lettura di oggi).
Il compito dei discepoli non è di classificare l'altro, decidere se è dentro o fuori, ma di ascoltarlo. Profeta è chi ascolta il soffio dello Spirito, che non sai da dove viene, che non conosce la polvere degli scaffali, delle frasi già fatte, delle musiche già sentite. Ascoltare la sinfonia del sorriso di un bambino, dello scorrere delle lacrime di un anziano: anche questa è profezia.
Ma l'annuncio di Gesù è ancora più coraggioso: passa dal semplice non sentirti estraneo al gettarti dentro. Dentro il grido dei mietitori, dentro lo Spirito dei profeti. Ti porta a vivere molte vite, molte storie di altri come fossero la tua. 'Ti darò cento fratelli' ha detto Gesù, cento cuori su cui riposare, cento labbra da dissetare, cento volti da accarezzare, cento mani che ti accarezzeranno.
Il Vangelo termina con parole dure: "Se la tua mano..., se il tuo piede..., se il tuo occhio ti scandalizzano, tagliali, gettali via". Gesù ripete un aggettivo: il tuo occhio, la tua mano, il tuo piede.
Non dare sempre la colpa del male agli altri, alla società, all'infanzia, alle circostanze. Il male si è annidato anche dentro di te: è anche nel tuo occhio, nella tua mano, nel tuo cuore. Cerca il tuo mistero d'ombra, esponilo alla luce di Dio e lascia che Lui lo converta.
La soluzione non è una mano tagliata, ma una mano convertita. Non protesa per afferrare, ma per offrire un bicchiere d'acqua; non chiusa a pugno per colpire e allontanare, ma aperta per abbracciare.
Letture:
Numeri 11,25-29
Salmo 18
Giacomo 5,1-6
Marco 9,38-43.45.47-48
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