03 marzo 2013

Terza domenica di Quaresima



Abbiamo visto come noi non crediamo in un Dio qualunque, ma nel Dio rivelatoci da Gesù. E Gesù ci rivela un Dio che è prima di ogni altra cosa un Padre. Ma è un Padre che non è giudizio ma misericordia, non è privazione ma pienezza di vita, non è punizione ma comprensione e incoraggiamento, non è condanna ma festa perché “questo figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,11-32).

È un padre che non costringe ma libera, non pretende ma attende con infinita pazienza, non si offende ma corre incontro, non punisce ma abbraccia e bacia, restituisce la bellezza dell’abito nuovo, dona l’anello della signoria, fa festa. Non condanna ma salva, non rinfaccia ma attende, ascolta e accoglie.

La conversione non è tanto questione di volontà o un atto psicologico interiore che porta all'autocritica e al desiderio di cambiare. La conversione è soprattutto fare l’esperienza di chi sia veramente Dio; è smettere di pensare a “Dio” e iniziare a pensare al “Padre”. È iniziare a vivere questo Padre che abbraccia, che bacia e fa festa sempre per il figlio, per tutti i suoi figli, che è come una madre sempre disponibile perché completamente vulnerabile di fronte al figlio delle proprie viscere.

La conversione non deve partire né dal tormento per il proprio peccato né dall’essere smascherati nella propria pseudo-giutizia cioè dal proprio io, ma può essere solamente il frutto dello Spiri­to nell’esperienza donata dal Figlio Gesù dell’amore misericordioso del Padre. Conversione non è guardare il proprio peccato, ma avere occhi solo per l’amore di Dio.

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