20 agosto 2020

23 agosto 2020 - XXI domenica del tempo ordinario

Faccio parte di quelle generazioni che hanno studiato sul catechismo di san Pio X, quello con le domande e le risposte da studiare a memoria. E quando ti interrogavano, guai a sbagliare una parola o una virgola! Non c'era nessuno spazio per la riflessione personale, per un approfondimento, per un dubbio.

Anche Gesù pone delle domande. Ma non cerca il compitino ben fatto, la risposta perfettina imparata a memoria e ripetuta come un pappagallo. Anche la prima domanda, che pare quasi da sondaggio di opinione, da ricerca su Google, in realtà serve proprio a far uscire i discepoli dalle risposte preconfezionate.
Gesù chiede ai suoi discepoli di uscire dalla mentalità del 'compitino fatto a casa'. Proprio per questo immediatamente dopo chiede: 'Voi, chi dite che io sia?'. Dalla domanda teorica, con riposta studiata a tavolino consultando i testi e i documenti, Gesù passa all'interiorizzazione della sua vicenda, al rapporto personale discepolo-Maestro. Difatti alla prima domanda vengono citati tutti personaggi del passato più o meno remoto. A Gesù non interessa il passato, interessa solamente il momento presente. Ma soprattutto a Gesù interessa il rapporto personale: "Chi sono io, Gesù di Nazareth, per te?"
Gesù non cerca parole formalmente corrette ma parole fortemente sentite, non cerca definizioni ma coinvolgimenti. Gesù cerca relazioni, cerca un "io e te". Le sue non sono domande da insegnante o da giudice. Le sue sono domande da innamorato!
Gesù vuole sapere se anche Pietro, se anche gli apostoli sono innamorati di Lui. E vuole sapere se anche noi, oggi e qui, siamo innamorati di Lui. Ma lo fa non per giudicarci, ma perché noi possiamo prendere coscienza del nostro e del suo amore.
Con le sue domande Gesù vuol farci capire che il Cristianesimo non è né una dottrina né una morale. Il Cristianesimo è un rapporto, una relazione amorosa con Gesù.

Simone dice a Gesù: "Tu sei il Cristo", che significa: "Tu sei veramente il Messia che aspettavamo", una professione di fede bella e buona e, decisamente, ardita. Riconoscendo nel falegname, nella persona "mite e umile di cuore" con cui ha un rapporto di amicizia da pari a pari, l'inviato di Dio, il pescatore Simone fa un salto di qualità determinante nella sua storia, un riconoscimento che gli cambierà la vita. Per Simone, dire che Gesù è il Cristo è come un salto mortale, un ribaltamento totale della propria vita. E Gesù gli restituisce il favore. Gesù gli risponde: "Tu sei Pietro".

Simone non sapeva di essere Pietro. Sa di essere cocciuto e irruente ma, riconoscendo in Gesù il Messia, scopre una dimensione a lui sconosciuta. Scopre un suo volto nuovo che lo porterà a garantire la saldezza della fede dei suoi fratelli.
Sapeva di essere un testone, scopre di essere una roccia.
Sapeva di essere un irruento, un sangue caldo; e il Signore gli svela che proprio con questo difetto potrà essere di aiuto ai fratelli. Gesù non ci toglie i difetti, ma se ci lasciamo fare da Lui, riesce ad usare i nostri difetti per la realizzazione del Regno di Dio.
Pietro rivela che Gesù è il Cristo. Gesù rivela a Simone che egli è Pietro.
Quando ci avviciniamo al mistero di Dio, scopriamo il nostro volto. Quando ci accostiamo alla Verità di Dio riceviamo in contraccambio la verità su noi stessi. Ed è sempre una verità più bella di come la crediamo noi.

E subito dopo che Pietro ha manifestato la sua fede, la sua comprensione della realtà di Gesù, Gesù gli affida "le chiavi del regno dei cieli". Gesù si fida di Pietro, proprio quell'apostolo che più volte nel vangelo manifesta la sua generosità mista a durezza di comprendonio (il soprannome 'Pietro' sembra proprio indicare anche la sua 'testa dura'). Gesù affida a Pietro e ai suoi compagni una enorme responsabilità, che è quella di rendere accessibile il Regno dei cieli sulla terra. Pietro e gli altri, e di seguito tutti coloro che seguiranno la testimonianza degli Apostoli (quindi anche noi oggi), hanno il compito di custodire e aprire le porte di Dio sulla terra facendo in modo che nessuno rimanga fuori e nessuna porta rimanga sbarrata.

Perché le chiavi non servono solo per chiudere, ma anche per aprire. Le 'chiavi' non sono un potere ma sono una responsabilità, un compito preciso che non va preso alla leggera! Non dobbiamo mai dimenticare che Dio è 'accessibile' proprio attraverso l'umanità di coloro ai quali Gesù ha affidato il suo messaggio, cioè a tutti noi. Avere le chiavi significa fare in modo che le porte siano sempre custodite, ma mai sbarrate. Avere le chiavi non vuol dire sprangare, rendere inaccessibili le porte.
Nel corso dei secoli tante volte molti uomini e donne sono rimasti chiusi fuori dalla comunità perché chi stava dentro non apriva le porte ed era preoccupato più di chiudere che di aprire. Giudizi, pregiudizi, condanne, anatemi, invidie e via dicendo, hanno spesso reso 'il regno dei cieli' come un qualcosa per pochi eletti, e non la 'notizia che dà gioia' (questo è il significato della parola "vangelo") di un Dio che ti ama e che vuole solo la tua felicità.
Ascolto, amore e perdono, sono il modo in cui le porte della comunità cristiana non rimangono mai chiuse, sia per chi sta dentro che per quelli che sono fuori.

Ma avere le chiavi non è sempre facile. A volte è faticoso tenerle in ordine perché tutto funzioni al meglio. Le chiavi custodiscono spazi per tutti e in modo che tutti si sentano accolti e responsabili. In genere per le nostre chiavi mettiamo delle etichette o dei segni che ce le rendano facilmente riconoscibili, per capire cosa aprono le chiavi del Regno dei cieli affidate alla Chiesa basta leggere il Vangelo. Lì troviamo ogni indicazione e ogni apertura.


2 commenti:

  1. Grazie Julio. Mi hai aperto un mondo quando parli di chiavi. Che chiudono e aprono, oggi abbiamo bisogno di chiavi che custodiscono: la Chiesa, il pensiero del Papa, le persone fragili, quelle che sbagliano per ignoranza o per paura, e che poi vengono chiuse all'esterno del recinto delle pecore. Il Bel Pastore lascia tutto per andare a riprendersi quell'unica che gli mancava. Il Signore ci faccia pietre vive, attente e consapevoli del bene altrui. Lucia Cattaruzza

    RispondiElimina

È buona cosa firmare sempre i propri messaggi. I commenti anonimi vengono accettati, ma preferirei sapere con chi parlo.