06 agosto 2020

9 agosto 2020 - XIX domenica del tempo ordinario

Gesù è sempre pronto a farsi trovare e ad agire quando la folla si reca da lui in cerca di ascolto, di soccorso, di aiuto e di compassione. Ma è altrettanto, se non di più, pronto a fuggire, a non farsi trovare, quando c'è in vista un'ovazione, un'esaltazione, un trionfo. E dopo la moltiplicazione dei pani e dei pesci il rischio che la folla sfamata lo voglia portare in trionfo è molto alto. 
Ma lo stesso atteggiamento, la stessa scelta Gesù la vuole per la sua Chiesa. Difatti 'costringe' i discepoli a salire sulla barca e andare dall'altra parte. E dopo aver rimandato a casa la folla, se ne va in cima alla montagna. Sulla cima di un monte come Elia nella prima lettura di oggi, come nella Trasfigurazione di pochi giorni fa (il 6 agosto). Sono tutte manifestazioni di Dio. Come lo sarà tra poco il camminare sulle acque.

Ma se ne va da solo perché è vero che la comunità è importante, è vitale per la nostra vita di fede, ma senza dei momenti di incontro personale, dei tête-à-tête intimi, delle cenette a lume di candela, ma anche delle litigate col Signore, la comunità diventa gruppo, può diventare setta. Da luogo di apertura agli altri e al mondo, diventa luogo di chiusura, autoreferenziale. Senza momenti di preghiera personale la nostra fede rischia terribilmente di sbilanciarsi sul fare, sull'ansia pastorale, sull'efficientismo organizzativo. Ma questo sbilanciamento è una terribile riduzione dell'esperienza cristiana. Il vero problema che stiamo vivendo noi cristiani non è di essere in pochi, ma di essere poco cristiani!

Nei vangeli di queste ultime domeniche l'appello del Signore è sempre molto chiaro: uscire. Uscire per seminare ovunque, uscire per trovare il tesoro, uscire per cercare la perla. Ma noi invece siamo in ricerca più di ciò che ci dà garanzie che non di ciò che possiamo scoprire, trovare, incontrare. Siamo sempre più schiavi del 'si è sempre fatto così' e sempre meno disponibili al "prendi il largo" (Lc 5,4). Anche per questo Gesù ha dovuto spingere gli apostoli a prendere il largo.

Ma prendere il largo significa lasciare il porto, abbandonare l'approdo sicuro e affrontare il mare aperto. E il mare aperto non è sempre la pesca miracolosa. Molto spesso è invece il vento contrario, la tempesta. E le tempeste nella vita a volte arrivano, come questa del vangelo di oggi, subito dopo un grande trionfo, quando ci sentiamo forti, vincenti.
Ma non è Dio che ti manda la tempesta, la tempesta non è Dio che ti presenta il conto per i tuoi successi. Semplicemente è la vita. Dio non ti manda la tempesta. Ma Dio approfitta della tempesta per venirti incontro, per cercarti, per raggiungerti, per stare con te. 
Solo che noi molto spesso non lo riconosciamo. Siamo abituati ai potenti che si fanno precedere da araldi, che arrivano tra squilli di tromba, salve di cannoni e rulli di tamburi. Ci aspettiamo tuoni e fulmini e invece arriva il sussurro di un vento leggero, ci aspettiamo una sfilata e invece arriva una persona che passeggia. Perché Dio, quando cerca l'uomo, fin dai tempi del paradiso terrestre, scende a passeggiare. Allora lo faceva la sera nel giardino dell'Eden, nel racconto di oggi lo fa di notte sulle acque agitate.
A noi un Dio che scende a cercarci, che cammina tranquillo verso di noi, a volte fa paura. Non lo riconosciamo, troppo diverso dalle nostre aspettative. Lo prendiamo per un fantasma. E anche quando ci rassicura, quando ci dice "Sono io, non abbiate paura!", in fondo ne dubitiamo, abbiamo bisogno di ulteriori rassicurazioni. Abbiamo bisogno di prove. E allora anche noi, come Pietro gli diciamo "Signore, se sei tu ...". Anche noi vorremmo, ma temiamo. Vorremmo avere fede, ma nello stesso tempo dubitiamo.
In fondo è bella questa richiesta di Pietro: chiede di andare verso Gesù sulle acque. Non chiede di camminare sull'acqua, chiede semplicemente che nulla, nemmeno la sua paura, nemmeno la minaccia della morte (di cui il mare è simbolo nella bibbia) possa impedire il suo andare verso Gesù. Ma non basta il nostro desiderio per camminare sulle acque del dubbio. E nel momento in cui Pietro distoglie lo sguardo da Gesù e guarda al pericolo, affonda. Nel momento in cui pone l'attenzione sulla forza del vento e sulla potenza del mare più che su Gesù, va a picco. Dolcissima ironia divina: il capo dei pescatori, il pescatore di uomini, viene ripescato.

È stupenda l'immagine della Chiesa che chiude questo passo del Vangelo. Una Chiesa che è una comunione di fragilità, di dubbio, di paura. Una comunità di "gente di poca fede". Una comunità che non mostra i muscoli, che non si crede migliore degli altri ergendosi a giudice del mondo. Ma una comunità che conscia del propri limiti, delle proprie difficoltà e dei propri peccati, piega le ginocchia e il capo e si affida totalmente a Dio.


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