10 ottobre 2024

Gesù non propone la povertà, ma la comunione - 13/10/2024 - XXVIII Domenica Tempo Ordinario


 
 
C'è una grandissima differenza tra la domanda di questo tale e quella dei discepoli: «che cosa devo fare per avere in eredità la vita eterna?» dice lui, e «chi può essere salvato?» dicono loro.
Per questo tale, il paradiso è un diritto che si acquisisce se si fa qualcosa. Col Signore lui instaura un rapporto commerciale, un dare-avere per cui alla fine Dio è 'obbligato' a dargli il paradiso. È il tentativo di diventare 'padroni' di Dio, di far si che Lui si pieghi alla nostra volontà.
Invece i discepoli hanno capito che non siamo noi che 'ci salviamo', ma siamo tutti, ma proprio tutti, dei salvati. Non è la nostra più o meno grande bontà o onestà che ci salva, ma solo l'immenso amore di Dio è causa della nostra salvezza.
E la salvezza non è la ricompensa che Dio elargisce alla fine della nostra vita, ma il dono che fa gratuitamente ogni giorno a tutti quanti.
 
«va', vendi quello che hai e dallo ai poveri, [...] e vieni! Seguimi!»
Troppe volte interpretiamo 'quello che hai' con i soldi, la ricchezza materiale. Ma Gesù è, come sempre, un passo più avanti. Lui ci dice: 'metti le persone prima delle cose'. Gesù non propone la povertà, ma la comunione. Se i beni hanno un senso, è quello di essere sacramenti d'incontro.
Dio ti assicura che la ricompensa non devi aspettarla un domani, ma l'hai già oggi. Dio non firma dei pagherò, lui paga in contanti e pronta cassa. La sua passione è moltiplicare per cento quel nulla che ti rimane e riempirti la vita di affetti e di fratelli.
 
Ma c'è un'altra cosa a cui ci chiede di rinunciare, ed è forse la più difficile: la nostra idea di Dio. Un Dio piazzato lassù nel cielo e intento a misurare col bilancino le nostre azioni è molto più rassicurante di un Dio che cammina per la strada in mezzo a noi, che vede i nostri cuori, conosce le nostre intenzioni. Col primo è facile sentirsi a posto: basta che io faccia un tot di buone azioni e Lui 'deve' ricompensarmi. Col secondo, con la sua unica richiesta 'ama!', non si è mai sicuri di aver fatto abbastanza. Si dipende in tutto e per tutto dal suo amore, si tratta solo di avere fiducia in Lui.
 
Se riusciamo a passare dal professare una religione al vivere una fede, allora scopriremo che seguire Cristo non è un discorso di sacrifici, ma di moltiplicazione; è lasciare ciò che è zavorra e che ci impedisce di spiccare il volo; è scoprire che Dio è gioia, libertà e pienezza. E anche noi potremo dire:
"con gli occhi nel sole
a ogni alba io so
che rinunciare per te,
è uguale a fiorire
"
     (Marina Marcolini).
 
 

 
Letture:
Sapienza 7,7-11
Salmo 89
Ebrei 4,12-13
Marco 10,17-30
 
 

5 commenti:

  1. Mi sono infine iscritta a scienze religiose.
    Trascorsa la prima settimana nel panico di argomenti sconosciuti, oggi seguo le lezioni con un entusiasmo spesso difficile da contenere.
    Mi addormento nella dolce consolazione che alle 8 potrò riprendere i libri da dove li ho lasciati...
    Stamattina devo rinunciare al mio perfetto programma: devo badare a una bimbetta con la febbre.
    E adesso? Il primo pensiero, lo ammetto amaramente, è: "e se mi ammalo, come faccio con le lezioni?"
    Grazie a Dio il pensiero che segue mi soccorre rapido: "pazienza...vengono prima le persone delle cose".
    Il terzo pensiero arriva come un richiamo: "e dimentichi per caso di
    essere una che si affida al Signore?"
    Bene, pace raggiunta, posso andare serena.
    Non so lei, caro diacono, ma il Signore nel mio quotidiano mi regala spesso di che sorridere: finita questa scenetta del programma mattutino che si inceppa, prendo il caffè e leggo Il volo degli uccelli...ritrovandovi
    i pensieri che ho pensato...grazie!


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    1. Quando hai detto "Mi addormento" pensavo "...perché le lezioni sono barbose" :)
      Sempre pensato che Dio sia un fine umorista, Parlo anche per esperienza personale.
      Comunque ti avevo detto di darci del tu!
      Grazie a te
      JC

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  2. Ah che bello averne la stessa esperienza! Anch'io lo riscontro in continuazione...un fine umorista!!
    Dare del tu...ma è tanto bello dare del lei, per non dire del voi...
    Mi piace perché mi pare una dichiarazione di rispetto "a priori", un rivolgersi a qualcuno che vale anche un inchino, un levarsi il cappello, un grazie dell'attenzione.
    Ma darò del tu perché sono per l'obbedienza - da buona medievale...

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    1. È vero quello che dici sul dare del lei. Però mi sento in imbarazzo, perché non mi pare di valere "un inchino, un levarsi il cappello".

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  3. Non sta a leeeee...te giudicare...

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