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«Sedutosi, chiamò i Dodici». Sedersi è l'atteggiamento tipico del maestro, e il chiamare a sé vuole sottolineare che quello che sta per dire è un insegnamento fondamentale.
Gesù, a partire dalla discussione sulle precedenze, intende indicare un altro ordine delle cose.
«Se uno vuole essere il primo, sia l'ultimo di tutti e il servitore di tutti».
Nessun altro testo parallelo del vangelo riferisce in questa forma l'antitesi presentata da Marco: primo-ultimo. E l'esempio più significativo ce l'hanno sotto gli occhi: Gesù è il primo che si è fatto ultimo e servo.
E ancora: «Chi accoglie uno solo di questi bambini nel mio nome, accoglie me».
Qui viene sottolineata l'elevata dignità del bambino. Teniamo presente che la condizione dei bambini, nella società ebrea del tempo di Gesù, era ben diversa dalla nostra. Secondo la mentalità ebraica, i figli erano sì accolti come una benedizione di Dio per la famiglia (soprattutto i maschi), però non è che i bambini godessero di particolari diritti e privilegi. Venivano considerati più per il loro numero e la loro utilità che per la loro importanza singola. Ragionando con la nostra mentalità diremmo che avevano tanti doveri e nessun diritto. Quindi, nelle parole di Gesù, il bambino indica le realtà più insignificanti agli occhi degli uomini, tutto ciò che non ha importanza, che non conta, che non è degno di attenzione, tutti coloro che si trovano in una situazione di inferiorità. Gesù si identifica con chi è 'irrilevante', non ha prestigio, è debole, indifeso, bisognoso di assistenza.
L'attenzione del discepolo, che prima era concentrata sulle precedenze e sulla grandezza, viene spostata sull'esigenza di accogliere qualcuno che è 'grande' perché oggetto di attenzione da parte di Dio, anche se viene disprezzato dagli uomini.
Come al solito, Gesù non risolve le nostre discussioni, non si immischia nelle nostre ridicole questioni, Lui sposta il problema su un altro piano. Parte dalle precedenze, ma capovolge i termini della questione. Quasi a dire: fate bene a occuparvi di precedenze. Soltanto che le precedenze non riguardano la vostra persona, ma gli altri. Cercate, quindi, di stabilire chi ha diritto di precedenza nella vostra ospitalità.
È giusto parlare di primi posti. Ma dovete chiarirvi chi deve occupare il primo posto nella vostra attenzione. È più che legittima la domanda su chi è grande, ma state attenti ad onorare e ad amare i grandi secondo Dio: ossia coloro che sono piccoli e nei quali Lui si identifica.
Cercate pure il primo posto, ma deve essere il primo posto per accogliere chi viene rifiutato dagli altri, per ricevere coloro di cui nessuno si interessa. "Accogliendo costoro, accogliete me. E, accogliendo me, accogliete il Padre che mi ha mandato".
Gesù non abolisce le gerarchie, anzi le prolunga oltre le nostre vedute. Ci insegna però a valutarle... dal fondo. Non ci chiede di abolirle, ci chiede di 'rovesciarle'.
Ancora una volta ci rivela che è il nostro punto di vista ad essere sbagliato. Ci preoccupiamo di noi stessi, della nostra grandezza. E ci ostiniamo a misurarla col solito metro.
Lui ci invita a buttare via quel metro. Ci ricorda che dal momento che Dio è sceso sulla terra, la nostra pretesa di 'innalzarci' è veramente ridicola.
Il problema non è quello di essere grandi, ma di 'fare spazio'. La nostra importanza dipende dalle persone 'senza importanza' che accogliamo.
Sei grande non se occupi un posto di riguardo, ma se nella tua vita c'è posto per chi è privo di grandezza.
Sei rispettabile nella misura in cui dimostri rispetto e amore verso quelli che non sono ancora riusciti ad ottenerne.
Possiamo anche dire: le precedenze non si stabiliscono a tavolino. Vengono guadagnate da chi non se ne occupa, perché impegnato a tenere aperta la porta di casa per quelli che, altrimenti, rischiano di rimanere fuori.
Una piccola curiosità. Secondo una tradizione, il bambino di cui si parla in questa pagina sarebbe diventato in seguito il vescovo e martire sant'Ignazio di Antiochia, che si firmava sempre col nome di Teoforo. L'identificazione è avvenuta giocando su questo nome greco: da 'portatore di Dio' (il significato di Teoforo) è diventato 'portato da Dio'.
Letture:
Sapienza 2,12.17-20
Salmo 53
Giacomo 3,16-4,3
Marco 9,30-37
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