Domenica scorsa abbiamo visto come è il senso del peccato e non il senso di colpa che ci apre al rapporto con Dio e con gli altri. E questa apertura trae nuovo slancio e nuova forza dal sacramento della Riconciliazione, la Confessione come si diceva una volta.
La Confessione non è un evento penoso, doveroso, formale, ma ci aiuta ad appropriarci della nostra vita senza rinnegare niente; ci aiuta a inglobare i sentimenti tristi, che cerchiamo di emarginare, esprimendoli a Dio. Direi che la confessione è un vero cammino di liberazione, assolutamente necessario.
Dovremmo accostarci alla Riconciliazione partendo dall’esperienza del salmista, mettendo al primo posto la lode di Dio, l’affermazione della sua bontà e tenerezza, le meraviglie da lui compiute nella vostra vita. Allora il cuore si apre, facendoci confessare quello che siamo, dicendo a Dio i sentimenti di fondo – i nervosismi, le inquietudini, le amarezze e le inimicizie - che ci pesano e che sono la radice di tante mancanze.
A questo punto comincia la confessione di fede, cioè la nostra dichiarazione di fiducia in Dio, la richiesta di essere liberati, purificati da ciò che non vogliamo essere, di essere cambiati: “Crea in me, o Dio, un cuore nuovo, donami la gioia della tua salvezza, non privarmi del tuo santo spirito, perché non è la grandezza del mio pentimento, bensì il tuo amore, che trasforma la mia vita!”. È la preghiera che ci immette pacificamente nella misericordia di Cristo, quella misericordia che scende su di noi nel sacramento della penitenza.
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